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Meloni sulle orme di Draghi

Se non fosse purtroppo morto più di tre anni fa, Giampaolo Pansa avrebbe probabilmente figliato -diciamo così, in tutti i sensi- il suo secondo personaggio di doppia personalità: Melodraghi

Se non fosse purtroppo morto più di tre anni fa, Giampaolo Pansa avrebbe probabilmente figliato -diciamo così, in tutti i sensi- il suo secondo personaggio di doppia personalità dopo il famoso Dalemoni, per metà Massimo D’Alema e per l’altra metà un Silvio Berlusconi ancora fresco di esordio nella sua seconda vita di politico, seguita a quella di imprenditore o “impresario”, come preferiva chiamarlo per dileggio Eugenio Scalfari.

DOPO DALEMONI ECCO MELODRAGHI

In particolare, Pansa non si sarebbe risparmiata l’occasione per proporvi Melodraghi, o MeloDraghi, con la doppia maiuscola, di fronte alle tante, continue decisioni che la premier di centrodestra, o di destra-centro, prende in sintonia con le idee, lo stile e persino le modalità del predecessore. Che d’altronde ne favorì la successione parlandone bene come presidente del Consiglio negli ambienti internazionali per lui di casa, dove qualcuno era più preoccupato che incuriosito dalla scalata elettorale della leader della destra italiana a Palazzo Chigi ormai avviata al successo.

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         Sono riferibili al  predecessore della Meloni entrambe le personalità scelte ieri dal Consiglio dei Ministri, con le dovute procedure, per il vertice della Banca d’Italia e della struttura commissariale per la ricostruzione dell’Emilia Romagna e delle regioni limitrofe alluvionate nei mesi scorsi: rispettivamente, Fabio Panetta- per qualche tempo corteggiato politicamente da Meloni come ministro dell’Economia del suo governo avendolo personalmente conosciuto e apprezzato- e il generale Paolo Francesco Figliuolo. Che Draghi a Palazzo Chigi chiamò per fronteggiare l’emergenza Covid. E al quale ora Meloni ha predisposto un mandato di cinque anni nelle zone alluvionate, coadiuvato dai presidenti regionali interessati.

LA NOMINA DI FABIO PANETTA CONFERMA IL TREND

         Su Panetta ha cercato di mettere una manina anche il solito Matteo Renzi assegnandogli, in un editoriale del suo Riformista, il compito neppure pensato dalla Meloni- credo- e tanto meno da Draghi di restituire alla Banca d’Italia “l’autorevolezza” che le avrebbe fatto perdere il governatore uscente Ignazio Visco, a suo tempo confermato in quel posto contro il parere di un Renzi allora addirittura potentissimo.

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         Sul generale Figliuolo ha messo un titolo il quotidiano Libero attribuendogli il “commissariamento” del Pd, che avrebbe preferito  per la ricostruzione il presidente del suo partito e della regione maggiormente colpita, Stefano Bonaccini. Il quale ha invece reagito, non solo nella vignetta di Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera, adottando il generale grazie anche a quel nome che porta. Sulla cui uniforme lo spiritoso, e polemico, Marco Travaglio, dandogli peraltro del “generalissimo” come il defunto Franco spagnolo, è riuscito a contare “ventisette nastrini” che rischiano di “zavorrarlo a terra contro le folate di vento”: anche quello che non gli mancherà di soffiare addosso naturalmente, come ai tempi del Covid, Il Fatto Quotidiano di simpatie pentastellari.

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