L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni starebbe valutando un nuovo decreto per i centri in Albania per superare gli ostacoli giuridici
Un nuovo decreto legge per rendere operativi i centri di trattenimento per migranti in Albania. Il governo italiano non si ferma, e sta valutando l’adozione di un nuovo provvedimento, come confermato dal ministro Foti in una intervista a Repubblica che ha suscitato forti polemiche. Dopo le bocciature da parte dei giudici italiani, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sembra intenzionato infatti a modificare l’accordo con Tirana per superare gli ostacoli giuridici. Una delle ipotesi sul tavolo è quella di trasformare i centri di Gjader e Shengjin in Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri), destinati esclusivamente ai migranti irregolari da espellere.
La strategia potrebbe includere anche una modifica delle competenze giurisdizionali, cercando di escludere i magistrati italiani dalle decisioni sui trattenimenti. Una soluzione che si intreccia e deve fare i conti con gli inevitabili dubbi legali e politici e, specialmente, con la sentenza della Corte di Giustizia Europea, prevista per il 25 febbraio, come esplicitato dallo stesso ministro Foti.
LA QUESTIONE GIURIDICA SUL DECRETO ALBANIA, IL NODO DELLA GIURISDIZIONE
Il tema è trattato dai principali giornali, dal Corriere della sera e Repubblica. Uno dei principali problemi legati ai centri albanesi riguarda la giurisdizione. Attualmente, i migranti trattenuti nei centri devono ottenere la convalida del fermo da parte delle Corti d’Appello italiane, che finora hanno sempre respinto le richieste del governo. Per aggirare questo ostacolo, l’esecutivo potrebbe varare una norma per impedire ai giudici delle sezioni immigrazione di essere trasferiti nelle Corti d’Appello, oppure cercare di escludere completamente la giurisdizione italiana sulle strutture in Albania.
Secondo alcuni esperti, però, come emerge dai quotidiani questa soluzione potrebbe non essere legalmente percorribile. Il protocollo tra Italia e Albania, ratificato dai rispettivi parlamenti, stabilisce che a Gjader possano essere trattenuti solo richiedenti asilo intercettati in acque internazionali. Modificare l’accordo senza il via libera di Tirana e senza un adeguamento normativo europeo potrebbe rendere il decreto vulnerabile a nuovi ricorsi giudiziari.
IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Il dibattito sul decreto Albania si inserisce in un contesto migratorio sempre più complesso. Secondo i dati del Viminale, gli sbarchi nei primi mesi del 2025 sono in aumento rispetto allo stesso periodo del 2024. Inoltre, il Copasir ha evidenziato la presenza di circa 700mila migranti irregolari in Libia e altrettanti in Tunisia, con il rischio che molti di loro tentino di raggiungere l’Europa attraverso le rotte clandestine gestite da organizzazioni criminali.
In questo scenario, il governo italiano sta cercando di anticipare la nuova direttiva Ue sui rimpatri, prevista per marzo, proponendo un modello che prevede la creazione di hub in Paesi terzi. Questa strategia ha già ottenuto il sostegno della presidente della Commissione europea von der Leyen, e potrebbe rappresentare una svolta nella gestione dell’immigrazione a livello comunitario.
Il nuovo decreto Albania si preannuncia come un ulteriore terreno di scontro tra governo e opposizione. L’esecutivo è determinato ad andare avanti, ma i dubbi giuridici e politici restano.
LE REAZIONI POLITICHE SUL NUOVO DECRETO ALBANIA
Le opposizioni infatti attaccano duramente il nuovo piano. Il Partito democratico, con Simona Bonafè, lo definisce una “follia istituzionale” che sta creando uno “scontro tra poteri senza precedenti”. Pierfrancesco Majorino, responsabile delle politiche migratorie dei dem, chiede di “chiudere questa pagina vergognosa” e di destinare gli 800 milioni di euro previsti per i centri in Albania alla sanità e alla sicurezza. Anche Alleanza Verdi e Sinistra e +Europa criticano l’iniziativa, accusando il governo di “sperperare i soldi degli italiani” e di voler “riscrivere le regole in corsa”. Dall’altra parte, Fratelli d’Italia difende il progetto. La vice capogruppo alla Camera, Augusta Montaruli, afferma che l’accordo con l’Albania rappresenta un modello per l’Europa e accusa la sinistra di non aver mai gestito l’immigrazione incontrollata.