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Giuseppe Pignatone mafia e appalti

Mafia e appalti: perché la Procura di Caltanissetta ha indagato l’ex procuratore Pignatone

Le indagini della Procura di Caltanissetta si concentrano su un presunto insabbiamento dell’inchiesta “mafia e appalti” che interessava i rapporti tra il gruppo Ferruzzi di Raul Gardini e malavitosi palermitani. Dalle indagini sono interessati anche l’ex pm del pool antimafia Gioacchino Natoli e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti

Favoreggiamento alla mafia. È pesante l’accusa che i magistrati di Caltanissetta, guidati dal procuratore Salvatore De Luca, hanno mosso nei confronti di Giuseppe Pignatone, ex procuratore aggiunto di Palermo e procuratore a Reggio Calabria e a Roma. Insieme a Giuseppe Pignatone, oggi presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, sono indagati anche l’ex sostituto procuratore a Palermo, Gioacchino Natoli e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, con le accuse di favoreggiamento alla mafia.

DI COSA SI OCCUPAVA L’INDAGINE MAFIA E APPALTI

Nell’ipotesi della Procura nissena i magistrati avrebbero operato un insabbiamento dell’indagine “mafia e appalti”, proveniente dalla procura di Massa Carrara. L’inchiesta si concentrava sui presunti rapporti fra alcuni malavitosi palermitani come Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo Ferruzzi guidato da Raul Gardini. All’epoca gli inquirenti avevano intercettato diversi imprenditori per dimostrare che gli affari di Cosa nostra avevano, sì, base in Sicilia, ma anche interessi ramificati in Toscana. Le accuse della procura siciliana si concentrano su un insabbiamento che avrebbe aiutato “Antonino Buscemi, Francesco Bonura, Ernesto di Fresco, nonché Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta, Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del cosiddetto Gruppo Ferruzzi) ad eludere le investigazioni dell’autorità”.

LA POSIZIONE DELL’EX PROCURATORE AGGIUNTO DI PALERMO GIUSEPPE PIGNATONE

La Procura nissena vuole capire se Giuseppe Pignatone, all’epoca dei fatti, da sostituto procuratore nel capoluogo siciliano, abbia collaborato al presunto insabbiamento dell’inchiesta “mafia e appalti”, insieme al procuratore Pietro Giammanco, deceduto nel 2018, l’ex pm Gioacchino Natoli e l’allora capitano, oggi generale della Guardia di finanza, Stefano Screpanti. “Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato – ha detto Pignatone all’ansa -. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta”.

LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEL PM NATOLI PER L’INDAGINE MAFIA E APPALTI

Nel 1992, l’ex pm del pool antimafia Gioacchino Natoli chiese l’archiviazione dell’inchiesta mafia e appalti, insieme alla distruzione di bobine con intercettazioni rilevanti. Le bobine, però, non erano andate distrutte, così un anno fa, su ordine della procura di Caltanissetta, le bobine sono state portate nella sede del Ros di Roma dove è iniziato l’ascolto di tutte le conversazioni.

LE IPOTESI DI REATO A CARICO DELL’EX PM NATOLI

L’ex Pm Natoli, secondo quanto riporta l’Agi, avrebbe deciso “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di finanza, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento’, mediante interessamento di Di Fresco, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura, nonché di Stefano Fontana e Vincenzo Di Maio per il duplice omicidio Chiazzese-Dominici”.

In aggiunta a questo non avrebbe avviato “alcuna indagine nei confronti degli imprenditori Luciano Laghi e Claudio Scarafia, “sebbene i due fossero risultati a completa disposizione di Francesco Bonurace dei suoi familiari”. E poi richiesto l’archiviazione del “procedimento penale n. 3589/ 1991 Mod .21” della procura di Palermo “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla procura della Repubblica di Massa Carrara; infine, per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, ha disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.

LA STRAGE DI VIA D’AMELIO E GLI INTRECCI CON L’INDAGINE MAFIA E APPALTI

Di questa indagine si era interessato anche il giudice Paolo Borsellino, e sarebbe stata proprio una delle cause della strage di via D’Amelio. Tutta la vicenda fu ricostruita davanti la Commissione nazionale Antimafia, nel settembre 2023, dall’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. Lo scorso 5 luglio l’ex pm Gioacchino Natoli è stato chiamato dalla Procura di Caltanissetta ma ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere, assicurando alla Procura che avrebbe fornito i necessari chiarimenti nel corso di un successivo interrogatorio.

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