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magistrato Fatto travaglio

La difesa di Travaglio verso le (prossime) mosse di Conte

Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio prova ad addolcire la pillola del decreto presidenziale di Giuseppe Conte, l’ennesimo, in arrivo con le sue raccomandazioni per l’emergenza. I graffi di Damato

Magari fosse solo Vincenzo De Luca a sedere sul fuoco del suo Vesuvio, come lo ha proposto Emilio Giannelli nella vignetta del Corriere della Sera di fronte alle notizie e alle immagini provenienti da una Napoli in rivolta: non si sa se più contro il lockdown  disposto dal suo governatore regionale o quello più morbido, diciamo così, in arrivo col solito affanno, o tra le solite tensioni interne, dal governo a cominciare dalle 18. Che va intesa peraltro come ora solare, appena ripristinata, più indietro quindi di 60 minuti rispetto a quella legale cui eravamo abituati da fine marzo.

Qui, con la seconda ondata della pandemia virale che ha colto tutti impreparati, a qualsiasi livello, e con la scomparsa – provata da quella fila, per esempio, di sciatori assembrati a Cervinia- del buon senso, della  ragionevolezza, della disciplina e di tutte le altre esagerazioni attribuite anche dall’estero agli italiani in occasione della prima ondata, siamo tutti a sedere sul fuoco. Lo sono anche quelli che, spontaneamente a casa, senza aspettare non più le norme ma le “raccomandazioni” espresse con decreto dal presidente del Consiglio dei Ministri, credono di essere in sicurezza.

A me, per esempio, per quanto può valere una modestissima esperienza personale, è accaduto di venire sputato in faccia in macchina, e a finestrino imprudentemente abbassato, da un energumeno -senza mascherina naturalmente- che, avendo posteggiato il suo furgoncino davanti alla palazzina di casa, mi impediva di uscire solo per portare mia moglie a un appuntamento nell’ambulatorio radioterapico del Policlinico Gemelli. Questi sarebbero gli italiani disciplinati, educati, eroici della propaganda conformista, come i napoletani elogiati da Libero su tutta la prima pagina pur dopo aver messo a ferro e a fuoco  la loro città. Ma, per cortesia, dove pensiamo di poter arrivare in questo paese che personalmente ritengo ormai semplicemente incarognito dalla mancanza -ripeto, mancanza- da un bel po’ di tempo di un governo degno di questo nome, nazionale o locale che sia? Dai, siamo seri.

Noi giornalisti -sia chiaro anche questo- partecipiamo a codesta follia non solo alimentando le  polemiche più assurde e violente nel linguaggio e nelle azioni, ma anche dando false notizie o informazioni distorte. Proprio oggi, per esempio, capita di leggere  un titolo sul Fatto Quotidiano  -e dove sennò?- in cui il decreto presidenziale, l’ennesimo, in arrivo con le sue raccomandazioni per l’emergenza viene annunciato “per salvare il Natale”. Cui chissà se arriveremo mai e come, vista la gestione catastrofica di questo autunno

E poi -sentite, sentite, o leggete- sempre su quel giornale si scrive di un povero, sfortunatissimo, eroico presidente del Consiglio costretto a districarsi non fra la sua scarsa impreparazione politica, avendo fatto ben altro sino a due anni e mezzo fa, non fra le confusioni e tensioni dei grillini che lo hanno portato a Palazzo Chigi imponendolo prima a Matteo Salvini e poi a Nicola Zingaretti, ma  tra “le pressioni isteriche” di un Pd che “non tocca palla”. Eppure è lo stesso, non un altro Pd che su quel giornale il direttore in persona raccomanda agli amici grillini come alleato sistemico, organico, strategico e non so cos’altro, liquidando come traditori, visionari, sprovveduti quelli che non lo stanno a sentire e non usano il cosiddetto voto disgiunto per far vincere i candidati piddini, appunto, a governatori e sindaci dove i pentastellati non hanno avuto l’accortezza, la saggezza, la furbizia di apparentarvisi elettoralmente.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO.

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