Per risolvere la problematica della conversione in legge, il governo sta lavorando all’allungamento del termine portandolo dai 60 giorni attuali a 90. Il punto
Da due a tre mesi. Questo è il passaggio al quale lavora l’esecutivo per risolvere a modo suo un problema istituzionale, quello della conversione in legge dei decreti-legge. Una soluzione che però secondo i più critici ne alimenterà ancor di più l’abuso anziché portare a una riduzione di questi interventi.
LA RIFORMA DEI DECRETI-LEGGE
Problema. Il Governo Meloni non riesce a smaltire i decreti-legge che esso stesso produce. Dove per smaltire significa convertire in legge (vedi sotto). Secondo Openpolis, a fine ottobre, “nell’ultimo anno ben 13 decreti legge sono entrati in vigore a più di una settimana di distanza dal Cdm in cui sono stati discussi. Si tratta di un dato che deve essere tenuto in grande considerazione dal momento che non c’è grande trasparenza su cosa avviene in questo intervallo di tempo”.
Da qui, l’idea dello stesso esecutivo di porre rimedio al problema. Come? Allungando da 60 a 90 i tempi per la conversione in legge degli stessi decreti. Come raccontava stamani, tra l’altro, Il Messaggero, il mandato di questa soluzione è stato affidato alla Commissione Affari costituzionali del Senato. Domani, “con relatore il presidente Alberto Balboni (FdI), si discuterà della proposta avanzata da Adriano Paroli di Forza Italia [risalente a marzo scorso, ndr] e integrata dalla Lega”.
Dalle vicinanze della premier, però, si parla di “una delle soluzioni” a cui si sta lavorando. Cioè, ce ne sarebbero anche altre, scriveva il quotidiano romano. I disegni di legge a data fissa del governo. “Una sorta di strumento ibrido” che funzionerebbe così: nel ddl (disegno di legge) l’esecutivo indica un termine di votazione tassativa da parte del Parlamento, altrimenti il disegno entra in vigore automaticamente.
A settembre, invece, il leghista Paolo Tosato – ricordava stamani Il Fatto Quotidiano – aveva presentato un’altra proposta che rispetto a quella di Paroli differiva leggermente: “la prima Camera a cui viene presentato il decreto da convertire deve concludere l’iter entro sessanta giorni, al fine di consentire un esame approfondito in entrambi i rami del Parlamento“.
LE CRITICHE
Cosa non quadra in questi tentativi di risoluzione? Secondo la giurista di Domani, Vitalba Azzollini, questa proposta di estensione a 90 giorni “rappresenta una toppa messa alle pratiche distorsive cui si ricorre per evitarne la decadenza”. Perché “servirebbe un freno al proliferare dei provvedimenti governativi e alla eterogeneità che caratterizza il loro contenuto” e invece così se ne aumenterà l’abuso, rafforzando a scapito delle Aule il potere dell’esecutivo.
Azzollini richiama quindi il monito della Corte costituzionale, per la quale l’adozione dei Dl fosse “realmente limitata ai soli casi straordinari di necessità e urgenza”. Anche il Quirinale ha aspirato a una migliore programmazione dell’attività legislativa da parte di chi siede ai banchi del governo. Eppure, il problema resta lì.
GLI ABUSI NEL GOVERNO MELONI
Torniamo al problema, appunto. Dopo un anno di governo, l’esecutivo Meloni ha registrato 46 decreti legge, più di quanto fatto dai governi a guida Monti (41), Conte I (26), Letta (25) e Gentiloni (20). Una media mensile di quattro Dl, ha fatto notare Openpolis, che lo mette al primo posto, prima dei governi dell’era pandemica Draghi (3,20) e Conte II (3,18).
COSA SONO I DECRETI-LEGGE
Per ricordare. I decreti-legge sono atti aventi forza di legge emanati dall’esecutivo (art. 77 Cost.), quindi dal governo in carica, che diventano immediatamente efficaci per risolvere situazioni straordinarie e urgenti, a patto che vengano convertiti in legge nel giro di 60 giorni. Il punto, però, è che è sempre più frequente l’abuso in senso politico di questi atti.
Come rileva Openpolis, “dal 1996 a oggi sono state approvate in totale 2.853 leggi. Di queste, 730 sono conversioni di decreti (il 25,6%) mentre 979 sono ratifiche di trattati internazionali (il 34,3%). Questo significa che la maggioranza delle leggi approvate proviene da fuori il parlamento”. E’ il 60% delle leggi approvate da 27 anni a questa parte.