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Reddito di cittadinanza, così cambia per ordine di Draghi. I 5S incassano

Il reddito di cittadinanza resta, ma prende solo 1 miliardo all’anno, quando ne servono nove e Draghi chiede altri cambiamenti. La supplica di Conte: “Non chiederci più di così o ci sfasciamo”

Sul reddito di cittadinanza il presidente del Consiglio, Mario Draghi, lascia trapelare un po’ di quell’autoritarismo che lo contraddistingue e che lo fa temere anche all’interno del governo: “Condivido – dice in conferenza stampa – il principio del reddito di cittadinanza, ma bisogna che abbia un’applicazione che sia esente da abusi e non sia d’intralcio al funzionamento del mercato del lavoro”. Condivido, appunto. Non “questo governo condivide”. Prima persona: al reddito di cittadinanza è concesso di restare perché a Draghi piace.

E sul reddito di cittadinanza ieri si è consumato l’ennesimo psicodramma pentastellato, tra ministri che urlavano e minacciavano di abbandonare il CdM e due irrituali mosse compiute da Giuseppe Conte che, pare, abbiano indispettito e non poco l’attuale premier. La prima è stata una telefonata di Conte (che veniva avvisato in tempo reale da WhatsApp di Patuanelli e Di Maio) a Draghi nel bel mezzo del Consiglio dei ministri, che ha costretto il governo a una pausa, pare “sotto i dieci minuti”. Una supplica, nella quale l’avvocato del popolo avrebbe difeso, più che i percettori della misura, anzitutto la sua leadership, dicendo apertamente a chi lo ha sostituito che fatica ogni giorno di più a tenere l’ala dei non governisti e, così facendo, si rischia di spaccare il Movimento 5 Stelle.

I più agguerriti sarebbero, ancora una volta, i ministri trombati, quelli che hanno assaggiato il potere ma ritengono di averlo perso troppo rapidamente: da Danilo Toninelli, che ce l’ha ancora con Conte per non essere stato riconfermato nell’esperienza bis, quella giallorossa, a Barbara Lezzi, passando per Lucia Azzolina. Tutti loro si sentono capri espiatori, puniti ingiustamente per le loro gaffe quando gli errori principali li avrebbe commessi proprio Conte.

La seconda mossa irrituale compiuta da Conte è il post che l’ex premier condivide nel bel pieno del Consiglio dei ministri. Quello però Draghi lo scoprirà solo a sera inoltrata, finita la conferenza stampa e, pare, non gli abbia dato granché importanza, non comprendendo troppo il protagonismo social dei politici.

Dopo il centrodestra che si spacca sulle amministrative e la Lega costretta a dire addio a Quota 100, il PD che si frantuma sul ddl Zan, è il turno del M5S pagare tributo per essere al governo Draghi. Ma queste ennesime fibrillazioni arrivano in un momento in cui il partito è già debolissimo e almeno una 40ina di esponenti sarebbero pronti a fare i bagagli. La legislatura difficilmente sarà a rischio, anche perché in molti pensano a maturare i contributi pensionistici, avendo la certezza che non saranno rieletti, specie dopo il dimagrimento dei parlamentari che gli stessi 5Stelle hanno voluto e ottenuto e che diverrà effettivo la prossima legislatura.

Al termine dello show e dello scontro tra pentastellati, forzisti e leghisti il Reddito di cittadinanza comunque resta, anche grazie alle mediazioni di Draghi: sarà però da ridisegnare, aspetto che il governo rinvia a nuove occasioni. Al momento viene finanziato con un ulteriore miliardo di euro ogni anno,  cifra irrisoria dal momento che, attualmente, ne servono 9. Saranno poi rafforzati i controlli e introdotti correttivi alle modalità di corresponsione, che prevedono una revisione della disciplina delle offerte di lavoro congrue, un decalage del beneficio mensile per i soggetti occupabili, sgravi contributivi per le imprese che assumono i percettori del reddito e benefici fiscali per gli intermediari. Le modalità però sono ancora da definire e per i 5 Stelle potrebbe essere un nuovo vertice di maggioranza di passione…

 

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