Ecco i rischi di un mancato accordo sulla Brexit per il trasporto aereo. L’articolo di Alfredo Roma per Affarinternazionali
Sono trascorsi due anni e mezzo dal referendum che ha espresso la volontà del popolo britannico di uscire dall’Unione europea e, a 75 giorni dalla data in cui tale separazione avrà effetto, l’unico piano concordato dal governo di Londra con la Commissione europea e i 27 dell’Ue è stato rigettato dalla Camera dei Comuni. Se non vi sarà un nuovo accordo o una dilazione in base all’articolo 50 del Trattato di Lisbona, in molti settori si registrerà un caos operativo con enormi danni finanziari e umani. Uno di questi settori è il trasporto aereo. Fin dall’esito del referendum, gli operatori del trasporto aereo avevano fatto presente gli enormi problemi che si sarebbero presentati nel caso in cui l’uscita dall’Ue non fosse preceduta da un chiaro accordo tra le parti in questione.
UNA CONSEGUENZA DELLA BREXIT SPESSO TRASCURATA: GLI EFFETTI SUL TRASPORTO AEREO
Senza un accordo tra Londra e l’Ue, il 29 marzo prossimo il Regno Unito diventerà un Paese extra-comunitario. I voli tra Paesi dell’Ue e Paesi extra-comunitari sono regolati da accordi bilaterali di traffico (Air Service Agreements) che designano una o più compagnie aeree autorizzate a effettuare i voli tra i due Paesi. Ultimamente l’Ue ha negoziato accordi bilaterali di traffico con Paesi extracomunitari a nome di tutti vettori dell’Unione.
Questi accordi coprono anche numerose questioni normative, come protezione dei consumatori, salvaguardia dell’ambiente, concorrenza e sicurezza. I vettori del Regno Unito beneficiano attualmente dei diritti di traffico con questi Paesi terzi, principalmente in virtù dei citati accordi aerei dell’Ue e non grazie ad accordi bilaterali stipulati dal Regno Unito stesso. Di fatto, lasciando l’Unione europea, il Regno Unito dovrà negoziare nuovi accordi bilaterali con Stati Uniti, Canada, Brasile e, in virtù di un accordo euro-mediterraneo, con numerosi altri Paesi, tra cui Marocco, Israele, Giordania, Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Georgia.
Inoltre, a causa della Brexit, le compagnie aeree britanniche non beneficeranno delle disposizioni dell’articolo 5 del regolamento (Ce) n. 847/2004 sul negoziato e l’attuazione di accordi sui servizi aerei tra Stati membri e Paesi terzi, che prevede che le compagnie aeree comunitarie possano essere designate come beneficiarie di nuovi accordi di servizio aereo con Paesi non Ue. Inoltre, le compagnie aeree del Regno Unito non saranno autorizzate a prendere parte alla distribuzione dei diritti di traffico tra i vettori aerei comunitari.
TRASPORTO AEREO E BREXIT: GLI ASPETTI GIURIDICI
Un importante elemento da considerare è la nazionalità delle compagnie aeree. Per operare nell’Unione europea occorre che la maggioranza del capitale della compagnia aerea, o il suo controllo effettivo, sia nelle mani di cittadini o enti con sede in uno Stato dell’Unione (Articolo 4 del Regolamento Comunitario 1008/2008). Solo a queste condizioni viene rilasciata la licenza di operatore aereo comunitario.
Se dunque non vi sarà accordo tra Regno Unito e Ue, i vettori aerei le cui azioni sono possedute da cittadini o enti britannici, o il cui controllo effettivo è esercitato da cittadini o enti britannici, diventeranno vettori extracomunitari e non potranno più volare né tra la Gran Bretagna e i Paesi membri dell’Unione europea, né tra due aeroporti comunitari.
