La scomparsa di Papa Francesco lascia il mondo senza una guida morale. Il Conclave come darà continuità all’operato del Papa che arrivava dalla “fine del mondo”? Intervista a Marco Ansaldo, vaticanista, analista geopolitico e consigliere scientifico della rivista Limes.
Papa Francesco è riuscito a imporsi non solo come capo religioso ma come leader morale, capace di dare voce al dissenso e di rappresentare la voce e le istanze degli ultimi, delle periferie del mondo. Il Conclave, che si riunirà dopo i funerali di Papa Francesco, avrà il compito di scegliere un uomo la cui levatura morale possa raccogliere l’eredità di Francesco. I Cardinali dovranno cercare di resistere alle spinte esterne che cercheranno, inevitabilmente, di incidere e influenzare le loro decisioni.
Di tutto questo ne abbiamo parlato con Marco Ansaldo, vaticanista, analista geopolitico e consigliere scientifico della rivista Limes.
Qual è l’eredità morale del pontificato di Papa Francesco?
L’eredità morale è il tratto più importante. Papa Francesco è stato un papa globale, come nessun altro, nemmeno Papa Wojtyła, che pure ha viaggiato moltissimo. Ma nelle periferie ci è arrivato Papa Francesco. E lo vediamo nel Conclave. Ci saranno cardinali provenienti da 70 Paesi diversi, molti dei quali nemmeno si conoscono tra loro. Le congregazioni generali prima del Conclave saranno fondamentali: sarà il primo momento in cui questi porporati potranno parlarsi, confrontarsi. Francesco è stato un Papa globale, e il mondo oggi sembra cercare un nuovo leader morale. Se il Conclave riuscirà a indicarne uno, sotto questo profilo etico, avrà svolto un ruolo enorme. È quello che molti nel mondo si aspettano e, per chi ci crede, questo dovrà essere il lavoro dello Spirito Santo.
Qual è stato il contributo di Papa Francesco al dialogo interreligioso?
Quel dialogo è stato uno dei cardini della sua pastorale: ha voluto con forza mettere il dialogo con le altre grandi religioni del mondo. Ricordiamo gli incontri con i leader islamici, ebraici, e i gesti simbolici come piantare insieme un ulivo per la pace. E poi i tentativi di dialogo anche su altri scacchieri, più politici, non solo spirituali, come quello con la Cina anche se non è mai riuscito ad andarci. Però, io ricordo perfettamente che quando noi andammo con lui in Corea del Sud, tornando indietro quando passammo su Pechino lui a un certo punto si fermò e disse: “Lo sapete, noi adesso stiamo volando proprio sopra a Pechino”. E ci fece capire il suo desiderio di voler accorciare le distanze con Pechino, la Chiesa cinese e andare oltre gli accordi che aveva stabilito nel 2018 e rinnovati nel 2024. Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, da capo della diplomazia vaticana, è molto attento a questo dossier e sicuramente il successore di Francesco dovrà continuare a parlare con quello gli osservatori geopolitici internazionali indicano come il più importante paese del mondo a partire, più o meno, dal 2035.
Perché Papa Francesco è definito “il Papa del sud del mondo”?
Perché è un Papa che veniva “dalla fine del mondo”, lui stesso si era presentato in questo modo nella sua prima apparizione da Papa. È stato il primo Papa extraeuropeo e ha rappresentato il Sud globale. Papa Francesco è stato sicuramente il Papa della globalizzazione in cui non soltanto è presente l’Occidente ma c’è il “mondo largo”, sono presenti le periferie. E lo vedremo bene nel conclave, si parla di cardinali possibili papabili che provengono dal Congo, dalla Birmania, dalla Mongolia. Non è detto che sarà uno di loro, ma il segnale è chiaro: la geografia del potere è cambiata. In maniera contemporanea al pontificato Bergoglio c’è stata l’ascesa dei paesi del cosiddetto Global South, i Brics, Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa a cui nel gennaio scorso si sono aggiunti l’Indonesia e la sua Argentina. I BRICS sostengono di esprimere circa il 35% del PIL globale. Non è una cosa secondaria.
La scomparsa di Papa Francesco priva il mondo di una voce capace di fare di contraltare a quelle di altri leader con orientamenti diversi da quelli del Pontefice, penso al Presidente Trump con cui spesso si è scontrato. Il Conclave, nella scelta di un nuovo Papa, terrà conto di questo ruolo che può svolgere il Pontefice?
Ricordo bene la reazione ferma di Papa Francesco quando, nel viaggio al confine tra Messico e Stati Uniti, il Pontefice disse che non dobbiamo alzare muri ma costruire ponti. Io interpreto il viaggio di Trump a Roma più che un omaggio a Francesco come il desiderio, da parte di una Presidenza molto prepotente, di allungare la sua longa manus sul conclave.
Perché?
Perché gli Stati Uniti hanno bisogno di un collante che non sia soltanto quello politico, sovranista o nazionalista, ma che sia un collante religioso. Sappiamo tutti quanto sia importante il potere religioso. Bene, Trump cercherà di ottenere quell’eredità spirituale e morale. E questo è evidente anche nell’insistenza che il suo Vice JD Vance ha dimostrato nel voler incontrare Papa Francesco il giorno prima di che morisse. Voleva accreditarsi, lui baby cattolico, come si è autodefinito, perché è diventato cattolico solo da sei anni, come rappresentante dell’uomo più potente del mondo al cospetto del Papa. Lo ha visto per cinque minuti e ne è uscito con tre ovetti Kinder in regalo. Io non so se sia stato uno scherzo del Papa, probabilmente è stata una pensata di Pietro Parolin.
Quindi da qui al momento del Conclave, che potrà essere il 5 6 maggio, bisognerà fare molta attenzione, anche sui social. Sappiamo quanta forza ha sui social questa Presidenza americana. Dobbiamo aspettarci che cerchi di influire anche attraverso articoli e fake news sui cardinali che potrebbero dispiacere a questa amministrazione americana. Anche noi della comunicazione dovremo stare molto in allerta.
Si torna a parlare anche di un Papa italiano. È uno scenario realistico?
Gli italiani stanno tornando con forza. È sotterranea ma evidente il desiderio dei fedeli e di una parte della Curia di poter esprimere nuovamente, dopo mezzo secolo, un Papa italiano. L’ultimo fu Papa Luciani nel 1978 e da lì abbiamo avuto solo Papi stranieri. L’Italia ha ancora un peso notevole. Non tanto nei primi scrutini, ma come seconda scelta, come opzione di compromesso, se non si dovesse individuare un candidato, cosa non facile da fare. Il confronto tra cardinali che non si conoscono sarà molto acceso.
Il film “Conclave” ha acceso i riflettori sulle dinamiche interne. Quanto c’è di realistico?
Più di quanto si pensi. Certo, ci sono licenze narrative, ma i colloqui informali, le alleanze, le tensioni: tutto è molto verosimile. In questi giorni le discussioni delle congregazioni generali, nella Sala del Sinodo, all’interno del Vaticano, stanno già preparando quel terreno. Le scelte vere, però, si faranno nei corridoi, nelle mense, nei dialoghi notturni tra cardinali. E lì si deciderà chi sarà il prossimo Papa.
Un nome di rottura potrebbe essere quello del Cardinale Pizzaballa.
Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa è uno dei papabili. È un uomo che ha mostrato grande equilibrio a Gerusalemme, in una situazione drammatica, è un uomo del dialogo in un momento storico difficile, tragico, sanguinoso come questo. Pizzaballa è uno dei nomi forti del Conclave.