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Payback

Allarme payback: chi sono le associazioni firmatarie della lettera al Governo

Le associazioni del comparto dei dispositivi medici scrivono ai ministri competenti e al presidente Fedriga: necessaria convocazione urgente del tavolo tecnico sul payback

Le principali associazioni del settore dei dispositivi medici hanno inviato una comunicazione ufficiale ai ministri della Salute, delle Imprese e del Made in Italy, dell’Economia e Finanze, nonché alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. In questa lettera, le associazioni richiedono con urgenza la convocazione di un tavolo tecnico per affrontare la questione del payback dei dispositivi medici. Il settore, già fortemente in difficoltà, rischia di subire ulteriori gravi conseguenze senza soluzioni immediate e condivise.

QUANTI SONO I POSTI DI LAVORO A RISCHIO A CAUSA DEL PAYBACK

Con il confronto avviato sulla legge di bilancio, l’intervento del Governo è considerato fondamentale per evitare il collasso dell’industria medtech italiana, che potrebbe portare alla chiusura di oltre il 70% delle aziende e alla perdita di più di 100.000 posti di lavoro. Oltre alla crisi occupazionale, verrebbe compromessa anche l’offerta di tecnologie sanitarie essenziali per il Servizio sanitario nazionale. Le associazioni sottolineano che un’azione tempestiva non può essere rimandata oltre la prima metà di novembre e ribadiscono la loro disponibilità a collaborare con il Governo per trovare soluzioni che salvaguardino il settore e i cittadini italiani.

CHI SONO LE ASSOCIAZIONI FIRMATARIE

I firmatari della lettera includono i rappresentanti delle principali associazioni del settore: Grazia Guida per Aforp, Michele Colaci per Confapi Salute Università Ricerca, Massimo Pulin per Confimi Industria Sanità, Nicola Barni per Confindustria Dispositivi Medici, Cristiana Cori e Giorgio Sandrolini Cortesi per Coordinamento Filiera, Sveva Belviso per FIFO Confcommercio e Gennaro Broya de Lucia per PMI Sanità.

COS’È IL PAYBACK

Il meccanismo del payback, nel contesto della sanità e della fornitura di dispositivi medici, è uno strumento legislativo volto a controllare e razionalizzare la spesa pubblica. Introdotto dal legislatore italiano con il D.L. 78/2015 e successivamente modificato, il payback impone alle aziende che forniscono dispositivi medici al Ssn di restituire il 50% delle spese che eccedono il tetto di spesa stabilito per ogni Regione. Questa misura si applica agli acquisti di dispositivi effettuati dalle Regioni in seguito a gare pubbliche.

Le aziende del settore sono quindi tenute a contribuire al ripianamento delle eccedenze di spesa regionali, secondo quanto stabilito dall’articolo 9 ter del decreto legge citato. Tale meccanismo è stato introdotto per garantire una maggiore sostenibilità finanziaria del sistema sanitario, obbligando i fornitori a condividere gli oneri derivanti dal superamento dei budget regionali.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Negli ultimi anni, il Ministero della Salute, in concerto con il Mef, ha certificato che in diversi esercizi finanziari, compresi quelli tra il 2015 e il 2018, le spese per i dispositivi medici hanno superato i limiti stabiliti. Questo ha comportato per le aziende del settore l’obbligo di rimborsare le somme dovute. Nel 2022, con il DM del 6 luglio, il Governo ha ulteriormente regolamentato questo processo, confermando i superamenti di spesa e richiedendo alle Regioni di procedere alla verifica e all’emissione dei provvedimenti di recupero delle somme.

Nonostante l’obiettivo di garantire una maggiore sostenibilità economica, il meccanismo del payback sta mettendo a rischio la sopravvivenza di molte aziende, in particolare le Pmi italiane, che si trovano a dover restituire somme significative. La crisi è ulteriormente aggravata dal contesto economico attuale, rendendo urgente la richiesta di un tavolo tecnico con il Governo.

LE CONSEGUENZE SULLE AZIENDE E SUL SISTEMA SANITARIO, SECONDO LE ASSOCIAZIONI

Per le associazioni del settore, quindi, senza una revisione del sistema di payback nella prossima legge di bilancio, il 70% delle aziende che operano nel comparto dei dispositivi medici rischia la chiusura. Questo comporterebbe non solo la perdita di oltre 100mila posti di lavoro, ma anche una grave riduzione dell’offerta di tecnologie sanitarie, compromettendo l’efficienza del Ssn. Le grandi multinazionali inoltre, è l’altro grande tema sollevato dalle associazioni, potrebbero abbandonare il mercato italiano, mentre le piccole e medie imprese italiane, già sotto pressione finanziaria, non sarebbero in grado di sopravvivere. Di fronte a questo scenario, le associazioni richiedono un intervento immediato per garantire la sostenibilità del settore e salvaguardare l’occupazione e la qualità delle cure offerte ai pazienti italiani.

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