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Salario minimo, stop allo smart working e settimana corta: ecco come cambia il mondo del lavoro

La maggioranza torna a parlare di salario minimo,  il Cnel dovrà occuparsi di avanzare una proposta. La segretaria del Pd Schlein apre alla settimana di quattro giorni e l’ex presidente Inps Tridico chiede di aumentare i flussi di migranti regolari 

Salario minimo, fine dello smart working e settimana lavorativa di quattro giorni. Sono questi i tre argomenti che agitano il mondo del lavoro all’indomani del primo anniversario dell’insediamento del governo Meloni.

LAVORO: STOP AL DIRITTO ALLO SMART WORKING

Il prossimo 30 settembre terminerà l’era del diritto allo “smart working”. A fine mese, infatti, scade la proroga, prevista dalla legge di conversione del decreto Lavoro, del diritto al lavoro agile per i lavoratori super-fragili, quei dipendenti, pubblici e privati, che presentano gravi patologie croniche individuate con precisione dal decreto ministeriale del 4 febbraio 2022. I lavoratori super-fragili sinora hanno goduto di una tutela molto ampia se consideriamo che il diritto allo smart working non era condizionato alla compatibilità delle mansioni con il lavoro agile; infatti, il datore di lavoro era tenuto ad assicurare lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile “anche attraverso l’adibizione a diversa mansione” e “senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento”. Il punto più controverso è proprio quest’ultimo: al datore di lavoro non sono offerte alternative qualora non vi siano mansioni che possano essere svolte da remoto. È proprio questa ampia tutela a rendere più difficile pensare a una proroga.

L’INTERROGAZIONE DEL GRUPPO AZIONE-ITALIA VIVA

Sullo stop allo smart working per i lavoratori super-fragili le deputate Valentina Grippo ed Elena Bonetti del gruppo Azione-Italia Viva hanno presentato un’interrogazione alla ministra del lavoro Elvira Marina Calderone. “A quattro giorni dalla scadenza delle norme che prevedono il diritto al lavoro agile per i lavoratori cosiddetti super-fragili – scrivono le deputate – non esiste una proroga e nessuno ha spiegato cosa debba avvenire di tutte queste persone. Abbiamo presentato un’interrogazione alla ministra Calderone perché chiarisca come intende procedere riguardo alla prossima scadenza della proroga”.

Le deputate chiedono “chiarezza e certezze” soprattutto per i lavoratori più fragili che meritano “attenzioni aggiuntive, visto che dover rientrare in un ufficio richiede, a questi lavoratori, un impegno logistico e organizzativo ben superiore agli altri. Cosa succederà? Rientreranno in massa negli uffici pubblici e privati? Saranno previsti interventi per abbattere le barriere architettoniche e rendere gli spazi compatibili? Ci sarà una proroga last minute? Verranno fatti accordi individuali fuori tempo? Perché i lavoratori del settore privato con figli minori di quattordici anni e ai lavoratori dipendenti maggiormente esposti al rischio di contagio Covid possono ricorrere allo smart working fino al 31 dicembre prossimo e non si fa lo stesso per tutti? Perché nell’attesa di un ragionamento complessivo sulla materia e di soluzioni strutturali, non si applica almeno a tutti la stessa data di scadenza?”. Interrogativi che al momento sono rimasti senza risposta.

SALARIO MINIMO: DALLA PASSATA LEGISLATURA TRE PROPOSTE MAI DIVENTATE LEGGE

Un altro tema che sta facendo discutere, a dire la verità da almeno un paio di anni, è l’introduzione di un salario minimo. Nel corso della passata legislatura sono state depositate e discusse tre proposte di legge che non sono mai arrivate in Gazzetta Ufficiale. Dopo un po’ di incertezze anche questa maggioranza è decisa a discutere dell’introduzione di un salario minimo nel nostro paese. Secondo lo studio Fairness Perceptions and Reservation Wages: The Behavioral Effects of Minimum Wage Laws l’introduzione di un minimo salariale influenza la percezione dei lavoratori su ciò che è considerato un salario “giusto”, fornisce un chiaro riferimento, attenua le preoccupazioni legate alle possibili disuguaglianze generate dal libero mercato. E questo perché il livello e gli scatti vengono scelti dallo Stato che assicura che non ci si può posizionare al di sotto di una certa soglia retributiva.

