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Terzo mandato, perché la Consulta ha detto no a De Luca (e anche a Zaia)

L’incostituzionalità della legge sul terzo mandato in Campania e le implicazioni politiche a livello regionale (anche in Veneto) e nazionale

Niente terzo mandato per Vincenzo De Luca in Campania né, per estensione, (quarto mandato) per Luca Zaia in Veneto. La Corte costituzionale si è pronunciata e ha rigettato, dichiarandola incostituzionale, la legge della Regione Campania. Una decisione che era nell’aria e che, comunque, è destinata a scuotere gli equilibri politici regionali e nazionali. La legge regionale, infatti, permetteva al governatore uscente De Luca di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo, nonostante il divieto posto dalla normativa statale.

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL TERZO MANDATO

La Consulta ha bocciato l’articolo 1 della legge campana, che aveva introdotto una disposizione che, di fatto, aggirava il divieto del terzo mandato consecutivo sancito dalla legge nazionale del 2004. La Corte ha sottolineato che la norma violava l’articolo 122 della Costituzione, che stabilisce le regole per l’elezione dei presidenti delle giunte regionali, e ha ribadito che tale divieto è fondamentale per garantire il rinnovamento nelle istituzioni regionali.

Questo pronunciamento ha di fatto chiuso la possibilità per De Luca di ricandidarsi, lasciando la politica campana in attesa di nuove evoluzioni. La decisione potrebbe avere un impatto diretto anche sulla leadership del Pd a livello regionale, dato che De Luca è una figura molto influente nel partito e nella politica locale.

IL COMUNICATO DELLA CONSULTA

Ecco il testo integrale della nota della Consulta: “L’articolo 1 della legge della Regione Campania numero 16 del 2024, dopo avere previsto che non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, «[a]i fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge».

Con tale ultimo inciso – si legge -, il legislatore campano ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo posto dal legislatore statale con la legge numero 165 del 2004, così violando l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del Presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. Il divieto del terzo mandato consecutivo opera, infatti, per tutte le Regioni ordinarie, dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale”.

LE IMPLICAZIONI PER IL PD, PER DE LUCA E PER ELLY SCHLEIN (MENTRE FICO SCALPITA)

L’interruzione della possibilità di un terzo mandato per De Luca rappresenta un vantaggio e, allo stesso tempo, uno svantaggio per la segreteria del Pd guidata da Elly Schlein. Da un lato, l’uscita di scena di De Luca potrebbe aprire la strada a nuove figure nel partito, alleggerendo una leadership che, in alcuni settori, è vista come troppo personalistica e troppo spesso in combutta con i vertici nazionali. Questo potrebbe favorire un rinnovamento della classe dirigente, in linea con le ambizioni di Schlein di rinnovare il Pd e allargare la base elettorale.

Dall’altro lato, la figura di De Luca rimane una delle più forti in Campania, e la sua mancata ricandidatura potrebbe minare la stabilità del Pd a livello locale, dove De Luca ha sempre giocato un ruolo di grande peso. Il rischio è che la mancanza di una figura di riferimento forte possa portare a una frammentazione del partito, aumentando la competizione interna e rendendo più difficile mantenere il controllo della Regione.

Al contempo, c’è già chi scalpita tra gli alleati, come l’ex presidente della Camera Roberto Fico. Figura di riferimento del M5S che lo stesso Conte non ha fatto mistero di voler eventualmente spendere nella corsa alla guida della Regione.

L’OMBRA DI ZAIA ANCHE SULLA PROSSIMA PRESIDENZA DEL VENETO

Nel frattempo, il governatore veneto Luca Zaia continua a rappresentare un altro caso politico significativo. Nonostante l’alleanza di centrodestra in Veneto, la Liga Veneta non ha alcuna intenzione di cedere il controllo della Regione a Fratelli d’Italia (che rivendica la presidenza forte dei consensi) o a qualsiasi altro alleato. La posizione di Zaia, che resta uno dei leader più popolari e determinati del panorama politico italiano, potrebbe generare un interessante gioco di alleanze e scelte tattiche in vista delle prossime elezioni regionali, con vista anche sugli equilibri nazionali.

Zaia, infatti, è intenzionato a mantenere il suo ruolo di guida della Regione, ma potrebbe cercare un escamotage per continuare a essere un punto di riferimento per l’elettorato senza, però, compromettere gli equilibri interni del centrodestra. La sua posizione, infatti, non si limita a quella di semplice governatore, ma si intreccia anche con le dinamiche politiche del Veneto, dove il suo peso è tale da spingere gli alleati a cercare compromessi per non indebolirlo.

LA SCURE SI ABBATTE ANCHE PER FEDRIGA IN FRIULI VENEZIA GIULIA

Anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, potrebbe diventare una figura chiave nei prossimi anni. Sebbene meno discussa rispetto a De Luca o Zaia, Fedriga è una risorsa per il centrodestra, un politico capace di navigare tra le varie correnti della coalizione e mantenere il controllo della regione. In un contesto di forte competizione, il suo ruolo potrebbe diventare cruciale per il futuro dell’intero panorama politico italiano, specialmente se il centrodestra dovesse subire scossoni o dividersi.

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