Per contro, le direttive europee recepite nel diritto britannico continueranno ad applicarsi. Ad esempio, la direttiva sui diritti aeroportuali è stata recepita nel diritto del Regno Unito nel 2011 e continua ad applicarsi, imponendo ad alcuni aeroporti di garantire che le tariffe pagate dalle compagnie aeree non siano applicate in modo discriminatorio. Anche gli standard tecnici dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) sono – e rimarranno – fondamentali in relazione alla maggior parte degli aspetti della regolamentazione della sicurezza, comprese progettazione e produzione di aeromobili, il loro funzionamento e la licenza dell’equipaggio di condotta. Questo è il motivo per cui, come parte di un accordo di servizio aereo tra il Regno Unito e l’Unione europea, Londra probabilmente sarebbe tenuta a continuare ad applicare i regolamenti dell’Easa.
IL LATO ECONOMICO: UNA BATOSTA PER LE COMPAGNIE LOW-COST
2016, 125 milioni di passeggeri hanno volato tra l’Europa e la Gran Bretagna ed è noto come i collegamenti aereo siano fondamentali per l’attività economica. Anche la Iata, l’associazione mondiale delle compagnie aeree, ha immediatamente attirato l’attenzione sui pericoli che corre il trasporto aereo europeo a seguito di una hard Brexit. Non è difficile immaginare il caos e gli enormi danni economici che si produrrebbero senza accordi, senza considerare gli aspetti umani di un blocco dei trasferimenti aerei.
Michael O’Leary, presidente di Ryanair, aveva ben chiaro questo scenario e, alcuni giorni prima del referendum, aveva indicato cinque ragioni per votare a favore del ‘remain’. Ryanair, compagnia irlandese, potrà continuare a operare nell’Unione europea, mentre potrebbe perdere i numerosi collegamenti che opera all’interno della Gran Bretagna.
La più colpita sarebbe Easy Jet, che nel 2016 ha trasportato in Europa 73 milioni di passeggeri– di cui 16 milioni solo in Italia – raggiungendo 136 aeroporti con 735 collegamenti. Infatti, da tempo ha annunciato di voler spostare la sua sede legale all’interno dell’Ue. Per British Airways la situazione appare diversa, perché è posseduta al 100% da International Airlines Group (Iag), società holding registrata a Madrid che controlla anche Iberia, Vueling ed Air Lingus.
IL TRASPORTO AEREO POST-BREXIT: POSSIBILI SOLUZIONI
Se Londra uscirà dall’Ue senza accordi, per operare nuovamente i collegamenti aerei tra gli aeroporti del Regno Unito e quelli dell’Unione Europea ci possono essere tre soluzioni. La prima è la firma di nuovi accordi bilaterali di traffico tra la Gran Bretagna e i singoli Stato membro oppure con tutta l’Ue, ma questo richiederebbe alcuni anni e non risolverebbe il problema. La seconda sarebbe un accordo simile a quello in essere tra l’Unione europea e la Svizzera, concluso nel 1999 ed entrato in vigore il 1 giugno 2002, che in pratica considera la Svizzera, ai fini aeronautici, un Paese comunitario.
Una terza via potrebbe essere quella di un accordo di open sky tra l’Unione europea e il Regno Unito, come quello firmato con gli Stati Uniti il 30 aprile 2007. Questo accordo permette a tutte le compagnie aeree dell’Unione e a tutte le compagnie aeree con sede negli Usa di effettuare collegamenti tra gli aeroporti dell’Ue e quelli americani e viceversa. Tuttavia, questo accordo prevede limitazioni, soprattutto per le compagnie low-cost che fanno collegamenti all’interno di uno stesso Paese dell’Unione europea.
Dal 1992, data dei primi regolamenti comunitari per la liberalizzazione del trasporto aereo, la Commissione europea è sempre stata molto attiva nel favorire lo sviluppo di questo settore in Europa. Per esempio, nel 2006 ha firmato un accordo multilaterale (Ecaa) con diversi Paesi europei, tra cui la Norvegia, per l’istituzione di uno spazio aereo comune.
Come si può vedere, gli strumenti per superare le conseguenze della Brexit sul trasporto aereo ci sono, e per l’interesse dell’Europa intera la soluzione dovrà essere trovata. Ma il tempo ormai stringe e i pericoli di un’uscita senza accordi appaiono sempre più concreti.