SALARIO MINIMO, CI PENSERÀ IL CNEL

A occuparsene sarà il Cnel l’organo presieduto dall’ex ministro Renato Brunetta (con il rischio che i ricorsi dei sindacati possano far slittare i tempi) e che lo scorso 22 settembre ha iniziato ufficialmente l’undicesima consiliatura presieduta da Brunetta, con 64 consiglieri che formano l’Assemblea che rappresenta lavoratori (dipendenti e autonomi), imprese e terzo settore, più dieci consiglieri esperti. Sarà anche l’occasione per rilanciare un organo che è stato sul punto di essere abolito dalla Riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016. Il Presidente Brunetta non ha una posizione favorevole al salario minimo, anzi il Cnel di recente ha prodotto un documento sul tema del lavoro povero in cui sono analizzati i benefici della contrattazione collettiva e la stessa ministra Calderone ha detto di non credere al “salario minimo per legge perché credo alla buona contrattazione collettiva e nel valore delle parti sociali, nel valore, soprattutto, della qualità delle relazioni industriali”.

M5S SUL SALARIO MINIMO: TRIDICO CHIEDE DI AUMENTARE I FLUSSI DI MIGRAZIONE REGOLARE

Al tema del salario minimo il M5S ha dedicato la tavola rotonda “Il salariominimo in Europa e in Italia” alla quale ha partecipato anche l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, in passato sostenitore del salario minimo. Nel corso della manifestazione i pentastellati hanno lanciato la proposta di un reddito di cittadinanza europeo, finanziato dal bilancio Ue. L’ex presidente Inps Tridico, invece, ha parlato della necessità del nostro paese di nuovi lavoratori migranti per colmare le lacune nel mercato del lavoro: “l’economia e le imprese italiane hanno bisogno di immigrati per una quota pari a circa il triplo di quella prevista dall’attuale “decreto flussi”, con cui il governo determina il numero di immigrati legali da far entrare ogni anno in Italia in base ai contratti di lavoro offerti dalle imprese”.

Tridico ha osservato che un “paese avanzato come l’Italia deve intendere l’immigrazione come in flusso regolare, programmato secondo i fabbisogni dell’occupazione. Noi sappiamo oggi che c’è un fabbisogno dell’occupazione, soprattutto nelle regioni del Nord, che continua a essere espresso: se si parla con le grandi organizzazioni industriali, con Confindustria, con Confesercenti e Confcommercio, con quelle degli artigiani, si vedono richieste che sembrerebbero forse eccessive per alcune sensibilità, ma che sono superiori di tre volte alle cifre determinate dal decreto flussi”.

LA SETTIMANA LAVORATIVA DI QUATTRO GIORNI

 Infine, terzo tema all’attenzione della ministra del lavoro, è la settimana lavorativa di quattro giorni. Chiaramente a parità salariale. Il tema, avanzato per primo dal segretario della Cgil Maurizio Landini, è stato da poco ripreso dalla segretaria del Pd Elly Schlein. “Il mio gradimento è alto – ha detto la segretaria a Fanpage.it -. La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario dimostra che c’è addirittura un aumento di produttività. Lavorare troppo e male non aumenta la produttività. È una misura che porta con sé alcuni benefici importanti come la riappropriazione del prezioso tempo delle persone, la riduzione delle emissioni e aiuta il riequilibrio di genere nel mondo del lavoro. Insomma, abbiamo diverse ragioni per provare a sperimentare questa misura”.

La misura, però, non piace solo a sinistra. Il governo Meloni, attraverso il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha mostrato apertura alla proposta del segretario della CGIL. “Dipende dalle condizioni del Paese: abbiamo dei punti di forza e dei punti di debolezza – ha detto il ministro a La Stampa -. Di fatto l’occupazione nel nostro Paese è concentrata nel Nord invece è molto bassa al Sud e tra le donne dove dobbiamo concentrare gli investimenti. Se noi oggi dovessimo fare una misura di questo tipo, dovremmo stare attenti che non diventi un incentivo all’emigrazione interna verso le grandi fabbriche del Nord che possono fare di più su questo fronte. Comunque, lavoriamoci senza pregiudizi”.

– Leggi anche Salario minimo: cosa prevede, chi lo sostiene e chi no

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