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Corte Costituzionale, il destino della scelta di Giorgia è appeso ad un voto

Il centrodestra cerca i 363 consensi necessari ad eleggere (e non bruciare) alla Consulta Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi. La segretaria del Pd Schlein critica “il blitz” della premier e anche M5s, Avs, Iv e Azione accolgono il suo appello a boicottare la votazione. Se fallisse, la Meloni finirebbe sulla graticola perché è stata lei a imporre la candidatura

C’è un’atmosfera sospesa alla vigilia del voto fissato per questa mattina alle 12,30. Servono 363 voti per eleggere il candidato voluto dalla premier Giorgia Meloni e si viaggia  viaggia sul filo di 2 o 3 voti di scarto.  Francesco Saverio Marini che il Corriere della Sera definisce “il padre del premierato” è in bilico, un voto che per la Stampa è “sul filo di lana” e che per il Quotidiano nazionale è una sorta di “prova” per la tenuta della maggioranza.

SERVONO “OCCHI VIGILI” SU AUTONOMIA E CITTADINANZA

La verità è che lo stallo sull’elezione del giudice della Corte Costituzionale va avanti da 11 mesi, solo che adesso  la premier ha deciso di provarci. “Ha bisogno che un uomo di fiducia come Marini entri nelle stanze della Consulta e vigili per lei, nelle prossime settimane, su alcuni dossier cruciali per il governo come l’Autonomia e la cittadinanza” scrive nel suo retroscena Federico Capurso per la Stampa. “Dopo 48 ore di telefonate, trattative e infiniti riconteggi, nelle file della maggioranza riemerge la paura: «Potremmo non farcela di uno o due voti». E con essa, rispunta l’ipotesi di votare, per l’ottava volta, scheda bianca”.

UN VOTO CHE FA EMERGERE LE TENSIONI INTERNE ALLA DESTRA

La lettura che dà della vicenda Massimo Franco per il Corriere della Sera è più politica: “nessuno fa previsioni. Per questo si avverte una punta di nervosismo dentro FdI. Se le opposizioni dovessero alla fine optare per uscire dall’aula compattamente, le votazioni potrebbero fare emergere le tensioni interne alla destra; e il voto sulla Corte, l’ennesimo dopo i sette già andati a vuoto, diventare il pretesto per sfogare i malumori contro la premier. Le tensioni tra Lega e FI sulla tassazione degli extra-profitti delle banche e lo scontro con FI sullo ius scholae sono sintomi persistenti. E le previsioni al ribasso di Bankitalia sull’economia preoccupano. Il tema non riguarda solo il candidato ma il metodo”.

SE FALLISCE GIORGIA FINIREBBE SULLA GRATICOLA

Già infatti perché se Meloni fallisse nel suo tentativo sarebbe lei a finire sulla graticola, perché è stata lei ad imporre la linea, a scegliere il candidato e chiedere a tutti, stamattina, di essere in aula. Così alla premier vengono “cattivi pensieri” descritti nel retroscena che Tommaso Ciriaco scrive su Repubblica. “Come quelli in cui è tornata a crogiolarsi Meloni, prendendo atto del possibile fallimento del blitz. Dice, riferiscono, che così non si può andare avanti. Che è stufa (lo sostiene in modo meno diplomatico, ma il senso è quello). Annuncia riflessioni che precedono reazioni drastiche. «Posso portare tutti al voto — è il senso dei suoi ultimi ragionamenti — e dico anche che forse mi conviene». È la tentazione del reset che ritorna. C’è tattica e voglia di fuga. E problemi fin troppo concreti: una legge di bilancio amara da approvare, previsioni di crescita riviste al ribasso, enormi incognite internazionali. Con un’aggravante: se fallisce l’operazione Consulta, il governo rischia davvero di traballare”.

DALLA CONSULTA PASSANO I “DESTINI” DEL PAESE

Perché il voto di oggi è così importante, lo spiega infine Ilaria Proietti sul Fatto Quotidiano: “A fine anno dovranno essere rimpiazzati altri tre giudici, tutti di nomina parlamentare, essendo ormai in scadenza i mandati del presidente Augusto Barbera e dei due vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti. Stando al pallottoliere la maggioranza ha insomma i voti per modificare stabilmente il volto della Corte che sarà chiamata a breve a pronunciarsi su partite delicatissime: dall’autonomia alla riforma Nordio, che ha cancellato l’abuso d’ufficio e perché no l’ulteriore annunciata stretta sulle intercettazioni o il probabile referendum sul premierato”.

 

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