Tra interviste a chi condiviso con lui affetti, la passione politica e l’impegno in politica e nelle Istituzioni, i commenti di chi lo ha raccontato gli ultimi trent’anni che hanno segnato la storia della politica italiana, tra amarcord e aneddoti, i quotidiani ricordano Silvio Berlusconi a un anno dalla morte
PAOLO BERLUSCONI: “I VALORI DEI NOSTRI GENITORI E L’AMORE DI SILVIO VERSO I FIGLI”
Intervistato dal Giornale, ancora in parte della famiglia Berlusconi, il fratello Paolo si lascia andare alla commozione e ad aneddoti di gioventù con Silvio, di 13 anni più grande. Che fratello è stato? «Il fratello maggiore che mi teneva per la testa quando tentavo di dargli i pugni…». Non mi dica che tentava di picchiarlo (chiede il giornalista? «Sì, ma non ci riuscivo perché io ero mingherlino, lui aveva un fisico della Madonna… (…)».
Non poteva mancare l’aneddoto sulle donne: «Una volta – ricorda Paolo Berlusconi – mi disse: “Ti faccio vedere come si conquistano le donne”. È sceso dalla spider. C’era una bella ragazza in un negozio, dietro una porta di vetro. L’ho visto che andava lì, parlava un po’, poi le dava un bigliettino e quella scriveva qualcosa. È tornato in macchina e mi ha fatto vedere il numero di telefono. Gli ho chiesto stupito: “Come hai fatto?” Mi ha risposto: “Le ho detto: guarda in quella auto lì fuori c’è mio fratello e gli ho detto che ti strappavo il telefono. Non farmi fare brutta figura…”».
Quanto dei vostri valori vengono dai vostri genitori? «Io sono fortunato. Ho quattro figli che si amano immensamente. Fantastici. Ho avuto il fratello che lei sa. E due genitori meravigliosi. I valori che ci hanno lasciato i genitori hanno plasmato Silvio. L’ultimo regalo che ci ha fatto è stato l’amore che ha dato ai propri figli, i quali hanno dato un esempio unico di come si possano gestire le eredità onorando la memoria del padre. Nelle grandi famiglie, lei sa, non sempre succede».
CONFALONIERI E IL SOGNO DI SILVIO AL QUIRINALE
Francesco Verderami sul Corriere della Sera, ripercorre alcuni passaggi salienti della storia politica italiana degli ultimi anni insieme a Fedele Confalonieri. “Quel «Silvio» che dopo aver conquistato Milano con tivvù, scudetti e palazzine, si era preso nel ’94 anche palazzo Chigi. Sognando fino all’ultimo di arredare persino le sale del Quirinale. E quando disse di volerci provare, Fidel si adoperò all’impresa: «Perché lui è l’uomo delle missioni impossibili. E io per lui farò l’impossibile». Fu il canto del cigno per Berlusconi ma non è stata la fine del berlusconismo.
Perché è vero che la sua colpa fu di non aver lasciato «il partito moderato più grande della storia», come aveva promesso. Ma ha lasciato in eredità una coalizione, quel centrodestra che fu la sua invenzione e che nonostante ora somigli più a un destra-centro, è tornato al governo con una sua (lontana) erede alla guida. «Che mi pare che vada molto bene», ha detto Confalonieri leggendo i risultati delle Europee”.
“L’epopea berlusconiana – conclude Verderami – resiste nel simbolo del Biscione, e ancora oggi Confalonieri è il rappresentante degli anni ruggenti della sfida alla tv di Stato. Non c’è momento pubblico dei due che non sia stato raccontato. Ma di quello privato Fidel non vuol parlare: «Tengo per me il mio Silvio». E geloso della sua eredità”.
ADRIANO GALLIANI: “ECCO COME NACQUERO MEDIASET E IL MILAN GRAZIE A SILVIO”
Pure Adriano Galliani, oggi senatore e ad del Monza Calcio, intervistato su Libero quotidiano “increspato di commozione e avvolto in una potente nostalgia, sventaglia una pirotecnia di ricordi”. «Ci manca tutto di Silvio Berlusconi. «Quando lo conobbi, appunto avevo la mia azienda, l’Elettronica Industriale, facevamo i ripetitori per la Tv Svizzera e Tele Montecarlo in Italia. In quella famosa cena d’esordio mi chiese pure se fossi stato in grado, con la mia fabbrichetta di Lissone, di organizzare una tv nazionale attraverso tre reti perché, per non esser schiacciati dalla Rai dovevamo arrivare alla loro dimensione industriale. Mi domandò: “sa perché la Fiat produce due milioni di auto ? Perché le fa fare alla Volkswagen in Germania e alla Renault in Francia».
