La proposta di legge numero 2067, firmata da Pd, Avs e M5S, propone di ridurre l’orario di lavoro e, al contempo, aumentare la produttività. La proposta stanzia 275 milioni di euro come sgravi fiscali per le aziende che vi aderiranno. Un salvadanaio un po’ povero.
Lavorare meno, lavorare meglio. Questa è la ratio della proposta di legge, numero 2067, firmata da Pd, Avs e M5S. Il campo largo in versione ristretta, senza Italia Viva, Azione e + Europa, sostiene che una sforbiciata alle tradizionali 40 ore settimanali aiuterebbe ad aumentare la produttività dei lavoratori. L’idea è di portare l’orario a 32 ore settimanali, quindi ad aggiungere un giorno al fine settimana regalando più tempo alla vita privata. La riduzione, è bene specificarlo, avverrebbe a parità di salario.
RIDURRE L’ORARIO DI LAVORO: IL PRECEDENTE DI BERTINOTTI CHE FECE CADERE IL GOVERNO PRODI
A tagliare l’orario di lavoro ci aveva provato anche il segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti nel 1998. L’idea era di portare l’orario a 35 ore settimanali, non passò e il governo Prodi cadde. “L’idea ebbe successo in Francia, dove ancora dura, ma non in Italia – ha ricordato qualche anno fa Bertinotti sul Corriere della Sera -. In realtà mi ha sorpreso in tutti questi anni l’uscita di scena di questo tema. La ragione strutturale è stata la rivincita del capitale sul lavoro. L‘ultimo slogan, lavorare meno lavorare tutti» risale agni anni ‘60. E il tentativo sulle 35 ore risale alla fine del secolo scorso”.
GLI SGRAVI CONTRIBUTIVI PER INCENTIVARE LE AZIENDE A RIDURRE L’ORARIO DI LAVORO
La nuova proposta di legge di Pd, Avs e M5s somma tre proposte già presentate nei primi mesi dell’attuale legislatura. Tuttavia, come fa notare Tommaso Nannicini su La Stampa, la proposta dei progressisti non prevede “di ridurre l’orario normale di lavoro fissato dalla legge italiana a 40 ore settimanali” ma si limita “a introdurre, per tre anni in via sperimentale, una serie di sgravi contributivi per spingere i contratti collettivi a diminuire l’orario di lavoro senza tagliare gli stipendi”.
PIÙ TEMPO LIBERO E UNA PIÙ EQUA DIVISIONE DEI CARICHI FAMILIARI
I vantaggi, secondo i proponenti, sarebbero molteplici. Oltre al maggiore tempo libero per i lavoratori, ci potrebbe essere un aumento dei consumi legati ai settori della cultura e dell’intrattenimento (ricordiamo che il salario non cambia) ma, soprattutto, la concorrenza tra le aziende per contendersi i migliori lavoratori scenderebbe sul campo degli aumenti salariali, anziché sul contenimento dei costi. A questo si potrebbe aggiungere anche un “riequilibrio di genere” tra uomini e donne nella gestione dei carichi familiari.
LA PROPOSTA STANZIA 275 MILIONI DI EURO ANNUI
Come sappiamo, però, non esistono pasti gratis. E nemmeno questa proposta lo è. Infatti, per funzionare, necessita di un incentivo alle aziende: un taglio dei contributi previdenziali a loro carico che può andare dal 30% al 60%, a seconda della dimensione dell’impresa e della “gravosità” delle attività svolte. Ma a quanto ammonta questo contributo? A fare i conti ci pensa Nannicini. “La proposta di legge stanzia 275 milioni di euro all’anno per finanziare un taglio del 30% dei contributi Inps versati dalle imprese, che sale al 50% per le piccole e medie aziende, nel caso usino contratti che riducono l’orario a parità di stipendi”, scrive. Tuttavia “se tutti i dipendenti fossero coperti da contratti di questo tipo, il costo sarebbe di 30 miliardi”.
RIDURRE L’ORARIO DI LAVORO: L’ESCLUSIONE DI COLF E BRACCIANTI
Per capire le dimensioni relative di questa cifra basti pensare che la legge di bilancio 2024 e il decreto legislativo che inaugura la riforma fiscale valevano insieme circa 28 miliardi di euro.Per anticipare le prevedibili critiche i proponenti hanno pensato di escludere da questa misura le persone che svolgono le professioni di colf, badanti e braccianti. Inoltre, la norma prevede anche un referendum che permetterebbe a chi lavora di approvare una riduzione dell’orario da sottoporre all’azienda. Infine, al termine della sperimentazione, una commissione può ridurre le 40 ore fissate dalla normativa.
LE CONTRADDIZIONI DELLA NORMA CHE VUOLE RIDURRE L’ORARIO DI LAVORO
La norma, pur progressista nelle intenzioni, presenta delle asperità. La prima è che entra a gamba tesa sul terreno della contrattazione che spetterebbe, invece, ai sindacati. La seconda, come scrive Luciano Capone sul Foglio, riguarda le risorse stanziate per lo sgravio contributivo che ammonterebbero a 275 milioni. Poca cosa se si considera che “la decontribuzione introdotto dal governo Meloni, pari a 6-7 punti, costa circa 11 miliardi per 11 milioni di lavoratori”. Lo sgravio della proposta di Pd, Avs e M5s va dai “7 a 14 punti su 24 totali a carico dei datori di lavoro” quindi o le risorse necessarie sono sottostimate oppure, sono gli stessi proponenti a immaginare che non saranno molte le aziende che vi faranno ricorso. Insomma, in questo caso, nemmeno l’oste dice che il vino è buono.