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Entra nel vivo la partita sul salario minimo, istruttoria Cnel per metà ottobre

Appuntamento alla seconda settimana di ottobre per il salario minimo: entro allora dovrà essere formulata la proposta dai 48 rappresentanti del Cnel

Con la nomina dei 48 rappresentanti delle categorie produttive, che completeranno la nuova Assemblea del Cnel, potrà entrare finalmente nel vivo la partita sul salario minimo e lavoro povero affidata dalla premier Giorgia Meloni all’organismo guidato da Renato Brunetta.
La deadline di consegna della proposta è fissata entro la seconda settimana di ottobre ma, complice i vari passaggi procedurali da rispettare, bisognerà correre. Va prima eletta la nuova Commissione Informazione e Lavoro alla quale saranno affidati tutti i dati raccolti nel corso dell’indagine tecnica.
Sarà la stessa Commissione a deliberare le relative osservazioni e proposte che saranno poi rimesse all’esame dell’Assemblea per le valutazioni finali. Venerdì al Cnel si è fatto il punto proprio sull’istruttoria in corso e sul ciclo di audizioni e incontri tecnici con Istat, Inps, Banca d’Italia e Ministero del Lavoro e sulle interlocuzioni avviate con l’Ocse.
La posizione del presidente Brunetta sul salario minimo
In allegato riportiamo la Memoria del Presidente del Cnel Brunetta, fornita lo scorso 11 luglio presso la Commissione XI “Lavoro pubblico e privato” della Camera in occasione di un’audizione informale sulla giusta retribuzione e sul salario minimo.
Di seguito alcuni passaggi salienti. Secondo quanto riportato nella Memoria il problema non sarebbe ‘di fissazione dei minimi adeguati’ ma più che altro ‘di bassa produttività’:
•  I più recenti dati comunicati dall’Istat fotografano un mercato polarizzato, dove crescono soprattutto le qualifiche più basse e le fasce di occupazione molto specializzate, mentre si riducono progressivamente le qualifiche intermedie e continua a svolgere un ruolo non trascurabile il lavoro sommerso.
• In particolare, i dati dell’Istat sul 2022 segnalano che i lavoratori a bassa retribuzione annua sono prevalentemente lavoratori non-standard, che non riescono a superare la soglia della bassa retribuzione annua, pur avendo livelli di retribuzione oraria superiori alla soglia che individua la bassa retribuzione oraria.
• Evidenze che mostrano bene come non vi sia, nel nostro Paese, un problema di fissazione dei minimi adeguati, dato che la contrattazione collettiva (salvo che per alcune basse qualifiche e per alcuni limitati settori) pare in grado di garantire gli stessi e che le principali criticità si verifichino proprio per posizioni lavorative caratterizzate dalla non applicazione o dall’applicazione non corretta dei contratti collettivi.
• Pertanto, la questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull’opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia.
• Sotto questo aspetto, occorre innanzitutto considerare che il nostro Paese è soggetto, da tempo, a un problema di bassa produttività. Da questo punto di vista, la comparazione con le dinamiche salariali di Paesi come Francia e Germania, con un cuneo fiscale in linea o superiore al nostro, mostra chiaramente, e da tempo, come negli ultimi decenni la produttività italiana non sia cresciuta, diversamente da quanto avvenuto in altri Paesi europei. Prima della crisi pandemica, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2020, la produttività era infatti aumentata solo dello 0,33% in media all’anno nel nostro Paese, contro l’1% in Germania e lo 0,94 Francia.

 

 

Memoria CNEL_20230711 XI COMMISSIONE LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

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