Mentre l’Unione europea si interroga su come affrontare l’offensiva commerciale del nuovo mandato di Donald Trump, con gli occhi puntati sulla visita di Giorgia Meloni a Washington, l’idea di nominare Mario Draghi come inviato speciale Ue per trattare con l’amministrazione Usa accende il dibattito politico italiano.
La proposta di Draghi mediatore era stata lanciata per primo da Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia del governo giallo verde Conte I, sulle colonne del Foglio. L’ex presidente della Bce viene ritenuto – come sil legge su La Verità – “con il profilo giusto. Nessuno tra i leader europei conosce l’America a fondo meglio di lui”.
LA RICETTA DI DRAGHI PER L’UE
Il Corriere della Sera, al di là di ipotetici (quanto all’apparenza remoti) incarichi, ha rilanciato più volte in queste settimane la ricetta dell’ex premier italiano. Scrive Francesco Verderami nella sua rubrica ‘Settegioni’: “Ma l’Europa cosa fa? L’ex presidente della Bce aveva offerto una ricetta nel rapporto presentato a Bruxelles. E tutti si rendono conto che il sistema dell’Unione è inadeguato. L’attuale modello regolatorio e burocratico riduce la competitività del Vecchio Continente e ne rallenta la crescita, tanto da produrre costi che sono superiori a quelli imposti dai (possibili) dazi americani”.
In molti settori strategici, continua Verderami, “sarebbe necessaria una svolta. Nel comparto energetico è in ritardo il piano comune europeo per mettere al sicuro gli stati e per ridurre le spese delle imprese e dei cittadini. Nel settore della Difesa non c’è interoperabilità tra gli armamenti delle singole nazioni, mentre in questo campo si dovrebbe agire come un unico Paese. Sono poi note le falle nella cybersecurity. E sul terreno dell’innovazione c’è un enorme divario con gli Stati Uniti: lì dove — al contrario che in Europa — fioriscono le «aziende unicorno», cioè quelle start up capaci di produrre rapidamente ricchezza per miliardi di dollari pur senza essere quotate in Borsa”. (…) “L’Unione insomma deve capire cosa intende far da grande, «non può più posporre le sue decisioni», disse Draghi già a novembre dello scorso anno”.
Lo stesso ex presidente Bce che lo scorso 18 marzo ribadì i concetti nel corso della sua audizione in Senato alle commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue.
RENZI E BOSCHI: “MANDIAMO DRAGHI A TRATTARE, IL PIÙ BRAVO”
L’idea di Draghi mediatore ha spaccato il fronte nazionale, raccogliendo elogi, ironie e dure repliche da quasi tutti gli schieramenti. Ad aprire il fronte, il leader di Italia Viva. “Sono tempi difficili. L’Unione Europea deve iniziare a parlare con una voce sola. Serve un inviato speciale per la trattativa con Trump. Un leader autorevole, credibile, forte. Bruxelles deve chiedere a Mario Draghi di trattare con Trump a nome di tutta Europa”, ha scritto Renzi sui social. A rafforzare la proposta, anche Maria Elena Boschi, che dal palco del convegno L’Europa federale fondamento della pace, ha ribadito: “Con Renzi stamane abbiamo fatto una proposta, molto concreta e seria: dal momento in cui a trattare con Trump deve andare l’Ue, mandiamoci il più bravo: Mario Draghi”.
TAJANI: “NON ABBIAMO BISOGNO DI INVIATI SPECIALI”
Dura la replica del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Noi per parlare con gli Stati Uniti non abbiamo bisogno di inviati speciali: c’è il presidente del Consiglio, c’è il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, non abbiamo bisogno di inviati speciali per surrogare il lavoro del presidente del Consiglio”.
Tajani ha poi rivendicato l’autorevolezza dell’esecutivo: “Parla il presidente del Consiglio, credo che abbia una credibilità internazionale molto forte costruita in questi due anni e mezzo. Io ho messo a disposizione oltre 30 anni di esperienza da presidente del Parlamento europeo, due volte vicepresidente della Commissione europea: una qualche esperienza internazionale ce l’ho e credo di poterla mettere al servizio dell’Italia”.
Infine, non è mancata una stoccata al mittente della proposta: “Io ho grande rispetto per Mario Draghi, che stimo moltissimo. È stato presidente del Consiglio, ma non credo che né Draghi né altri…, è una questione di principio: chi tratta con i governi è il presidente del Consiglio, è il governo, non devono esserci altre persone. Siamo tutti quanti grandi e vaccinati. Ma credo che siano anche boutade un po’ provocatorie di chi non ha altro da dire”.
SALVINI: “DRAGHI? ABBIAMO GIÀ DATO”
Sulla stessa linea anche il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini, che ha liquidato così la proposta: “L’ex premier Mario Draghi come mediatore tra l’Europa e l’America? Abbiamo già dato”. E, tornando sul merito dei dazi, ha aggiunto: “Sicuramente Trump non è un matto. Se vuole ridurre il disavanzo commerciale che gli Stati Uniti hanno soprattutto nei confronti della Cina, dal suo punto di vista, che faccia l’interesse degli imprenditori e dei lavoratori americani, è fin banale”. Il problema, secondo Salvini, è piuttosto “l’Europa che in questi anni non ha fatto l’interesse dei lavoratori e degli imprenditori europei”.
BONELLI: “DRAGHI? MA PER TRATTARE COSA?”
Tra le voci più critiche verso la linea del governo e la proposta renziana si distingue quella di Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra. “Il vero tema non è “chi” tratta, ma “che cosa”. “Noi siamo per tutelare le regole e il Green Deal, non per svenderli in cambio di gas e carni piene di ormoni”. E ancora: “Tra Trump e Meloni, al di là dei dazi, esiste una strategia comune che si muove su quattro assi fondamentali: l’indebolimento delle normative europee, lo smantellamento del Green Deal, l’acquisto di gas e armi americani, e un attacco diretto all’unità dell’Unione Europea”.
L’idea di Draghi mediatore quindi, più che un passo verso la coesione europea, sembra per ora soltanto una boutade tutta italiana che non fa altro che alimentare nuove fratture interne.