Reazioni e commenti nel mondo della finanza alle parole della premier Meloni sul ddl Capitali e le liste dei cda. Gli addetti ai lavori volgono lo sguardo verso Caltagirone e Mediobanca
Il ddl Capitali serve a «limitare il meccanismo attraverso il quale, in alcuni casi, si perpetuano all’infinito i cda, a prescindere dai soci». Sono parole della premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa di inizio anno, che sono piombate ieri nella city milanese. Il riferimento è alla riforma del Tuf (il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) contenuta nel ddl Capitali e, in particolare, sulle nuove regole relative alla lista del cda.
DALLA PREMIER ASSIST A CALTAGIRONE?
“Un assist della presidente del Consiglio a favore di Francesco Gaetano Caltagirone e un intervento neanche tanto velato sulla contesa per gli assetti di controllo di Generali e Mediobanca” è questa la lettura che è stata data negli ambienti finanziari secondo il quotidiano economico Milano Finanza, che oggi titolava ‘La premier contro Mediobanca’.
Per l’agenzia di stampa Radiocor del Sole24Ore “al netto dei corsi azionari, le parole della presidente del Consiglio riportano a uno dei dibattiti che ha segnato l’ultimo biennio dei mercati finanziari italiani: i rinnovi dei vertici di molte public company, sospesi tra la lista presentata dai board uscenti (come Mediobanca e, appunto, Generali, a loro volta intrecciate) e quella degli azionisti privati di peso che, in alcuni casi, provano a far valere le proprie istanze anche in virtù degli ingenti capitali investiti.
Ed è stato proprio questo il caso di Generali che non sfiorava in Borsa il tetto dei 20 euro da settembre scorso e, prima di allora, proprio da aprile 2022, cioè da quando i soci, anche in virtù dei risultati ottenuti, riconfermarono come ceo Philippe Donnet dopo mesi di scontri, segnati – appunto – dalla dialettica tra la lista del cda uscente (sostenuta da Mediobanca, De Agostini e fondi esteri, poi risultata vincitrice) e quella del grande oppositore Francesco Gaetano Caltagirone, per la quale votarono Leonardo Del Vecchio, Fondazione Crt e i Benetton. Una battaglia che aveva riacceso anche l’appeal speculativo sul titolo”.
IL DDL CAPITALI, COSA PREVEDE LA RIFORMA
La misura per il rinnovo dei cda – ricorda MF – è una delle più contrastate del ddl in approvazione al Senato, per poi passare alla Camera. L’obiettivo è disincentivare il ricorso alle liste del consiglio e rafforzare le minoranze, anche se in modo meno radicale rispetto alle versioni iniziali della riforma. Prevede che la lista del board sia proposta con il voto favorevole di due terzi dei consiglieri. Non solo: prevede che la lista dovrà contenere un numero di candidati superiore di un terzo a quello dei consiglieri da eleggere. Al Senato e soprattutto nel mondo degli operatori e delle istituzioni finanziarie la misura è stata oggetto di un acceso dibattito.
Se approvata, la norma avrà effetto a partire dal 2025 e il primo banco di prova saranno proprio le Generali, dove nel 2022 Donnet è stato confermato dopo un aspro scontro tra la lista del cda appoggiata da Mediobanca (primo socio del Leone al 13,1%) e la lista presentata da Caltagirone. Gli effetti del ddl Capitali – continua il quotidiano economico – potrebbero anche essere più ampi nella Galassia del Nord. In Mediobanca, per esempio, Delfin e Caltagirone potrebbero convocare l’assemblea per rieleggere il cda con le nuove regole. Se così fosse, il ribaltone cercato nei mesi scorsi dai due azionisti sarebbe solo rimandato.
LE REAZIONI DEI MERCATI
E’ bastato un semplice accenno, seppur indiretto, a una norma «che rafforza il peso degli azionisti» – spiega Radiocor – per riaccendere, tra gli altri, il titolo della compagnia Generali, che ieri a Piazza Affari ha subito guadagnato il 2,2%, salvo poi essere colpito dai realizzi nella seduta odierna (-0,7%), restando comunque vicino alla soglia simbolica dei 20 euro.
Per Milano Finanza però sul mercato non tutti la pensano così: “il ceo delle Generali, Philippe Donnet, per esempio ritiene che la normativa al vaglio del Parlamento potrebbe rendere ingovernabili le grandi società quotate”. “Finora le leste alternative a quella del cda non hanno riscosso grande consenso sul mercato. Lo dimostrano le recenti assemblee di Generali e di Mediobanca. Nel 2022 la lista del cda che confermava Donnet è stata sostenuta da quasi il 40% del capitale contro il 29,4% schieratosi per la lista alternativa di Franceseo Gaetano Caltagirone. In quell’occasione l’imprenditore romano ha potuto contare sull’appoggio di Delfin, Benetton, Fondazione Crt e Cassa Forense mentre il contributo degli investitori istituzionali, il famoso “mercato”, è scaso marginale (circa il 3%), insufficiente a colmare il divario con la lista del cda”.