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Perché la flat tax del governo non è una flat tax. Conversazione con il prof. Nicola Rossi

La revisione della tassazione unica per autonomi e partite iva (flat tax), Superbonus edilizio e reddito di cittadinanza: tutte le misure economiche al vaglio del Governo. Parla il prof. Nicola Rossi dell’Istituto Bruno Leoni

La legge di bilancio che la maggioranza sta preparando prevederà una revisione della tassazione unica per gli autonomi (flat tax). A dirlo, in un’intervista a Radio 24, è stato il sottosegretario all’economia della Lega Federico Freni. La misura, tra i cavalli di battaglia della campagna elettorale della maggioranza (soprattutto nel versante leghista), dovrebbe estendere la tassazione unica al 15% per autonomi e partite Iva dagli attuali 65mila euro fino a 90 mila.

Il Governo sta discutendo anche di altre misure, dal taglio del Superbonus, che dovrebbe passare dal 110% al 90%, alla revisione del reddito di cittadinanza.

Di tutte queste “ipotesi” ne abbiamo parlato con il prof. Nicola Rossi, economista ed ex presidente dell’Istituto Bruno Leoni.

Professore, la relazione sull’economia non osservata rileva che l’evasione è in discesa, come farà il governo a mantenere questo trend?

Le motivazioni di fondo che portano a un’evasione più ridotta sono note e hanno a che fare con la capacità tecnologica dell’Agenzia delle entrate di individuare gli evasori. Queste capacità sono certamente aumentate negli ultimi tempi, penso a tutte le iniziative messe in atto dall’agenzia delle entrate per aumentare la compliance. Naturalmente non è solo questo ma qualche risultato si inizia a vedere. La fatturazione elettronica immagino abbia dato un contributo, ma penso anche ad altre iniziative, come le lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate.

 In questi giorni si sta discutendo anche dell’introduzione della flat tax. Secondo lei che impatto avrà sulla propensione all’evasione fiscale?

Prima di tutto dobbiamo fare chiarezza sul fatto che non parliamo di flat tax, perché quella che esiste oggi non è la flat tax, è un trattamento di favore riservato ad alcune categorie, in particolare alle partite iva e ai lavoratori autonomi. La flat tax è un’altra storia. Ciò detto, così come è strutturata questa particolare tassazione per i lavoratori autonomi chiaramente può indurre a nascondere redditi che farebbero superare il limite dello scaglione precedente e farebbero perdere il pieno godimento dei vantaggi fiscali. Però questa non mi sembra una grande novità. Se anche noi sottoponessimo gli autonomi all’Irpef fenomeni di questo genere, seppure più attenutati, li osserveremmo lo stesso. Non mi sembra questo il punto cruciale.

E qual è secondo lei?

È quello per cui noi tassiamo redditi prodotti da determinate fonti in maniera radicalmente diversa da altri redditi nonostante il loro ammontare sia lo stesso. È un problema di equità orizzontale. Per cui a parità di reddito, a seconda della fonte di reddito noi applichiamo modalità di tassazione radicalmente diversa. Questa cosa non ha giustificazione ed è uno dei tantissimi problemi che affligge il nostro sistema fiscale. La tassazione degli autonomi non è l’unico caso, stesso discorso per i redditi da capitale.

Le Poste, dopo altri istituti di credito, hanno deciso di fermare l’acquisto di crediti fiscali legati ai bonus edilizi. Eppure il Governo vuole prorogare la misura, come potrà sostenere la misura?

Il fatto che le Poste abbiano deciso di non acquistare più crediti fiscali credo abbia a che fare con la natura dei crediti. Dopo di che c’è una seconda questione che riguarda il finanziamento del superbonus. Mi pare di capire che il Governo stia facendo i calcoli mirando a una limatura del superbonus in maniera da renderlo compatibile con le disponibilità finanziarie che sono poche. Credo di comprendere che attraverso questa limatura, che dovrebbe passare al 90%, la normativa così rivista dovrebbe riuscire a rientrare negli obiettivi di finanziamento che il Governo si sta ponendo. Il fatto che Poste abbia deciso di non comprare ha a che fare con un’altra storia.

Quale storia?

Ha a che fare con la natura di questi crediti ma anche con il fatto che, probabilmente, Poste sinora ha acquistato crediti in misura tale da controbilanciare in maniera sufficiente i suoi oneri prospettici. Il problema però è un altro.

Qual è il problema?

Se questi crediti non verranno più acquistati come venivano acquistati c’è da domandarsi cosa c’è che non funziona e qual è il senso di una misura come questa. Fino a qualche tempo fa i crediti non erano acquistati perché c’era il sospetto che potessero essere affetti da comportamenti fraudolenti. Io non so perché Poste non vuole più acquistare crediti ma arriverà un momento in cui trovare qualcuno che compri questi crediti sarà sempre più complicato.

Il Governo avrebbe l’intenzione di correggere l’erogazione del Reddito di cittadinanza, riducendo la platea dei beneficiari e tagliando l’ammontare dell’assegno dopo un certo periodo di tempo.  Dove si trova il punto di equilibrio tra salvaguardia della spesa pubblica e salvaguardia delle fasce più deboli?

Non mi sembra di capire che gli interventi che si hanno in mente siano intesi a limitare la platea ma a far sì che coloro che sono in grado di svolgere un’attività lavorativa la svolgano e non utilizzino il Reddito di cittadinanza perché lavorano. Ma non credo che si preveda nessun particolare intervento inteso a tagliare la platea di chi ha diritto. L’intervento principale è far decadere il diritto al reddito per coloro che rifiutano un’offerta di lavoro. Chi è in condizioni difficili si rimbocca le maniche. Anche per rispetto nei confronti di chi in questi anni difficili si è dato da fare, credo sia giusto chiedere a chi ha un’opportunità di lavorare di coglierla, anche se è scomoda, anche se non è sotto casa o non è la più facile. Credo sia un elementare rispetto nei confronti di tanti italiani che in questi anni si sono rimboccati le maniche per tenere in piedi il paese.

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