Aldo Cazzullo sul Corriere della sera risponde a un lettore e manda un monito alla premier Meloni: meglio giornalisti critici che amici
La pagina delle Lettere è una delle più seguite del Corriere della Sera. A curarla è Aldo Cazzullo, vicedirettore ad personam del quotidiano che fa riferimento all’editore Urbano Cairo, scrittore e una delle firme più prestigiose del panorama giornalistico italiano, Cazzullo oggi risponde a un lettore che incalza sulla polemica degli ultimi giorni che ha visto protagonista Giorgia Meloni e la stampa-
“Caro Aldo – scrive Ernesto Megali – sono perfettamente d’accordo con la premier Meloni: alcune testate giornalistiche sono ostili a prescindere. Siete la categoria che distrugge in prima pagina e rettifica con minuscoli trafiletti in ultima. Vi appellate a una distorta libertà di stampa e vi assolvete sempre, reclamando, come del resto tutti nel nostro Paese, solo diritti e niente doveri”.
La replica di Cazzullo parte da lontano, con alcune premesse: “a noi italiani piace scagliarci contro le varie categorie e dare a ognuna un’etichetta: i dentisti sono esosi, gli impiegati pubblici fannulloni, gli idraulici introvabili; quello non fa la fattura, quello non fa lo sconto, quello non rispetta il preventivo… Ovviamente, le categorie — a parte qualche lobby inscalfibile — non esistono; esistono le persone. Ci sono dentisti esosi e dentisti onesti, impiegati pubblici fannulloni e impiegati pubblici stakanovisti; e talvolta si riesce anche a trovare un idraulico. I giornalisti non fanno eccezioni”.
CAZZULLO: “IL GIORNALISMO ITALIANO TROPPO LEGATO AL POTERE POLITICO E FINANZIARIO”
“Certo – è l’ammonimento di Cazzullo -, tutti possono e debbono essere criticati. In particolare i giornalisti, che anche quando lavorano per un privato comunque svolgono un servizio pubblico. A mio giudizio, storicamente il giornalismo italiano è stato troppo legato al potere politico e finanziario”. Chissà a chi si riferisce qui Cazzullo… Magari si tratta di una velata autocritica per rendere ancora più autorevole l’affondo finale.
“Questo – prosegue il vicedirettore del Corriere – a volte gli ha tolto credibilità e un rapporto diretto con il pubblico; che non sarà, come amava dire Montanelli, il nostro padrone, ma è certo il nostro giudice, quello che decreta il successo di un articolo, di un libro, di una testata, di un’impresa. Sempre a mio giudizio, oggi le cose vanno meglio che in passato. Eppure non soltanto i giornalisti non sono mai stati così impopolari; la loro condizione economica e sociale è decisamente peggiorata.
La grande parte del lavoro giornalistico di cui voi lettori fruite, spesso gratis, è prodotta da giovani pagati poco, che hanno meno opportunità di viaggiare e conoscere il mondo di quelle che avevamo noi cinquantenni alla loro età, che fanno un lavoro duro, e che dovrebbero essere più rispettati. Anche da lei, gentile signor Megali”.
“ANCHE MELONI DOVREBBE RICORDARSI MEGLIO GIORNALISTI CRITICI CHE AMICI”
Ecco la chiosa finale: “Per quanto riguarda la presidente del Consiglio, dovrebbe valere per Giorgia Meloni la regola che vale per ogni politico: una cosa è giusta o sbagliata in sé; non a seconda di chi la dice. Ma anche Giorgia Meloni dovrebbe sempre ricordarsi che ai leader politici non servono giornalisti amici; quelli li troverà sempre a ogni angolo; servono giornalisti critici, che le segnalino quando sbaglia”. A buon intenditor…