Il salario minimo è, di nuovo, al centro del dibattito politico e parlamentare. Tutte le opinioni su questa norma che fatica a venire alla luce
Il centrodestra non vuol sentir parlare di salario minimo. Negli scorsi giorni la maggioranza ha depositato in commissione Lavoro alla Camera dei deputati un emendamento soppressivo di una proposta di legge sul salario minimo della minoranza. La commissione Lavoro di Montecitorio aveva adottato una proposta di legge sottoscritta da tutti i gruppi di opposizione, meno Italia Viva che aveva scelto di non firmare. “È incredibile che la maggioranza abbia presentato un emendamento soppressivo, che va contro 3,5 milioni di lavoratori poveri”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein.
COS’È IL SALARIO MINIMO
Il salario minimo è il salario più basso che i datori di lavoro devono pagare ai propri dipendenti. Come scrive il Parlamento Europeo, esistono due forme di salario minimo nei paesi dell’UE:
- Salari minimi legali: sono regolati da statuti o leggi formali e la maggior parte degli Stati membri dispone di tali norme.
- Salari minimi determinati dai contratti collettivi: gli stipendi sono determinati attraverso accordi collettivi tra sindacati e datori di lavoro e talvolta includono salari minimi. Attualmente esistono in sei paesi dell’UE: Austria, Danimarca, Cipro, Finlandia, Italia e Svezia.
CALDERONE: NON CREDO NEL SALARIO MINIMO PER LEGGE
Che la proposta di legge sul salario minimo non avrà vita facile nel corso di questa legislatura lo si capisce dal fatto che la prima contraria è la ministra del lavoro Marina Elvira Calderone. “Non credo al salario minimo per legge perché credo alla buona contrattazione collettiva e nel valore delle parti sociali, nel valore, soprattutto, della qualità delle relazioni industriali”, ha detto la ministra. E non crede nel salario minimo nemmeno l’ex sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon. “Il salario minimo sarebbe gravoso per i nostri cittadini, perché farebbe abbassare il salario mediano dei lavoratori. Sono convinto che la strada giusta sia quella di potenziare la contrattazione collettiva”, ha detto nel corso di Omnibus .
Claudio Durigon: “Il salario minimo sarebbe gravoso per i nostri cittadini, perché farebbe abbassare il salario mediano dei lavoratori. Sono convinto che la strada giusta sia quella di potenziare la contrattazione collettiva”.https://t.co/hSlHg5rqcD
— Lega – Salvini Premier (@LegaSalvini) July 17, 2023
CONTE (M5S): “DUE ITALIANI SU TRE VOGLIONO IL SALARIO MINIMO”
Del tutto diversa la posizione del M5S che ha ancorato la sua esperienza governativa all’introduzione del Reddito di Cittadinanza. “Blaterano di “patriottismo” ma lo fanno valere solo per difendere i loro ministri dalle dimissioni e tutelare i loro privilegi – ha detto l’ex Premier Giuseppe Conte -. Non a favore degli italiani che – due su tre – chiedono un salario minimo legale. Meloni e la maggioranza sono convinti di avere avuto con le elezioni il mandato politico di insultare gli italiani”.
ITALIA VIVA SULLA SCIA DELLA MAGGIORANZA: CONVOCARE UNA COMMISSIONE DI ESPERTI
Italia viva non ha firmato la proposta di legge con le altre forze di opposizione. Ha una posizione più vicina a quella del governo. Per questo i renziani hanno presentato un emendamento con cui propongono di fissare il salario minimo non per legge ma da una commissione di esperti. Di parere diverso, invece, gli ex alleati di Azione. Mara Carafagna, per esempio, parla di un “no ideologico a una proposta di buon senso”.
IL PUNTO DELLA CGIL: TRA SALARIO MINIMO E CONTRATTAZIONE
Di parere opposto la CGIL. L’ex segretaria della Fiom Francesca Re David che, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva giudicato “positiva” la proposta unitaria per un salario minimo con la soglia dei 9 euro lordi arrivata da Pd, M5s, Sinistra Italiana, Azione, Europa Verde e +Europa. “In Italia la contrattazione copre il 98% dei lavoratori e delle lavoratrici, ma mancando una legge della rappresentatività chiunque può stipulare un contratto collettivo”. La diffusione dei contratti collettivi e il peso della contrattazione sindacale erano all’origine dei dubbi espressi dallo stesso segretario della CGIL Landini sull’introduzione del salario minimo per legge. Nel corso delle celebrazioni del 1° maggio del 2019Landini aveva detto che “il salario minimo deve partire dai contratti” e serve anche “un provvedimento che dica che i contratti nazionali hanno validità erga omnes e che quindi coprono tutte le forme di lavoro”. Sulla centralità dei contratti collettivi torna anche la segretaria Re David. “Non ci sono obblighi né vincoli soprattutto sui rinnovi e quindi si rischia l’effetto dumping, che significa contratti pirata con condizioni molto peggiorative per i lavoratori per i quali il lavoro diventa sfruttamento – dice ancora al Corriere -. Così, ad esempio, se un contratto deve essere rinnovato, possono passare anni prima che avvenga senza effetti negativi in termini di incentivi vari per le aziende. O potrebbe anche non essere mai rinnovato, visto che non c’è obbligo”.
IL LAVORO POVERO SI COMBATTE CON LA RODUTTIVITÀ
I dubbi sul salario minimo arrivano anche dall’accademia. Secondo il prof. Pietro Ichino il salario minimo “può avere solo effetti marginali: è sbagliato pensare che essa possa risolvere il problema dei bassi salari, del lavoro povero”. Per risolvere il lavoro povero si deve puntare su altro. “Lo si deve affrontare favorendo l’aumento della produttività del lavoro, senza il quale non si può avere un aumento delle retribuzioni – ha detto a Policymakermag il giuslavorista -. E l’aumento di produttività si ottiene favorendo, incentivando e sostenendo con percorsi di formazione adeguati il trasferimento delle persone dalle imprese poco produttive a quelle più capaci di valorizzare il loro lavoro; ma anche attirando gli investimenti delle grandi multinazionali, che sono mediamente molto più capaci delle imprese indigene di rendere il lavoro più produttivo. È, al tempo stesso, un problema di politica del lavoro e di politica industriale.
LE PROPOSTE DI SALARIO MINIMO DELLA PASSATA LEGISLATURA
Nel corso della scorsa legislatura sono state depositate tre proposte relative all’introduzione di un salario minimo: due del Partito democratico e una del M5S. La è quella dell’ex ministro del lavoro Nunzia Catalfo. Il punto nodale del DDL n. 658/2018 è contenuto nel primo comma dell’articolo 2 quando definisce il salario minimo come “il trattamento economico complessivo, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato, non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro […] e comunque non inferiore a nove euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali”. II Partito Democratico, mentre era all’opposizione, ha presentato due disegni di legge alternativi rispetto a quello depositato dal Movimento 5 Stelle. Il primo è il DDL 310/2018, il cui primo firmatario è il senatore Laus. Tale proposta normativa esclude il coinvolgimento delle parti sociali nell’individuazione di una soglia retributiva minima, che fissa a nove euro all’ora, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali. Un anno dopo il senatore Nannicini ha avanzato una sua proposta sullo stesso tema, il DDL n. 1135/2019, che prevede un salario di garanzia stabilito da un’apposita Commissione per gli ambiti di attività non coperti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni di rappresentanza comparativamente più rappresentative.