E lei, tra sé – chiede il giornalista -, non pensò che la stava accompagnando sulla strada della follia che forse non portava al castello della saggezza? «Tutt’altro. Dissi subito di sì. E mi vidi di fronte un visionario in grado di realizzare le sue visioni. “Bene, mi fido di lei”, rispose; e mi offrì di diventare socio di metà delle mia azienda, “faccia lei il prezzo” così, sulla fiducia, senza nessun tipo di due diligence (alla fine il prezzo fu un miliardo di lire, ndr). Fu il mio cambio di vita. E quella sera stessa iniziai con lui, parallelamente, anche la mia carriera nello sport».
TAJANI: “IL PRIMO INSEGNAMENTO DI BERLUSCONI, NON ARRENDERSI MAI”
In un intervento sempre sul Giornale, il segretario nazionale di Forza Italia e vicepremier Antonio Tajani ricorda i momenti in cui, quando l’anno scorso – trovandosi a Washington per una visita istituzionale – ricevette la notizia della morte di Berlusconi. “Non solo avevo perso un amico e un maestro, quasi un secondo padre, l’uomo che aveva cambiato la mia vita, ma – come tanti altri – anch’io in quel momento pensavo che con lui finisse la meravigliosa storia politica che era cominciata trent’anni prima, con la discesa in campo del più brillante e innovativo imprenditore italiano.
Già durante il lungo volo verso Roma, però, mi trovai a riflettere su una cosa importante: il primo insegnamento di Berlusconi era stato proprio quello di non arrendersi mai di fronte alle difficoltà. Avevo una precisa responsabilità, il nostro leader mi aveva voluto di fianco a lui come vice presidente, avevo il dovere assoluto, nei suoi confronti e nei confronti di tutta la nostra comunità politica, di fare la mia parte perché il suo grande lavoro, quello a cui aveva dedicato anche l’ultimo giorno della sua vita, non andasse disperso.
Scesi dall’aereo convinto non certo di sostituire Berlusconi, questo nessuno potrebbe nemmeno immaginarlo, ma di fare fino in fondo la mia parte – asciugate le lacrime – per non far appassire quello che Berlusconi in politica aveva creato. Nessuno poteva prendere il suo posto, ovviamente, ma rimanendo uniti, e con il concorso di tutti, potevamo provare ad andare avanti. A distanza di un anno, posso dire che ci siamo riusciti, grazie al lavoro serio, competente, appassionato del grande popolo azzurro, dei nostri militanti, dei nostri dirigenti, dei nostri eletti. Averli tenuti insieme, nel nome del progetto politico nel nostro fondatore, è l’unico merito che mi attribuisco”.
SALLUSTI, ECCO IL VERO LASCITO DI BERLUSCONI
In un editoriale sul Giornale, il direttore Alessandro Sallusti – vero narratore negli anni delle gesta di Silvio Berlusconi – sottolinea come “il lascito più consistente del Cavaliere si sia dimostrato essere non la sua ricchezza, ma la sua famiglia. Parliamo di tre mogli, cinque figli e diciassette nipoti (di cui uno pronipote) e un fratello che a vario titolo e livello si sono divisi e hanno preso in mano le redini di un impero variegato nell’assoluta concordia, silenzio e sobrietà.
Penso sia un caso unico al mondo che un plurimiliardario lasci la vita terrena e che passi un anno senza che nessuno dei suoi numerosi eredi abbia fatto ricorso non dico a un giudice, ma neppure a un avvocato, senza che qualcuno dei giovani rampolli baciati dal destino sia finito sulle pagine di cronaca più o meno rosa (a volte accade pure nera) di quotidiani e rotocalchi. Onore agli eredi, certo. Ma ancor prima onore a sì tanto padre, che ha saputo in vita costruire le condizioni morali, etiche – e perché no di chiarezza economica – per un simile miracolo italiano.
Un fatto privato ma fino a un certo punto, visto che alcuni di questi successori sono a capo di aziende strategiche del Paese come Mondadori e Fininvest, considerato che da questa famiglia dipende ancora in gran parte l’esistenza in vita e il futuro di un partito, Forza Italia, fondamentale per il governo democratico dell’Italia e pure dell’Europa. Basterebbe questo per stracciare la narrazione prevalente e scrivere daccapo la vera storia di Silvio Berlusconi, mettere le tante tessere della sua intensa vita nel giusto posto, dare a ognuna il giusto peso e valore. So per certo che le sue radici non erano ancorate né ai soldi né al successo, bensì ai suoi genitori, in particolare mamma Rosa. Che dire, a un anno dalla sua morte abbiamo la conferma che buon sangue non mente”.