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Bertolaso Fine vita

Perché la norma sul fine vita agita la maggioranza

Una settimana fa era stata la Toscana a riaprire il tema del Fine vita approvando la norma “Liberi Subito”. In questi giorni la questione è divampata in Lombardia aprendo allo scontro interno alla maggioranza e mettendo in discussione il ruolo dell’assessore al welfare Guido Bertolaso. Da un lato le posizioni più progressiste di Lega e (in parte) Forza Italia, dall’altra quelle di FdI, più prossime a quelle della CEI

A far litigare la maggioranza, questa volta, è il tema del fine vita. Lo scontro è scoppiato nella Giunta regionale lombarda. L’assessore al welfare, Guido Bertolaso, ha autorizzato la somministrazione di un farmaco per il fine vita a una donna che ne aveva fatto richiesta, prima persona a ricorrere al suicidio assistito in Lombardia, ma senza darne comunicazione alla giunta.

FDI CHIEDE SPIEGAZIONI A BERTOLASO

A scagliarsi contro l’assessore, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile (dal 1996 al 1997 e dal 2001 al 2010) sono stati i colleghi di Fratelli d’Italia. “Chiederemo a Bertolaso di capire cos’è successo, quali atti formali ci sono stati, di chi è la responsabilità sulla prescrizione del farmaco. E tutto questo se è avvenuto, è avvenuto in forza di cosa? Di quale atto amministrativo?”. A parlare così è Matteo Forte, consigliere regionale lombardo di fdi e presidente della II Commissione “Affari istituzionali ed Enti Locali”. La questione è particolarmente spinosa perché solo qualche mese fa la questione di una norma sul fine vita era stata dibattuta dal Consiglio regionale. In quell’occasione la maggioranza di centrodestra aveva presentato e approvato una pregiudiziale di costituzionalità, come ricorda Avvenire, sostenendo che la competenza era dello Stato. Il progetto di legge regionale sul “fine vita” non era arrivato nemmeno alla fase dibattimentale.

LA “FUGA IN AVANTI” DELLA TOSCANA SUL FINE VITA

Il tema è particolarmente caldo. Solo pochi giorni fa, infatti la Toscana ha approvato la legge “Liberi Subito” sul fine vita che ha regolamentato tempi e modalità per il suicidio assistito. “La Toscana non sarà la nuova Svizzera – ha spiegato il governatore Eugenio Giani -. Non siamo andati oltre quello che ha prescritto la Corte costituzionale con la sentenza 242 del 2019. Abbiamo fatto un servizio ai nostri cittadini: sono state fissate regole eque, precise, obiettive”. La norma, come ha ricordato Policymakermag, è nata da un’iniziativa popolare promossa dall’associazione Luca Coscioni, e prevede che solo i residenti in Toscana (o chi vi si trasferisce per lavoro o studio con un medico temporaneo) possano accedere alla procedura. Il processo si conclude in 37 giorni.

La norma toscana è stata indicata dalla CEI come esempio da non seguire. “Esprimiamo preoccupazione per recenti iniziative regionali sul tema del Fine vita. Da ultimo, l’approvazione nei giorni scorsi della legge sul suicidio medicalmente assistito da parte del Consiglio Regionale della Toscana – scrive la Presidenza della Cei -. Ricordiamo che ‘primo compito della comunità civile e del sistema sanitario è assistere e curare, non anticipare la morte’ (Conferenza Episcopale del Triveneto, 2023). Anche perchè “procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica” (Conferenza Episcopale dell’emilia-Romagna, 2024)”. Non si tratta, secondo la CEI, di “accanimento, ma di non smarrire l’umanità”.  In Toscana il centrodestra unito ha presentato ricorso al collegio di garanzia statuaria per la verifica di conformità, rispetto allo statuto della Regione.

LA LEGA SUL FINE VITA FA QUADRATO INTORNO A BERTOLASO

Una unità che non si è registrata nel caso lombardo. La Lega, a partire dal segretario Salvini fino al presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ha fatto quadrato intorno a Bertolaso. “Penso – ha detto Salvini da Genova – che sia un tema molto delicato che entra nelle case e nella sofferenza di milioni di famiglie. La libertà di coscienza è dunque la scelta più giusta: non ci possono essere indicazioni di partito sulla vita, sulla morte e sulla sofferenza. La scelta della Lega è chiara: non darò mai obblighi né in un senso né nell’altro”. Il ministro dei trasporti ha poi sottolineato l’urgenza di giungere a una normativa nazionale che dia uno spazio di manovra inferiore alle regioni. “Conto che il Parlamento arrivi a una legge in fretta. Altrimenti se ogni regione agisce per conto suo non si capisce più niente – ha sottolineato Salvini. Poi per quanto mi riguarda la scelta sulla propria vita spetta al singolo, non allo Stato, poi chiaramente quest’ultimo deve fornire tutte le assistenze domiciliari e le cure palliative del caso. Ma non posso costringere una persona a continuare a soffrire se ritiene di fare una scelta diversa”.

Una posizione analoga a quella del presidente del Veneto Luca Zaia. “Il fine vita esiste in virtù di una sentenza della Corte Costituzionale del 2019, quindi non si vada a far credere ai cittadini che non esiste in Italia – spiega il presidente Zaia -. Questa sentenza è lacunosa su due fronti: il tempo di risposta al paziente terminale che non è previsto e chi somministra il farmaco. Quindi, stiamo cercando di capire se nell’ambito di una circolare di natura squisitamente tecnica si possono risolvere questi due problemi. I tempi? Spero siano celeri. Dal 2019 ad oggi abbiamo avuto sette richieste, quattro sono state rigettate dai Comitati Etici e tre accolte, due delle quali hanno avuto la gestione del loro fine vita”.

FORZA ITALIA SPACCATA SUL TEMA DEI DIRITTI

Qualche giorno fa, in una lunga intervista rilasciata al Foglio, la presidente di Fininvest Marina Berlusconi, aveva detto: “Penso che chi è afflitto da una malattia incurabile e dolorosa debba avere il diritto di porre fine alla propria esistenza con dignità”. Nella platea degli azzurri questa non è una posizione unanime. Chiede di legiferare, urgentemente, anche Giorgio Mulé, vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia. “C’è una grandissima ipocrisia sul suicidio assistito, deve esserci una legge nazionale che possa delimitare un perimetro preciso – dice Mulè a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora -. Per il fine vita va assolutamente fatta qualcosa, dobbiamo fare qualche proposta, la può fare Tajani certo oppure posso anche farla io”.

Parla chiaro anche Alessandro Cattaneo convinto che sia giunta l’ora di “colmare un vuoto parlamentare che dura da troppo tempo. Le regioni ci incalzano, facendo il loro lavoro, è tempo che il Parlamento si confronti, lasciando anche libertà di coscienza, ma bisogna arrivare a un punto di caduta. Una classe dirigente matura, come è quella del centrodestra oggi, deve essere pronta a trovare una sintesi anche su questo tema, anche perché l’alternativa è un vuoto normativo: ogni passo in avanti che facciamo è un passo di civiltà, mi viene da dire”. Decisamente meno progressista la posizione di Paolo Barelli e Maurizio Gasparri: “Ildibattito è iniziato in Parlamento nel 2008 e prosegue ancora, non è un tema facile”.

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