Nuovi decreti che vanno a comporre il quadro della riforma fiscale promessa dai partiti di maggioranza in campagna elettorale: andiamo a vedere a che punto siamo
Nove nuovi decreti che vanno ad aggiungere pezzi al puzzle della riforma fiscale a cui il governo sta lavorando. Dal lavoro autonomo, alla riscossione ai piccoli tributi, sono questi i punti più importanti impattati dalla nuova normativa. Dopo aver pensato ai redditi da lavoro dipendente più bassi ora il governo si rivolge ai professionisti e al lavoro autonomo.
“Nel primo intervento sull’Irpef siamo partiti attenzionando le fasce medio-basse – ha detto il viceministro Leo in un’intervista al Giornale -. Valuteremo le risorse disponibili, ma senz’altro la prossima tappa potrà riguardare proprio i redditi più elevati, perché certo non si può pensare che chi ha 50mila euro di reddito debba subire una tassazione che, comprendendo anche le addizionali regionali e comunali, supera il 50%”.
RIFORMA FISCALE: IL POPOLO DELLE PICCOLE PARTITE IVA
Un decreto molto atteso è quello sui tributi “minori” e il lavoro autonomo, in particolare per le piccole partite iva. Il governo intende adottare il criterio dell’omnicomprensività dei redditi da lavoro autonomo da sottoporre a tassazione. Quindi, analogamente a quello che succede per i dipendenti, tutti i redditi da lavoro autonomo, qualunque sia la loro origine (per l’attività artistica o professionale), vanno a formare un’unica voce e sottostanno a un’unica tassazione.
LA NEUTRALITÀ FISCALE DELLE AGGREGAZIONI
Sempre pensata per il lavoro autonomo è il decreto sulla “neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti”, che promette un risparmio non indifferente per i professionisti. Ma non solo. “Compatibilmente con le risorse disponibili, – ha detto il viceministro dell’Economia -, il governo punta alla riduzione Ires. Oggi al 24% e vogliamo gradualmente portarla giù, ma il vantaggio deve essere mirato a due obiettivi: occupazione o investimenti innovativi”.
LA RIFORMA FISCALE: LA CANCELLAZIONE DEI CREDITI NON ESIGIBILI
Particolarmente atteso è il decreto che riforma la riscossione e con il quale il governo vuole svuotare il contenitore di crediti non esigibili della ex Equitalia. Su circa 1.206 miliardi di crediti solo poco più di 60 miliardi potrebbero rientrare nelle casse dello Stato. Tutti gli altri o sono troppo vecchi oppure risalire ai debitori e portarli a pagare costerebbe più del valore del debito. Il governo pensa, da un lato, a cancellare i crediti che dopo 5 anni non sono stati incassati dall’agenzia Entate-Riscossione, nonostante i tentativi, e dall’altro ad ampliare la platea di contribuenti che hanno accesso alla rateizzazione dei debiti fiscali e contributi fino a 120 rate.
Questo provvedimento non deve far pensare a un atteggiamento lassista da parte del governo. “Saremo inflessibili con chi commette frodi o comportamenti simulatori – ha detto il viceministro dell’Economia al Giornale, ricordando, tra l’altro, che nel 2023 sono stati ricavati più di 31 miliardi dalla lotta all’evasione, di cui 24,7 miliardi da tributi erariali”.
RIFORMA FISCALE, COSA PREVEDEVA IL PROGRAMMA DI FDI
Il partito di maggioranza presentava nel programma di governo un piano per la riforma fiscale in dieci punti che andavano dalla “riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi”, all’abolizione “dei micro tributi che comportano eccessivi oneri di gestione per lo Stato”, alla “pace fiscale e saldo e stralcio”, alla “semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione del complesso sistema tributario” e alla scrittura di un rapporto più equo tra Fisco e contribuenti con il superamento dell’eccesso di afflittività del sistema sanzionatorio.
I nuovi decreti (Irpef, semplificazioni allo Statuto del contribuente, fiscalità internazionale, riforma delle sanzioni amministrative e penali tributarie, concordato preventivo e riforma dei giochi) vanno nella direzione di provare a dare attuazione, un pezzo alla volta, alle promesse elettorali. Certo restano fuori da questo perimetro i provvedimenti più costosi, e più attesi dagli elettori di centrodestra, quale l’estensione della flat tax “per le partite IVA fino a 100.000 euro di fatturato, flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie e imprese”.