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ascensore sociale

Ascensore sociale addio?

Ascensore sociale bloccato per 7 italiani su 10: cresce la percezione delle disuguaglianze. Report di Legacoop insieme a Ipsos

In Italia l’ascensore sociale si è inceppato. Solo tre cittadini su dieci credono che i propri figli potranno migliorare la loro condizione sociale rispetto a quella di origine. È il dato più allarmante che emerge dal nuovo Report FragilItalia “Disuguaglianze sociali e ascensore sociale”, realizzato da Legacoop insieme a Ipsos. La fotografia restituisce un’Italia polarizzata, dove le fratture sociali si accentuano e la mobilità sociale sembra sempre più un miraggio. Il 60% degli italiani si colloca nella parte bassa della piramide sociale e quasi uno su cinque (18%) si definisce parte del “ceto fragile”, ovvero coloro che faticano ad arrivare a fine mese.

LE DISUGUAGLIANZE CAMBIANO VOLTO

Secondo il report, rispetto al 2022 cambia anche la percezione delle disuguaglianze. Calano leggermente quelle legate all’aumento della povertà (57%, -4 punti), alla precarietà lavorativa (45%, -3) e alla mancanza di opportunità per i giovani (44%, -10). Al contrario, crescono le preoccupazioni per l’accesso ai servizi sanitari di qualità, indicato dal 41% degli intervistati (+9 punti), per le difficoltà abitative (+8 punti, al 26%) e per le discriminazioni di genere (+1, al 30%). Il messaggio è chiaro: il problema non è solo il reddito, ma l’accesso equo ai diritti fondamentali.

Il sentimento diffuso di diseguaglianza si accompagna a un’acuta percezione delle fratture sociali. In cima alla lista delle divisioni avvertite dagli italiani c’è quella tra ricchi e poveri (66%, +5 punti), seguita da quella tra “onesti e furbetti” (62%) e dal divario tra popolo ed élite (59%). Anche le distanze tra lavoro stabile e precario, tra italiani e immigrati, tra chi paga le tasse e chi è libero da obblighi fiscali si fanno sentire con forza, tutte attorno al 49-46%. Cresce anche la percezione del conflitto tra il diritto alla salute e le imposizioni sanitarie (42%, +6).

CRESCE IL SENSO DI “DECLINO” NEL CETO MEDIO

Il ceto medio, un tempo motore di mobilità e stabilità, oggi si frammenta: se il 34% si definisce “ceto medio stabile” (in aumento di 7 punti), il 34% si sente invece parte di un “ceto medio in declino”, in calo di 5 punti. Preoccupa soprattutto l’aumento di chi si percepisce in caduta libera: il 7% si definisce parte della “lower class”, chi ha meno del necessario per vivere, mentre cresce la fascia del ceto fragile (18%). All’interno di quest’ultimo gruppo, è fortemente aumentata – di ben 15 punti – la percentuale di chi ritiene che i figli finiranno in una posizione sociale peggiore rispetto alla propria.

Per Simone Gamberini, presidente di Legacoop, i dati delineano un quadro preoccupante: “Emergono con chiarezza i segni di una società polarizzata e immobilizzata, in cui cresce il divario e si spegne la speranza di un miglioramento futuro, soprattutto tra le fasce più popolari”. Di fronte a questa situazione, Gamberini lancia un appello: “È tempo di approvare un piano nazionale per l’economia sociale. Serve una risposta strutturale, capace di restituire fiducia e prospettive alle famiglie italiane, soprattutto alle nuove generazioni”.

 

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