Decadenza, assenza di prospettive future e difficoltà di progettazione. Sono questi i mali che attanagliano l’Italia e Roma e che hanno fatto arrivare terza su tre la capitale d’Italia nella corsa a Expo2030. Parla il giornalista Claudio Velardi
Roma ha perso, malamente, la gara per Expo2030. La capitale è riuscita ad arrivare terza su tre contendenti, racimolando solo 17 voti. Davanti a Roma si sono piazzate la città sudcoreana di Busan con 29 voti e la vincitrice Riyad che ha raccolto 119 dei 182 voti disponibili. Un disastro rispetto al quale il sindaco Gualtieri non si nasconde. “È stata una brutta sconfitta, Riad ha dilagato oltre ogni previsione, ha vinto al primo turno esprimendo una forza che avevamo visto nel corso della campagna, anche economica, che ha reso questa edizione del tutto particolare. Siamo amareggiati – ha ammesso il sindaco – ma i rapporti di forza anche economici che sono stati espressi, come avevamo denunciato, ci hanno portato a un voto nettissimo, una vittoria schiacciante di Riad”.
Un successo, quello saudita, che testimonia, dopo l’assegnazione dei Mondiali, la vivacità e il desiderio di aprirsi al mondo. Al contrario la bocciatura, netta, di Roma arriva dopo anni di scandali e difficoltà a onorare il grande passato proiettandosi nel futuro.
Di tutto questo ne abbiamo parlato con Claudio Velardi, giornalista, saggista, spin doctor e, in passato, editore de Il Riformista.
Roma è arrivata ultima nella gara per Expo2030. Lei in un post su Twitter ha scritto che quella sconfitta testimonia la difficoltà della Capitale di proiettarsi nel futuro.
È una difficoltà non solo di Roma ma dell’Italia. Certo Roma sta combinata male. Qual è l’ultima opera importante fatta costruire a Roma e per estensione, potremmo dire, anche nel resto d’Italia? Noi discutiamo da cinquant’anni del Ponte sullo Stretto, e questa non è una cosa che riguarda Roma. In altre nazioni le opere pubbliche le fanno in continuazione. Chiunque di voi frequenti le altre città europee può verificarlo. E non voglio paragonare la nostra Europa, con quello che succede in Arabia Saudita, in questi paesi dove fanno delle isole galleggianti, progettano delle città avveniristiche. Se guardiamo solo alle nostre città, fatta eccezione di Milano, dove si sono fatte alcune cose negli ultimi dei 20 anni, tanto è vero che poi Milano è stata anche premiata dall’Expo nel 2014, in Italia non si fa niente di niente. Qual è l’ultima cosa importante fatta a Roma? Me lo sa dire?
Io le direi che l’ultima opera importante costruita a Roma è stata la Nuvola di Fuksas.
Un edificio bello, per carità, ma stiamo parlando di robetta rispetto alla progettazione in una qualunque città europea. Io sono stato ultimamente a Madrid. L’ho vista trasformata rispetto all’ultima volta. Nelle città europee vengono ristrutturati interi quartieri che vengono dotati di infrastrutture, assumono un nuovo profilo, si conferisce loro proprio una nuova identità. E noi niente, tutto fermo, bloccato.
A cosa è dovuto questo immobilismo italiano?
A diversi fattori. Abbiamo le burocrazie che impiegano un mare di tempo per dare anche i permessi più semplici. Abbiamo le soprintendenze che bloccano una qualunque ristrutturazione che abbia a che fare con qualcuna delle tante sacre pietre nelle nostre città, in particolare a Roma. Ma lo stesso video promozionale che Roma ha presentato per la sua candidatura all’Expo parla solo di passato. Di futuro non si parla proprio. E già questo diciamo la dice lunga su come la città si è preparata a questo appuntamento.
Senza considerare tutte le difficoltà che questa città ha nella vita quotidiana.
E questo è sotto gli occhi di tutti. Ma se i promotori avessero detto: “Sì, siamo combinati un po’ maluccio, però per il futuro faremo cose strepitose, straordinarie e ve le facciamo vedere”, sarebbe stato diverso. Ma non c’è stato nulla di tutto questo. L’epilogo della candidatura di Roma a Expo 2030 era scontato, era evidente che non si poteva che arrivare a questo risultato. Ma questo non è solo un problema di Roma.
Secondo lei è un problema esteso a tutta l’Italia?
Sì, perché noi siamo un paese vecchio, che si percepisce come un paese vecchio. Siamo un paese che va sempre incontro alle esigenze dei vecchi, a partire da me, e non a quelle dei giovani. Questo siamo e lo dicono i dati demografici, i dati dei pensionati che aumentano, dei giovani a cui non si forniscono risposte, del lavoro che non diventa moderno, della digitalizzazione scadente e così via. Siamo un paese in piena decadenza. Da circa 25 anni perdiamo posizioni in tutte le classifiche mondiali, prima eravamo la sesta o la settima potenza industriale del mondo, adesso siamo scivolati sempre più giù. Quindi il nostro è un paese che in piena decadenza, tutto qua.
Secondo lei ha giocato a sfavore dell’Italia anche una presenza internazionale poco strutturata?
Non più di tanto perché Giorgia Meloni si sta difendendo bene sul piano internazionale. Non che io sia un tifoso della Meloni, però devo dire, onestamente, non mi pare che la Premier abbia un problema di gradimento sul piano internazionale. Sinceramente non mi sento di rimproverare questo al governo di Giorgia Meloni.
L’ambasciatore Giampiero Massolo ha detto che “ha prevalso il mercantilismo e non la democrazia” nell’assegnazione di Expo 2030 a Riyad.
Questa esternazione è stata proprio sbagliata perché non ha fatto che aggravare la sconfitta. Se fosse rimasto in silenzio sarebbe stato meglio, la sconfitta si assorbiva meglio. Dopodiché di cosa si scandalizza? Certo che sì, certo che le gare si vincono se si fa l’offerta migliore. Tutto qua.
Milano otto anni fa ha ospitato l’Expo. Cos’è cambiato in questo tempo per rendere il nostro paese così poco credibile?
Intanto Milano vinse perché la Moratti si impegnò moltissimo per presentare un piano di sviluppo, di crescita della città che poi, in quel caso, c’è stato. Perché Milano, in questo nostro sciagurato paese, è stata la città che più si è trasformata, si è ammodernata in questi anni. Nell’ultima fase, poi, intervenne anche Matteo Renzi, quindi si creò questa associazione virtuosa. Renzi all’epoca aveva una sua popolarità, era la fase dei grandi successi. Dopo il paese è solamente indietreggiato. Abbiamo rincorso continue emergenze, il governo grillino è stato, dal punto di vista delle infrastrutture, disastroso, basti pensare al comportamento della Raggi sulle Olimpiadi di Roma. Poi abbiamo avuto l’emergenza di Draghi. Questi dati rendono chiaro che sul piano internazionale, sul piano del posizionamento e del prestigio internazionale, Meloni non ha troppe responsabilità. Il punto è che il nostro paese fa passi indietro da anni e anni. Questo è il punto di fondo.