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Pontida 2023, la presenza di Le Pen divide una Lega piena di contraddizioni

Il ritrovato protagonismo barricadero del vicepremier e ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini è coinciso con l’avvicinamento al giorno di Pontida. Un nuovo episodio delle diatribe interne al Carroccio

“Lo avevamo annunciato: domenica prossima non sarà una Pontida come le altre. Insieme a noi avremo anche una grande amica e alleata storica della Lega, Marine Le Pen, per rendere questa giornata di Festa un momento di unione tra Popoli per un’Europa finalmente Libera”.

Così, il leader della Lega Matteo Salvini (vicepremier e ministro di Infrastrutture e trasporti del governo in carica) ha confermato la presenza dell’esponente di destra radicale francese. Che, ovviamente non passerà inosservata e che – lato Carroccio – ha riaperto una delle tante diatribe interne al partito.

LA PRESENZA DI LE PEN A PONTIDA 2023

“Cari amici italiani – dice Le Pen nel video postato – è con grandissimo piacere che sarò al vostro fianco a Pontida il 17 settembre invitata dal mio grande amico Matteo Salvini. Evocheremo naturalmente il futuro, la gioia di combattere insieme per la libertà, per la democrazia dei nostri popoli, delle nostre nazioni. Ma non vi aggiungo altro, ci vediamo il 17”.

L’evento si aprirà già domani, nel primo pomeriggio, con un evento del gruppo giovanile del partito che fu secessionista e bossiano.

CHI NON VUOLE LA LEADER FRANCESE

La presenza di Le Pen sta facendo discutere. Anche se con Salvini l’intesa politica va avanti da anni, in Europa come nell’adesione alle politiche nazionali di Francia e Italia. Ma evidentemente non basta. Riportando alcuni virgolettati, ieri La Stampa citava diversi esponenti ed ex del Carroccio delusi dall’invito di dopodomani. “«Siamo alla fascistizzazione del partito» tuona dalle pagine dei quotidiani veneti Franco Rocchetta, fondatore della Liga e organizzatore insieme a Umberto Bossi del primo raduno nel 1990”. E oltre lui si sono unite le voci di Fabrizio Boron, ex consigliere veneto cacciato a giugno prima del congresso, e ancora Marzio Favero, Fabiano Barbisan.

Tace, sulla questione, il presidente veneto Luca Zaia. Spesso distante dal fare barricadero di Salvini.

Ma sul tema Le Pen a Pontida si sono espressi anche gli alleati di governo. “Problemi se la Le Pen va da Salvini? Ma no, perché dovrebbe? Le Pen ha la libertà di andare dove vuole e Salvini ha la libertà di invitare chi vuole. La politica cresce con il confronto”, ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, co-fondatore di Fratelli d’Italia. Mentre da Forza Italia, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Nessuno farà un accordo di governo con Le Pen e con Afd. I nostri valori sono alternativi”, ribadendo lo schema difficilmente modificabile verso le europee 2024.

Il tutto mentre si aggrava la situazione degli sbarchi di migranti sulle coste siciliane, a Lampedusa (dove è arrivata anche la nipote di Le Pen), e le tensioni nella maggioranza si moltiplicano anche sul fronte economico (la tassa sulle banche) o per esempio le manovre su Pnrr e alleanze a Bruxelles.

OLTRE PONTIDA, I MALUMORI DENTRO LA LEGA

Ma, rimanendo nel Carroccio, la questione Le Pen non è certo l’unica a dividere. Tornando sul già citato congresso di giugno, proprio su questo giornale due mesi fa avevamo intervistato gli ex deputati Filippo Maturi e Paolo Tiramani. Secondo i quali, la Lega si sarebbe trasformata in un partito di “Yes man” e riciclati. “Fa anche specie che nella Lega vi siano così tanti riciclati oggi in Parlamento. C’è gente in Parlamento che arriva da partiti vecchi, dal Popolo delle Libertà, da Alfano. Una cosa che nella Lega Nord era inimmaginabile”.

Per Maturi, la Legga “è un partito che si è “romanizzato”, che ha abbandonato i territori, le sedi sono dimezzate, gli iscritti pure. E questo perché c’è una scelta ben precisa di passare da un partito collegiale, che aveva sì dei limiti territoriali, come la Lega Nord, ma che aveva anche delle forme democratiche e congressuali, a un partito personalistico. Questa è la Lega di Salvini e punto. E se non stai bene a lui, o a quelli che intorno a lui segnalano le persone sgradite, sei fuori”.

Molto è cambiato, insomma, dall’originale progetto di Umberto Bossi. Lo ha ricordato il quotidiano Domani con un approfondimento proprio sul tema a firma di Gianluca Passarelli. “Pontida si è sempre più raccolta in momenti di commiserazione, rivendicazione, lancio di programmi mirabolanti e rendiconto dell’azione di una forza politica sostanzialmente di governo. Un partito – la Lega – governista e pro sistema, benché estremista di destra, che si presenta alla “comunità immaginata” quale depositario di un afflato palingenetico, ma in realtà ultra conservatore su tutti i fronti”.

GLI ULTIMI CONTI

E mentre le numerose contraddizioni rimangono e l’edizione 2023 del raduno è alle porte, la creatura politica di Matteo Salvini ha chiuso il bilancio 2022 con un passivo attorno ai 4 milioni, con meno risorse ottenute dalle donazioni e un tesseramento in fase di magra. Anche la Lega Nord, politicamente scomparsa, rimane un problema per il ministro e vicepremier. Sono oltre 18 i milioni di debiti. Infine, anche l’ultima supermedia di Youtrend segna -0,2% nei consensi al Carroccio. Ma tutto questo, almeno domani e dopodomani, verrà dimenticato.

 

– Leggi anche: Lega di Salvini sta per finire. Parla Gianluca Pini (Lega Nord)

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