Il Presidente Mattarella chiama la politica a dare una nuova vita alle province. “È tempo di ripartire al più presto”, dice il Capo dello Stato.
Lunga vita alle province. È questo il messaggio che è arrivato dall’Assemblea nazionale dell’Upi, l’unione delle province d’Italia. “Auguro alle province italiane di servire con onore e successo le loro comunità – ha detto il Presidente della Repubblica Mattarella chiudendo il suo intervento all’Aquila -. È tempo di ripresa dopo la transizione che le ha riguardate. È tempo di ripartire al più presto”.
L’urgenza di riorganizzare in senso più moderno i diversi livelli amministrativi insieme all’onda antipolitica che ha attraversato il nostro paese negli ultimi anni hanno individuato nelle province un nemico da combattere e uno spreco da abbattere. Eppure, sebbene ci abbiano provati in molti, l’Italia è ancora divisa nei tre livelli amministrativi che stabilirono i padri costituenti.
RIFORMA DELLE PROVINCE: L’ETERNA INCOMPIUTA
Nel 2012 l’impennata dello spread mise a dura prova i conti pubblici italiani, la necessaria spending review individuò le province come ente inutile da tagliare. L’obiettivo del decreto spending review era di dire addio, attraverso accorpamenti, a 35 province. La Corte costituzionale, adita da parte delle Regioni che si sarebbero viste sovraccaricate di lavoro, fece naufragare il progetto del ministro Patroni Griffi. A seguire, dopo diversi annunci nel corso del governo Letta, è il governo Renzi con il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio a provare a “rottamare” le province.
RIFORMA DELRIO NAUFRAGATA INSIEME AL REFERENDUM COSTITUZIONALE
La riforma Delrio (n. 56/2014) dà vita alle attuali province “di secondo livello”, governate da assemblee elette dagli amministratori locali del territorio, e le Città metropolitane, che sostituiscono le Province in 14 capoluoghi. Anche la riforma Delrio, che fallisce nell’obiettivo di far risparmiare ai conti pubblici tre miliardi di euro, è indigesta alle regioni che, però, nel ricorso alla Consulta hanno meno fortuna del 2012. La bocciatura del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che avrebbe dovuto cancellare le province, manda in soffitta il governo Renzi e la riforma Delrio che era stata immaginata come una legge transitoria in attesa del riassetto referendario. La bocciatura delle urne ha lasciato la riorganizzazione delle province incompiuta, creando problemi organizzativi e incertezze sulla divisione di compiti e responsabilità tra i vari organi territoriali.
L’ITER DEL NUOVO TESTO UNIFICATO IN SENATO
Il disegno di legge, sotto forma di testo unificato (adottato il 6 giugno) che riunisce tutte le varie proposte e costituisce la base di partenza per la riforma delle province. si trova all’esame del Senato. Nel merito, come scrive il Sole24ore, “è chiaro nel ritorno all’elezione diretta, ma più timido sulla ricostruzione delle funzioni provinciali”. Il l testo prevede che le province siano composte da tre organi: un presidente, una giunta provinciale nominata dal presidente e composta da un massimo di otto assessori, e un consiglio provinciale di 20-30 componenti (sempre con il numero variabile a seconda della popolazione).
“La sua navigazione in commissione Affari costituzionali – ricorda Gianni Trovati sul Sole24ore – si è fermata per lasciare il passo all’Autonomia differenziata, che però sta finendo l’esame in commissione”. L’auspicio del vicepremier Salvini è che “entro la settimana prossima” si concluda “l’esame degli emendamenti”. Emendamenti che sono stati depositati depositati a luglio.
OBIETTIVO ELECTION DAY NEL 2024, FDI NICCHIA
“La Lega preme sull’acceleratore” si legge sempre sul Sole24ore, per arrivare all’election day il 9 giugno 2024. Data in cui i cittadini italiani saranno chiamati a eleggere il nuovo parlamento europeo e potrebbero quindi assistere al ritorno all’elezione diretta delle Province. Un motivo in più per il Carroccio “per sfruttare l’onda territoriale nel voto europeo”.
“Per la stessa ragione – aggiunge Trovati – Fratelli d’Italia si mostra molto più fredda”. La sottosegretaria di Fdi al Ministero dell’Interno, Wanda Ferro, ha condiviso l’obiettivo assicurando che “non ci sono esitazioni” per poi aggiungere “l’obiettivo è una buona legge, ma la fretta non è il criterio da seguire”. la riforma delle province, con l’approssimarsi della scadenza elettorale, potrebbe comunque sorpassare la riforma dell’autonomia differenziata.
LE COMPETENZE DELLE PROVINCE
In base all’art.1 comma 85 della legge 7 aprile 2014, n. 56, ecco le principali funzioni delle Province:
- TERRITORIO E AMBIENTE: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
- TRASPORTI E VIABILITA’: pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
- SCUOLA: gestione dell’edilizia scolastica e programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
- PARI OPPORTUNITA’: controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.
- COORDINAMENTO: raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
LA CONSULTA E MATTARELLA RIMPROVERANO L’IMMOBILISMO
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 240/2021, ha bacchettato l’immobilismo che ha seguito la riforma Delrio e il procedere in ordine sparso delle regioni a statuto speciale. E anche il presidente Mattarella ha tirato le orecchie alla comunità politica per l’inattività di questi anni. “Le norme attualmente in vigore, – ha detto Mattarella – che disegnano strutture e ambiti delle Province, sono legate a una transizione interrotta e anche per questo, indipendentemente dai giudizi sul merito del percorso allora ipotizzato, giudizi che io non posso esprimere, creano vuoti e incertezze che non possono prolungarsi, rischiando che cittadini e comunità paghino il prezzo di servizi inadeguati, di competenze incerte, di lacune nelle funzioni di indirizzo e coordinamento. La Costituzione richiede di essere attuata”.