Inizia una settimana decisiva per le nomine in Europa, il nostro premier potrebbe dare il via libera a Ursula von der Leyen intanto oggi incontrerà il presidente ungherese Victor Orbàn a palazzo Chigi e i quotidiani si chiedono cosa voglia fare “da grande” Giorgia
C’è un appuntamento fondamentale per capire quale sarà la nuova Europa nata dopo il voto dello scorso 9 giugno ed è il Consiglio europeo che si svolgerà a Bruxelles questo giovedì e venerdì. Tutti i giochi sembrano essere ancora aperti e la riconferma nel ruolo di presidente della Commissione da parte della Von der Leyen non è affatto scontato. In questo scenario l’ago della bilancia potrebbe farlo il nostro premier con il suo pacchetto di voti ma ancora non si sa bene quale sarà la sua posizione.
TUTTI I CANDIDATI ALLA POLTRONA DI “KING” D’EUROPA
Lo scacchiere, ad oggi, analizza il Corriere della Sera, con la sua corrispondente Francesca Basso è questo: “I nomi sul tavolo dei top job sono la candidata leader del Ppe Ursula von der Leyen per il bis alla guida della Commissione, l’ex premier socialista António Costa per il Consiglio europeo, la premier estone liberale Kaja Kallas per il ruolo di Alto rappresentante per gli Affari esteri. Il Ppe ricandida Roberta Metsola al Parlamento. I top job devono rispondere a un equilibrio politico, di genere e geografico, e per ora questa sembra la rosa con più possibilità. Il Consiglio europeo designa la presidente della Commissione, ma è il Parlamento che deve eleggerla: servono 361 voti su 720. La maggioranza «Ursula» — Ppe, S&D e Renew — conta 399 deputati, ma il voto è segreto, dunque serve compensare i franchi tiratori”.
IL RUOLO DI GIORGIA TRA ORBAN E POPOLARI
In questo scenario appare fondamentale quale sarà il ruolo di Giorgia Meloni in bilico, scrivono i giornali tra l’area dei popolari, come annota La Stampa, e il sovranismo del presidente Victor Orbàn. “Una visita di protocollo, per presentare il programma del semestre di presidenza ungherese dell’Ue, che capita però in un momento delicatissimo – scrive Francesco Olivo sul quotidiano torinese – Al premier di Budapest, che non ha mai rotto i rapporti con Vladimir Putin, la premier italiana ribadirà l’importanza di sostenere l’Ucraina, anche nel percorso di ingresso nell’Unione europeo entrato ora nel vivo”. E soprattutto dovrà decidere da che parte stare. Scrive Repubblica con Lorenzo De Cicco: “La presidente di FdI è costretta a giocare su due tavoli. Per evitare di finire all’angolo nella trattativa delle nomine dovrà sagomare la sua strategia in corsa. Facendosi concava e convessa. E così se da un lato i contatti informali con Ursula non si sono mai interrotti, anche in questi giorni tribolati, dall’altro l’abbraccio con Orbàn a favore di flash, fra gli stucchi di Chigi, servirà alla premier per fornire una narrazione: di un asse sovranista che si rinsalda, per provare a evitare che Francia e Germania, con la Polonia di Tusk, decidano da sole, tagliando fuori Roma dal cuore delle trattative (e da un ruolo di peso)”.
CHE COSA VUOLE OTTENERE IL GOVERNO DALLA PARTITA DELLE NOMINE?
Cosa vuole ottenere Meloni in questa partita? E’ la domanda chiave per riuscire a capire quale sarà in definitiva la strategia della leader di Fratelli d’Italia. Se il Messaggero sottolinea che “Giorgia è pronta a dare il suo sì a Ursula”, questo non è affatto sicuro per la gran parte dei quotidiani. In ballo c’è una vicepresidenza della Commissione, con un portafoglio di peso. La prima opzione è di spingere per la nomina di Raffaele Fitto. Di questo ha discusso col vice Antonio Tajani, la sua sponda nel Ppe, nel viaggio di ritorno dalla festa del Giornale. “Se riuscisse a sventare l’isolamento in Ue – scrive ancora Repubblica – Meloni dovrebbe però trovare la formula per far digerire al suo elettorato la promessa: «Mai con la sinistra». Perché voterebbe per il bis di von der Leyen coi socialisti”. Insomma è il “tempo delle scelte per Giorgia Meloni” come titola il Foglio con il suo direttore Claudio Cerasa e anche della verità, per capire con quale destra Fdi si voglia accasare in Europa.
LE NUOVE DESTRE? NON SONO UN MOSTRO MA MINANO LA DEMOCRAZIA
Già perché tutto si muove sul tema delle destre e della loro “faccia” in Europa. Se per Repubblica si parla di “trame nere” per il futuro del Vecchio Continente, l’analisi più precisa arriva dal politologo Massimiliano Panarari su La Stampa: “Queste destre neopopuliste non posseggono affatto una concezione sostanzialistica della democrazia: la loro è una nozione di tipo solo elettorale, che si esaurisce una volta per tutte nel voto, e di genere identitario. Infastidite dai contrappesi liberali, esasperano il potere monocratico, invocano plebisciti, agevolano la disintermediazione, e spargono ovunque l’ideologia del direttismo democratico, che coltiva l’illusione e il simulacro di una sedicente forma di democrazia diretta per mezzo di una comunicazione polarizzata, personalizzata, disintermediata e istantanea”. Eppure anche se “non sono un mostro” stanno minando la democrazia, per questo è importante sapere bene da che parte stare.