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Dazi

Dazi in Italia: è allarme o no? Le (diverse) prospettive di Confindustria e Bankitalia

Le imprese fanno appello alle Istituzioni per attutire il più possibile gli effetti dei dazi, per la Banca d’Italia “conseguenze mitigate”

Le borse, il mercato e il commercio mondiale sono da giorni sull’ottovolante, dopo il testacoda sui dazi da parte dell’Amministrazione Trump. Di fronte allo scontro a suon di colpi bassi tra i due giganti Usa e Cina, preso atto dello ‘stop and go’ a stelle e strisce, l’Europa e l’Italia guardano con molta attenzione, in questo periodo di apparente ‘tregua’ commerciale, alla prossima visita della premier italiana Giorgia Meloni a Washington.

Con gli Stati Uniti pronti a stringere le maglie sul commercio internazionale, anche l’Italia si prepara quindi a fronteggiare un nuovo scenario. Ma quanto rischia davvero il settore industriale e produttivo nazionale? Le voci di Confindustria, Pirelli e Bankitalia offrono varie prospettive: tra preoccupazioni e rassicurazioni. Vediamole da vicino.

CONFINDUSTRIA: “SERVE CALMA E UN’EUROPA UNITA, MELONI COSTRUISCA UN PONTE”

Dal palco del Made in Italy Day, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha lanciato un appello al pragmatismo: “In questo momento serve calma, con una  risposta unita da parte dell’Europa, leggiamo di trattative  anche tramite Tweet” sui dazi. “Serve costruire un percorso ordinato nella trattativa con gli Stati Uniti, trattando uniti e usando i nostri migliori rapporti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni andrà a Washington il 17 aprile” e potrà “costruire un ponte con l’Europa”.

“L’EXPORT ITALIANO PUO’ VOLARE, MA SERVE UN PIANO DI INCENTIVI”

“L’ho detto anche l’altro giorno” al tavolo tecnico sui dazi a Palazzo Chigi con il governo: “serve un grande piano di incentivi per aiutare le nostre imprese. Il 94% delle nostre imprese sono piccole e devono essere accompagnate per andare all’estero”. Serve “supporto per innovazione e trasformazione dei prodotti”. “È ovvio – ha aggiunto – in questo momento d’incertezza, perché secondo noi possiamo dire che è d’incertezza, cercare di chiudere i Paesi in un mondo globale” mentre “per noi è imprescindibile il fatto che invece serve la continuità del mondo” e vedere “l’intercambio in chiave positiva”.

Orsini guarda però anche al futuro e punta in alto: “Il 27 maggio lanceremo una piattaforma per superare il nostro record di export, che oggi vale 626 miliardi”. Un traguardo ambizioso, ma non impossibile. “Abbiamo un potenziale attivabile rapidamente di oltre 80 miliardi con gli Stati Uniti – ha precisato – ma per farcela serve un grande piano di incentivi per le imprese”. Tradotto: l’Italia ha la qualità, ma senza supporto rischia di non restare competitiva.

TRONCHETTI PROVERA: “SENZA TRATTATIVA CON GLI USA NON DURIAMO DUE SETTIMANE”

Più netto il giudizio di Marco Tronchetti Provera, ad di Pirelli, che ha ammonito: “I dazi vanno negoziati. Così non si va avanti mesi, si dura due settimane”. E ha aggiunto: “L’Europa non c’è. Non ha una vera leadership. Tocca ai capi di Stato decidere, ma mettersi d’accordo in 27 è un’impresa titanica”. L’Italia, però, secondo lui, può giocare un ruolo chiave: “Siamo un Paese importante, con una leadership riconosciuta a livello internazionale. Possiamo essere l’anello che tiene agganciata l’Europa agli Stati Uniti”.

PER BANKITALIA “CONSEGUENZE MITIGATE”, MA “ATTENZIONE ALLE RITORSIONI”

Nel suo bollettino economico, la Banca d’Italia ha adottato toni più equilibrati. Sì, i dazi avranno un impatto – si legge – ma “la composizione settoriale, il posizionamento qualitativo e la buona profittabilità delle imprese italiane possono attenuare il colpo, almeno nel breve periodo”. In cifre, la flessione del fatturato si attesterebbe intorno a un punto percentuale e la maggior parte delle imprese riuscirebbe ad assorbire l’urto con una riduzione contenuta dei margini operativi.

“PICCOLE IMPRESE PIU’ ESPOSTE, MA I GRANDI GRUPPI REGGONO”

La vera fragilità, secondo Bankitalia, riguarda le imprese di piccola dimensione, meno diversificate e meno capaci di reggere l’urto. Invece, oltre metà delle esportazioni verso gli Usa arriva da aziende con almeno 250 addetti, più solide e flessibili. A proteggere il made in Italy, inoltre, ci sono due fattori: da un lato, il fatto che quasi tutti i concorrenti globali saranno colpiti da dazi simili; dall’altro, la possibilità per le imprese italiane di assorbire i costi tagliando i propri margini, almeno temporaneamente.

Bankitalia conferma le stime sul PIL 2025 (+0,6%), ma mette le mani avanti: lo scenario non tiene conto delle eventuali ritorsioni. “Un aumento dell’incertezza, tensioni finanziarie o nuovi dazi potrebbero rallentare la domanda estera e minare la fiducia”, avverte l’istituto centrale. Insomma, se il cielo non è ancora coperto da nubi nere, l’ombrello è meglio tenerlo a portata di mano.

Leggi anche: Chi c’è dietro la decisione del presidente Trump di congelare i dazi

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