In meno di 48 ore quattro esponenti di peso abbandonano il partito di Carlo Calenda mentre tra Conte e Grillo arrivano le carte bollate. Piccoli terremoti politici destinati a segnare i futuri schieramenti politici in quell’ottica del trasformismo che accompagna il nostro Paese da sempre
Sono delle “ingrate”, così senza mezzi termini su Repubblica Carlo Calenda definisce l’addio da Azione di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, insieme a loro, nell’arco di due giorni, hanno fatto le valigie anche Enrico Costa, garantista doc, che è tornato in Forza Italia da cui proveniva e la senatrice Giusy Versace. Una fuga che viene spiegata in una nota riportata dal Messaggero: “Rispettiamo le scelte personali ma riteniamo grave e incoerente passare dall’opposizione alla maggioranza a metà legislatura contravvenendo così al mandato degli elettori. Una pratica che contribuisce ad allontanare i cittadini dalla politica”.
LE EUROPEE IL GRANDE TONFO DI CALENDA, ORA AD ATTRARRE E’ FORZA ITALIA
Tutto giusto, una pratica già vista molte volte quella del trasformismo della politica e dei cambi di casacca in corsa. Ma non basta a spiegare l’implosione di Azione. “Ecco, quello che Calenda non dice è che la caparbietà con cui ha rifiutato di unire le forze in una lista unica sotto le insegne della macroniana Renew Europe” spiega il Sole24Ore nella sua analisi “ha messo la pietra tombale su quel Terzo polo che alle politiche aveva raccolto ben l’8% dell’elettorato. E se lui e Renzi avrebbero voluto drenare consensi della parte moderata del centrodestra, il clamoroso fallimento del progetto per le continue liti tra i due ha avuto l’effetto di ribaltare l’offerta politica: ora è la Forza Italia di Antonio Tajani, complice la svolta moderata impressa durante l’estate dai figli di Berlusconi Marina e Pier Silvio, ad attrarre personalità dall’altro campo”.
IL CAMPO LARGO SEMPRE PIU’ MINATO: COLPISCE AZIONE E TRA POCO ANCHE IL M5S
Sarà stato il campo largo che appare sempre più un campo minato, ma quello che accade ad Azione con Calenda che si è spostato troppo a sinistra, almeno a sentire Gelmini e Carfagna come riporta il Corriere della Sera, accade anche in un altro movimento che è rischio implosione visto il continuo battibecco tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Ed è Salvatore Merlo sul Foglio a descrivere bene ed ironicamente questa “guerra epistolare tra i due Giuseppi”. “Nemmeno a Napoleone riuscì di gabbare Wellington portandolo a combattere su un avvallamento fangoso dal quale lo avrebbe schiacciato. A Conte è riuscito. E infatti azzeccagarbuglieranno ancora, via Pec, in tribunale, sui giornali, e poi continueranno anche ovviamente a porte chiuse e lontano da telecamere, cronisti e fotografi, perché solo e sempre di nascosto si impastano i veri pasticci in cui ci sono di mezzo centinaia di migliaia di euro in rimborsi elettorali”. Per Merlo “questa contesa epistolare è l’unica cosa davvero comica cui Grillo si sia dedicato da quando tentò con il M5s di sovvertire la politica democratica e la grazia civile, e l’idea che il vaffanculo finisca in una malleveria dominicale ci sembra tutto sommato una buona notizia”.
E MELONI SI GODE IL SUCCESSO IN EUROPA
Tutto questo accade mentre invece i giornali festeggiano il “trionfo” di Giorgia Meloni in Europa. “PdtraFitto” titola il Tempo con un gioco di parole che rimanda al neo commissario, “eurorosiconi” li chiama Libero riferendosi a tutti quelli che teorizzavano una Meloni “isolata in Europa”, più sobrio il Giornale che scrive: “Nuova Europa: l’Italia c’è”. Di certo da questa partita, tranne sorprese dell’ultima ora ad esempio sul gradimento, il governo ne esce rafforzato almeno nell’immagine. E, forse, più che gongolare Raffaele Fitto dovrebbe fare tesoro delle parole di Marcello Sorgi su la Stampa. “Fitto dovrà far ricorso a tutta la sua esperienza e al sangue democristiano che gli scorre nelle vene per districarsi nella sua nuova missione. In politica, si dice, chi ha più filo tesse. E qualche volta – vedi proprio le scadenze del Pnrr – bisogna esercitarsi nell’arte del rinvio, non estranea al nuovo commissario”. Insomma quello spirito “democristiano” che tutti dileggiavano ma che “è ancora molto utile”.