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I conti non tornano e peggioreranno ancora con l’autonomia differenziata. Ora una manovra da 12 miliardi

L’Italia insieme ad altri 5 paesi dell’Unione è stata ammonita ed è in procedura d’infrazione. Servirà una nuova manovra per aggiustare i conti pubblici anche se il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti prova a smorzare le polemiche: “nessuna sorpresa”.

Alla fine il cartellino giallo è arrivato. La Commissione europea ha avviato l’iter per una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per l’eccessivo deficit di bilancio che, probabilmente, diventerà rosso a novembre. E’ la notizia più importante della giornata che campeggia sulle prime pagine dei quotidiani insieme all’approvazione dell’Autonomia differenziata. Ma mentre per quest’ultima i giochi sono più politici (si andrà al referendum?), per i conti pubblici italiani è l’ora della verità e la decisione di Bruxelles potrebbe rovinare i piani di ripresa della nostra  economia.

PNRR, CATASTO, BALNEARI, CONCORRENZA SONO TANTI I NODI DA SCIOGLIERE

L’analisi del Sole24ore non lascia molti margini. L’altolà della Commissione si intreccia infatti con problemi che sono stati lasciati galleggiare dal governo, dai balneari al catasto alla mancata concorrenza. Scrive il giornale diretto da Fabio Tamburini: “la ricetta comunitaria chiede di aumentare la concorrenza e migliorare la regolamentazione per aiutare la crescita in molti settori, in una direzione verso cui dovrà spingere anche la riforma del sistema fiscale con particolare attenzione alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro”.  Ma poco si è fatto e a questo si aggiunge anche il tema dell’autonomia differenziata come sottolinea Repubblica con la Commissione che è preoccupata per l’aumento delle diseguaglianze che l’autonomia così progettata rischia di portare al Paese.

L’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO QUANTIFICA IL “DANNO” PIU’ PESANTE DEL PREVISTO

Non solo il monito della Commissione Europea. E’ arrivata anche la lettura dei conti pubblici nostrani da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio che ha calcolato  che «l’aggiustamento richiesto all’Italia per rispettare il nuovo quadro di regole sia di 0,5-0,6 punti percentuali di Pil all’anno su un sentiero di aggiustamento settennale».

Scrive Francesca Basso sul Corriere della Sera: “La correzione dei conti in base alla procedura sarà quindi di circa 10-12 miliardi l’anno, cui dovranno aggiungersi circa 20 miliardi di euro per rifinanziare tutte le misure varate nel 2023 e non ancora coperte, come gli sgravi per le contribuzioni, più alcune spese indifferibili. La manovra lorda per il 2025 sarebbe quindi pari a 32 miliardi (20 da reperire con tagli equivalenti e/o risparmi o spostamenti di altre spese e 10 di taglio del deficit)”. Ma su questo il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti cerca di buttare acqua sul fuoco: “era già prevista, nessuna sorpresa, andremo avanti con la nostra politica di assestamento del bilancio” come riporta il Messaggero.

GIAVAZZI: “ATTENZIONE I CONTI NON TORNANO ANCHE PER L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA”

Se questo è il quadro fosco che ci aspetta da qui a fine anno la tenuta dell’economia italiana rischia di essere aggravata ancora di più dai conti che verranno fuori con l’autonomia differenziata. Se ne è accorto e lo ha sottolineato anche Francesco Giavazzi nel fondo del Corriere della Sera: “lo Stato dovrà intervenire nelle regioni con gettito in calo, senza avere le risorse necessarie per farlo, che rimangono alle regioni con gettito in crescita più della media. Domani, quando tutte le informazioni saranno disponibili, la politica di bilancio non tornerà al centro del dibattito politico. Continuerà ad occuparsene il ministro Giorgetti, il quale, io penso, fra le preghiere della sera inserisce una supplica al buon Dio di mandarlo a Bruxelles, sollevandolo da un incarico per il quale si prospettano tempi bui”.

Ma non solo. Per l’economista i problemi  riguardano anche le imprese: “che accadrà alle norme sulla concorrenza che il Pnrr impegna il governo ad attuare annualmente seguendo almeno alcune delle raccomandazioni dell’Autorità antitrust? Si discuterà invece della riforma della Giustizia, e poi comincerà la preparazione del referendum costituzionale sul «Premierato». Tutti argomenti certamente più importanti del bilancio, ma non per un imprenditore che deve fare delle scelte che dipendono da ciò che decide il suo socio di maggioranza, lo Stato, al quale versa la quota maggiore del suo margine operativo lordo”.

DEAGLIO: O SI CAMBIA O SI E’ DESTINATI A FALLIRE

Insomma bisogna intervenire e la politica di temporeggiare non aiuta di certo, lo scrive anche un altro grande economista, Mario Deaglio su La Stampa: “ciò che appare indispensabile è un netto cambiamento di condotta da parte del governo: probabilmente i mercati internazionali, prima ancora delle istituzioni europee, non accetteranno più di finanziare politiche di sostegno che cercano di tenere a galla tutti (e che, come il superbonus, finiscono per costare all’erario molto di più di quanto era stato inizialmente previsto)”.  Quindi o si cambia registro o si è destinati a fallire.

“In altre parole – conclude Deaglio –  non si riesce a svuotare l’acqua che continua a entrare nella stiva della nave senza turare le falle; e per di più, il livello dell’acqua non rimane costante ma continua a salire. Turare le falle implica dare il via a una serie di interventi selettivi, ben diversi dalla sussistenza: investimenti scelti con cura con lo sguardo al nostro futuro di lungo periodo”.

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