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La notte dei lunghi coltelli, la “nuova Europa” nasce senza il placet dell’Italia

Giorgia Meloni si è astenuta sulla riconferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, mentre ha votato contro le altre nomine. Per i giornali il nostro Paese rischia “l’isolamento” ma la partita è solo all’inizio

L’Italia si è astenuta sulla riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Giorgia Meloni ha espresso voto contrario invece sulle nomine di António Costa e Kaja Kallas che erano stati indicati rispettivamente come presidente del Consiglio europeo e Alto rappresentante per gli Affari esteri. Regge quindi l’asse franco-tedesco e per il nostro Paese c’è la prospettiva di un’emarginazione “politica” che sarebbe meglio evitare visto i tanti dossier aperti dai fondi del Pnrr ai nostri conti pubblici.

PER L’ITALIA UNA “QUARANTENA” POLITICA  DALLA STANZA DEI BOTTONI

“Una scelta sconsiderata, che privilegia il suo ruolo di leader politico dell’ultra destra europea alla sua funzione istituzionale di capo del governo italiano” non usa mezzi termini Andrea Bonanni nel suo editoriale di commento su Repubblica.  “Meloni ha preferito restare nel ghetto degli anti-europei e ha trascinato nella quarantena politica anche il Paese che rappresenta. Non era una decisione obbligata. L’Italia, agli occhi dei leader europei, conta più di chi la governa. Perfino se chi la governa è una esponente dell’estrema destra. Per questo nella notte dei lunghi coltelli sulla scelta dei vertici Ue, si erano rinfoderate le lame che nei giorni scorsi hanno fatto a pezzi il prestigio e la credibilità della presidente del Consiglio”. Certo il tono del quotidiano guidato da Maurizio Molinari è duro, gli fa eco la Stampa che parla di “strappo” inutile perché il bis della Von der Leyen è arrivato mentre il Sole24Ore punta alle conseguenze pratiche: “se si pensa alla prossima legge di bilancio, alla procedura d’infrazione Ue, si vede come la sola conferma del taglio del cuneo non possa bastare per affrontare il malessere che verrà” scrive Lina Palmerini.

FUORI LA MELONI DI DESTRA, DENTRO L’ITALIA COME PAESE

Ma è proprio così? I giochi sono davvero finiti? Una lettura diversa arriva leggendo il Foglio e l’analisi di Pietro Guastamacchia secondo cui in Europa non c’è spazio per la leader del gruppo dei Conservatori di cui è presidente la Meloni ma vi sarà per l’Italia come paese fondatore dell’Ue.  Facendo così eco alle parole dette qualche giorno fa proprio dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che “non si può prescindere dall’Italia”. Insomma ci sarebbe una sorta di “schema” secondo cui  mentre c’è poco spazio “per la leader di Ecr, le porte si spalancano quando Meloni veste i panni della premier italiana e i leader dei popolari fanno capire che Roma avrà l’incarico che merita, insistendo però più sul Paese e meno sul gruppo politico”, anche perché Meloni i problemi li avrebbe pure in casa sua, basti sentire i toni usati da Matteo Salvini che ha parlato “di colpo di stato” sulle nomine Ue.

C’E’ “UN ARCO COSTITUZIONALE” DIVERSO, SBAGLIATA LA LETTURA DESTRA CONTRO SINISTRA

Allora ad essere più realisti e meno schierati l’analisi di Massimo Franco sul Corriere della Sera inquadra bene il problema e quello che sta succedendo non solo in Europa e non solo con le nomine. “Sta emergendo un’alleanza continentale che tende a plasmarsi lungo un «arco costituzionale» diverso dal passato – annota l’editorialista di via Solferino –  Ha al centro la lealtà ai principi dell’Ue e l’appoggio all’Ucraina e alla Nato contro l’aggressione russa. Manfred Weber, presidente del Ppe, lo ha ribadito. È un confine invisibile ma invalicabile, nel quale Meloni ha scelto di stare da tempo”. Cosi l’abbraccio dei Popolari alla leader di Fratelli d’Italia ci dice due cose. “La prima è che la maggioranza con socialisti e liberali si rende conto dei rischi di escludere l’Italia e la premier dalle nomine ai vertici dell’Ue. La seconda è che l’inclusione del partito di Meloni, alla guida del gruppo conservatore, può spaccare proprio il fronte delle destre nazionaliste e euroscettiche. Le convulsioni che si stanno registrando in quel campo sono vistose. E lo schieramento europeista cerca di sfruttarle a proprio vantaggio. È il segno che la trattativa non si è ancora conclusa”.

MELONI STIA ATTENTA AI SUOI ALLEATI, I NODI VENGONO AL PETTINE

Se davvero è così, come si spiega l’isterismo di Giorgia Meloni e i suoi no nella notte dei lunghi coltelli? Lo prova a spiegare in una intervista alla Stampa lo storico Franco Cardini. “Credo che cominci a capire che i nodi vengano al pettine e che avere un buon risultato elettorale non faciliti la vita. Lei ha paura di questa situazione e delle trappole che le tenderanno. Hai dei nemici sicuri a sinistra, ma non sa su chi può davvero contare a destra in Italia e in Europa. Fossi in lei sarei molto preoccupata dei suoi alleati”. Per poi concludere che la destra non è così determinante in Europa come sperava Meloni. “In fondo non sta esprimendo nulla di interessante e qualificante rispetto al mondo della politica moderata, in un crepuscolo bigio in cui destre e sinistre parlano linguaggi simili. Sono tutti liberisti, filoamericani, filoisraeliani, anti-Brics. Cosa propone la destra di veramente originale? La vocazione anticomunista? Quella antifascista? Niente. Meloni è in ascesa, ma non si sale in eterno. Lei è al vertice e ora si scontra con la realtà”.
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