Skip to content

sanità

Qual è la verità sui (presunti) tagli alla sanità? Ecco il confronto

Dati e polemiche sulla sanità e la spesa sanitaria in vista della manovra economica. Cosa prevede la Nadef e quali erano le previsioni dell’allora ministro Speranza 

Durante i lunghi mesi della pandemia la sanità e la spesa sanitaria erano divenute priorità. In quei primi mesi del 2020 a finire sulla graticola, mediatica e non solo, erano stati i tagli imposti alla sanità che avevano lasciato il nostro paese impreparato davanti alla sfida della pandemia. Lo scorso maggio l’OMS ha dichiarato la fine della pandemia di coronavirus che ha sconvolto vite ed economie in tutto il mondo e che ha ucciso almeno 7 milioni di persone. La guerra e l’inflazione hanno imposto una rimodulazione delle voci di spesa della legge di bilancio, così a soffrire è proprio la spesa sanitaria.

NADEF, IL CONFRONTO TRA I GOVERNI DRAGHI E MELONI

La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) 2023 prevede che – rispetto al 2022 – la spesa sanitaria aumenta del 2,8%, in termini assoluti di € 3.631 milioni, ma si riduce dal 6,7% al 6,6% in termini di percentuale di PIL. Nel 2023 la Nadef stima la crescita media della spesa sanitaria all’1,1% ma il rapporto tra spesa sanitaria e PIL passa dal 6,6% del 2023 al 6,2% nel 2024 e nel 2025, e scende ancora più giù al 6,1% nel 2026. In termini nominali al 2023, la spesa sanitaria nel 2024 scende a € 132,9 miliardi (-1,3%), per poi risalire nel 2025 a € 136,7 miliardi (+2,8%) e a € 138,9 miliardi (+1,7%) nel 2026.

Per Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe “i numeri della Nadef 2023 certificano che, in linea con i Governi degli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta affatto una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo”. Insomma, nulla di nuovo sotto il cielo.

E cosa prevedeva l’ultima Nadef del governo Draghi con Roberto Speranza ministro della Salute?  La proiezione tendenziale della spesa sanitaria era 131,7 miliardi nel 2023 (6,7 per cento del Pil), 128,7 miliardi nel 2024 (6,2 per cento) e 129,4 miliardi nel 2025 (6,1 per cento). Lo ricorda oggi sul Foglio Luciano Capone: “C’è insomma, con il governo Meloni, già a legislazione vigente una proiezione di spesa sanitaria di circa 14 miliardi in più sul triennio”-

MELONI: “SPENDERE MEGLIO, NON BASTA SPENDERE DI PIÙ”

Dal canto suo la premier Meloni difende le scelte del suo governo, ricordando le ristrettezze in cui versano i conti pubblici italiani. “I margini di manovra sono limitati anche a causa dell’eredità di una politica che ha un orizzonte troppo breve – ha detto la Premier dal Festival delle Regioni a Torino -. Non rinunceremo ad occuparci di salute, con le risorse per il personale sanitario e per abbattere le liste di attesa. Bisogna lavorare passo dopo passo, il vantaggio che abbiamo è l’orizzonte di una legislatura, non si può fare tutto e subito ma si possono cadenzare gli interventi. Un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti”. È miope, secondo la Premier, una discussione concentrata tutta sulle risorse perché serve capire “come le risorse vengono spese” e “non basta necessariamente spendere di più” se poi le risorse vengono spese in modo inefficiente.

Come ricorda sempre Capone sul Foglio, con la Nadef il governo ha alzato il deficit programmatico per il 2024 dal 3,6 al 4,3 per cento, ricavando uno spazio fiscale per la manovra economica di circa 14 miliardi. “Bisognerà vedere quante di queste risorse saranno destinate alla sanità, se si arriverà ai 4 miliardi richiesti dal ministro della Salute Schillaci”.

LA SOFFERENZA DELLE STRUTTURE REGIONALI

I dati sulla Nadef si intrecciano con quelli della sanità regionale. Secondo una elaborazione della Corte dei Conti quindici Regioni hanno i conti in rosso nel 2022 e sette, di cui cinque al Sud, non raggiungono la sufficienza rispetto all’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero le cure e le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale garantisce ai cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket. Solo Lombardia, Veneto, Umbria, Marche, Campania e Calabria registrano bilanci ancora in attivo, ma 15 Regioni hanno i conti in rosso. In totale, le perdite sono aumentate negli anni passando da 800 milioni complessivi nel 2020 ad un miliardo e 470 milioni nel 2022.

