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I veti e lo strabismo di Calenda

Sembra già svanito il clima da campo largo sperimentato con successo in Sardegna. Che succede tra Conte, Pd e il leader di Azione Carlo Calenda?

A che gioco sta giocando Carlo Calenda? Vale la pena chiederselo perché il leader di Azione da un lato lamenta l’esclusione dalla coalizione in Basilicata (dove si voterà per il rinnovo della presidenza regionale il 21 e 22 aprile), dall’altro ostacola la formazione di un polo unitario alle europee in chiave anti-Renzi. Insomma, un gioco di veti a cui partecipano tutti.

CONTE VS CALENDA: LA ROTTURA PER LA BASILICATA

Partiamo dalla patata bollente Basilicata. Qui, si è consumata l’ennesima rottura interna tra Pd, M5S e anche Azione sulla scelta del candidato da opporre al presidente uscente Vito Bardi (Forza Italia). Dopo il flop su Angelo Chiorazzo, voluto da Roberto Speranza, Schlein e Conte hanno indicato un anonimo oculista, Domenico Lacerenza. Problema? Non aver notificato il tutto a Carlo Calenda. Che già guarda a Maurizio Pittella, già governatore lucano.

Ciò ha inevitabilmente (ri)creato scossoni interni anche allo stesso Partito Democratico, dilaniato tra massimalisti pro-alleanza con Giuseppe Conte (spesso tradottasi, però, in accettazione dei diktat dell’ex premier grillino) e riformisti più sensibili alle necessità di un progetto liberale oltre che socialdemocratico.

Parlando con Maria Teresa Meli del Corriere della Sera, Calenda spiega oggi che “da molto tempo è in atto un tentativo da parte di Giuseppe Conte di comandare nel campo cosiddetto progressista”. Intanto, per la Basilicata non chiude, anzi, a Pittella. Mentre quello provocato da Pd e M5s è “un quadro da dilettanti allo sbaraglio”. In sintesi, “se la linea del Partito democratico è quella di lasciare a Conte le decisioni su ogni coalizione, questo per Azione è inaccettabile”. In tutto ciò, a goderne e beneficiarne è il centrodestra.

CHE SUCCEDE TRA AZIONE, +EUROPA E ITALIA VIVA?

Sul fronte delle elezioni europee di giugno, però, come segnalato in apertura il problema Calenda si rovescia. Nel senso che in questo contesto a porre i veti, e non a subirli, è proprio lui.

Da un lato, infatti, c’è Emma Bonino che torna a spingere sul progetto degli Stati Uniti d’Europa. L’ok è arrivato da Italia Viva di Matteo Renzi, i socialisti, i liberaldemocratici di Andrea Marcucci e Volt. E Calenda? Appunto. Ha detto no proprio per la presenza dell’ex premier toscano. “Lui è convinto che Azione debba andare da sola ma noi fino all’ultimo lo aspettiamo”, dice Benedetto Della Vedova di +Europa.  Il cantiere, anche quello del fantomatico Centro, resta aperto.

COMMENTI E SCENARI

Mario Ajello sul Messaggero di oggi, tornando sulla vicenda lucana, commenta che quello del centrosinistra è un flop continuo che si trascina dal ko subito in Abruzzo. Da queste macerie, il centrodestra può dormire sonni tranquilli perché Da Azione al Pd con il M5S in mezzo, quella del campo largo più che un’alleanza è una comitiva litigiosa. Per Ajello, un anno zero o quasi per gli anti-Meloni.

Per il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, Calenda “è un grande”. L’ironia si riferisce al fatto che – da ultimo – “dice peste e corna di Meloni, Schlein e Renzi che si candidano alle Europee, ma ora fa capire che si candida pure lui perché lo fanno gli altri. In Basilicata cede Azione in franchising alla famiglia Pittella e si dice pronto a sostenere la destra di Bardi”. Per Travaglio, insomma, Calenda “ci teneva a essere invitato al tavolo [della Basilicata] per farlo saltare”. Un gioco al quale tutti gli attori del centrosinistra sembrano primeggiare.

– Leggi anche: Basilicata, chi è Domenico Lacerenza (e cosa c’è dietro la ‘benedizione’ di Chiorazzo)

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