La Corte costituzionale, con la sentenza che boccia la possibilità della candidatura per un terzo mandato, ha scritto la parola “fine” all’epoca De Luca in Campania e Zaia in Veneto. Dialogo con il costituzionalista, già parlamentare del PD, Stefano Ceccanti
Con la sentenza emanata ieri, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la Legge regionale campana che avrebbe consentito a Vincenzo De Luca di candidarsi per un terzo un terzo mandato. Di questo e della prossima legge elettorale nazionale ne abbiamo parlato con il costituzionalista Stefano Ceccanti, già parlamentare del Pd.
Condivide la sentenza di ieri impedisce a De Luca e Zaia di ricandidarsi per un terzo mandato?
Era una sentenza sostanzialmente scontata. La legge del 2004 stabiliva con chiarezza il divieto di terzo mandato consecutivo e i recepimenti regionali non potevano essere usati per aggirare il limite.
Perché questo limite esiste solo per i presidenti di Regione e i sindaci, mentre non è previsto per i parlamentari, i consiglieri degli enti locali e soprattutto per il Premier?
Perché solo sindaci e presidenti di Regione sono organi esecutivi a elezione diretta. Non a caso in Usa e in Francia il tetto c’è solo per i Presidenti. A riprova di ciò faccio notare che questo tetto è presente anche nel progetto sul premierato che inserirebbe l’elezione diretta.
Proprio ieri il Trentino è andato in direzione opposta consentendo la possibilità di un terzo mandato per il presidente della provincia di Trento. Perché non si è creato un caso come per la Campania?
Perché la legge del Trentino non è ancora pubblicata. Personalmente ritengo che sia un principio che si estende alle Regioni a Statuto speciale e mi auguro che il governo voglia impugnarla.
Ora si sta tornando a parlare di legge elettorale: un ritorno al proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione che arriva al 40%. Non è una soglia troppo bassa che rischia di essere bocciata dalla Corte costituzionale?
La giurisprudenza costituzionale ha già ritenuto legittimo nel caso Italicum un premio che scatti al 40%. Il legislatore dovrà però normare i problemi relativi alle due Camere con rapporto fiduciario con possibili esiti diversi tra una Camera e l’altra e cosa succeda se non si raggiunga il 40%.
Se poi si stabilisce un sistema del genere a maggioranza garantita del 55% dei seggi per chi vince in entrambe le Camere sarebbe comunque più che opportuno, direi necessario, prevedere di rialzare la soglia per l’elezione del Presidente della Repubblica alla soglia del 55%. Il senso del premio è far scegliere agli elettori una maggioranza di governo, ma non anche che la maggioranza da sola possa eleggere il Capo dello Stato.
Un ennesimo ritorno al proporzionale non è in contrasto con la volontà degli elettori che con i referendum dei primi anni 90 avevano chiesto di passare al maggioritario?
A dir la verità un sistema a maggioranza assicurata nella sua logica è più maggioritario di uno che si affida ai collegi uninominali che favoriscono la creazione di una maggioranza in sede elettorale ma che non la garantiscono. Sarebbe però più logico abbinarlo a un’unica Camera che dà la fiducia magari mettendo insieme i 600 eletti attuali, in modo da rimuovere in radice il rischio di maggioranze diverse.