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Quanto cresce il costo delle pensioni in Italia? Le previsioni dell’Inps

Secondo le ultime stime dell’Inps, nel 2025 la spesa pubblica per le pensioni raggiungerà il 15,3% del Pil, pari a 289,35 miliardi di euro

La domanda è semplice ma cruciale: quanto ci costa – e ci costerà – il sistema pensionistico italiano? Spoiler: tanto. Secondo le ultime stime dell’Inps, nel 2025 la spesa pubblica per le pensioni raggiungerà il 15,3% del Pil, pari a 289,35 miliardi di euro. Numeri che non passano inosservati, soprattutto in un Paese che invecchia sempre di più e in cui, già oggi, le pensioni equivalgono al 76,4% del numero degli occupati. Ma il dato più interessante è quello proiettato nel tempo: questa percentuale continuerà a salire nei prossimi anni.

UN FUTURO DA PENSIONATI.. A CARO PREZZO

Se pensate che il 15,3% del Pil sia un picco, tenetevi forte: nel 2030 si salirà al 15,7%, fino a toccare il 17,1% nel 2040. Poi, secondo le previsioni Inps, ci sarà una progressiva discesa: 16% nel 2050, 14,1% nel 2060, con un assestamento attorno a questi valori nel decennio successivo. Ma attenzione: anche se il trend si ridimensiona, il nodo resta. La spesa pensionistica resta un tema strategico, che va gestito con attenzione, soprattutto alla luce della transizione demografica in atto.

C’è poi un altro elemento da tenere d’occhio: la speranza di vita. I nuovi dati Istat confermano un aumento: oggi, a 65 anni, si possono prevedere in media 21,2 anni di vita. Questo dato è coerente con l’incremento di tre mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia e anticipata previsto dal 2027. Ma attenzione: serve un decreto del Ministero dell’Economia entro il 2025 per renderlo operativo, e il legislatore ha ancora margine per decidere se congelare l’aumento, come già avvenuto in passato.

Il messaggio dell’Inps è chiaro: il sistema pensionistico italiano è sostenibile, ma va monitorato e rafforzato con politiche intelligenti. Dopo 30 anni di riforme per contenere la spesa, serve ora puntare su entrate solide, ovvero: più occupati, stipendi adeguati, continuità contributiva. In altre parole, serve allargare la base dei contribuenti e incentivare l’occupazione di giovani e donne, categorie che oggi hanno ancora tassi di partecipazione troppo bassi. L’obiettivo? Garantire che ogni generazione possa contare su un sistema equo, senza pesare eccessivamente su quella successiva.

DONNE E LAVORO: LA ‘CHILD PENALTY’ CHE COSTA ANCHE ALLE PENSIONI

L’Inps lancia anche un allarme sociale: le donne, dopo la nascita di un figlio, vedono le loro retribuzioni annuali scendere in media del 16% e hanno il 18% di probabilità in più di uscire dal mercato del lavoro. È la cosiddetta “child penalty”, che ha conseguenze dirette anche sui contributi pensionistici. Per questo, viene chiesto di rafforzare tutte le misure che migliorano la conciliazione tra vita familiare e lavoro.

In sintesi: le pensioni non sono a rischio, ma vanno tenute d’occhio.

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