Tra le Regioni in rosso, le situazioni peggiori sono quelle delle Province autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente a -243 e -297 milioni, della Sicilia a -247 e del Lazio, con una perdita di oltre 216 milioni. Rispetto ai Lea, invece, in fondo alla classifica si collocano solo Regioni del Sud con l’eccezione della Val D’Aosta, come evidenzia l’ultimo monitoraggio dei Lea pubblicato dal ministero della Salute. Le Regioni adempienti per i Lea nel 2021 salgono da 11 a 14: Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto. Ma 7 sono classificate come inadempienti: Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano, Sicilia, Sardegna, Calabria e Valle D’Aosta.

LANCET: I PAESI OCCIDENTALI ERANO IMPREPARATI ALLA PANDEMIA

Il passato, quindi, non sembra aver insegnato molto. Uno studio della rivista Lancet, “WHO’s pandemic treaty: promises of equity should be kept”, afferma, senza girarci intorno, che la risposta globale al COVID-19 è stata un fallimento. “Al 21 febbraio 2023, ci sono stati più di 750 milioni di casi e 6,8 milioni di decessi attribuiti a COVID-19 – si legge nello studio -. Nazioni un tempo ritenute ben preparate per le pandemie, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, hanno subito centinaia di migliaia di morti in eccesso. Quando arriverà la prossima pandemia, il mondo dovrà fare di meglio”. I Paesi OCSE hanno risposto alla pandemia aumentando la spesa sanitaria in media dell’1% sul PIL.

Tutti i governi hanno investito ingenti risorse per tracciare il virus, aumentare la capacità del sistema, sviluppare opzioni di trattamento e, infine, distribuire i vaccini alla popolazione. Nel nostro Paese due anni di pandemia ci sono costati circa 19 miliardi di euro. Secondo i dati del report di Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica) circa 11,5 miliardi sono stati impiegati nella spesa sanitaria delle Regioni, 4,3 miliardi nell’acquisto di dispositivi di protezione (DPI), anticorpi monoclonali, fiale remdesivir, gel, siringhe, tamponi, ventilatori, monitor, software, voli, (acquisti direttamente gestiti dalla struttura commissariale dell’emergenza Covid), e, infine 3,2 miliardi di euro per l’acquisto dei vaccini.

ANAAO ASSOMED: MOLTI MEDICI E I DIRIGENTI SANITARI POTREBBERO ANDARE VIA

Non ci stanno i medici rappresentati dall’Anaao Assomed, il sindacato più rappresentativo di medici e dirigenti del SSN. Anaao esprime “forte preoccupazione per l’ennesimo definanziamento della sanità previsto dalla Nadef. (..) “La stima del taglio di 2 miliardi previsto per il 2024 – commenta il segretario nazionale Pierino Di Silverio – appare un chiaro segnale: le richieste avanzate dal Ministro della salute, pressanti e continue, sembra non abbiano scalfito la volontà del Governo. Se le stime dovessero essere confermate nella prossima legge di bilancio attesa entro il mese di ottobre, se non saranno previsti adeguati investimenti, i medici e i dirigenti sanitari se ne andranno”, è l’avvertimento di Di Silverio.

 “Prepariamoci quindi – conclude Di Silverio – perché il privato ormai non è un pericolo ma una realtà: 1 italiano su 3 lo ha già capito, resta farlo capire soprattutto a chi non ha possibilità economiche o vive in regioni disagiate, ma questo sarà compito della politica”.

LA SANITÀ PRIVATA: SU 100 VISITE MEDICHE 40 SONO PRIVATE

E non ha torto il segretario Di Silverio. Secondo l’Osservatorio sui consumi privati in Sanità del Cergas-Bocconi su 100 esami diagnostici 79 sono con il servizio sanitario nazionale (SSN), gli altri 21 a pagamento e su 100 visite mediche 59 sono con il SSN, le altre 41 ricadono nel settore privato. In entrambi i casi solo una minima parte, intorno al 10%, è coperta da un rimborso dell’assicurazione, totale o più spesso parziale.

“La spesa sanitaria privata è, infatti, legata alla capacità di acquisto, ma è anche frutto di una scelta di acquisto tra i vari beni e servizi che compongono il paniere di consumo delle famiglie – si legge nell’Osservatorio -. Da questo punto di vista, è interessante notare come, nonostante i significativi movimenti registrati negli ultimi due anni nelle componenti di consumo delle famiglie italiane, la spesa sanitaria conferma la sua posizione all’interno del paniere. Facendo riferimento ai dati dei Conti Nazionali di ISTAT, la spesa sanitaria delle famiglie residenti e non sul territorio economico, in percentuale della spesa per consumi delle famiglie, rimane stabile nel 2021 al 3,7%, dopo l’incremento registrato tra il 2009 (3,2%) e il 2020 (3,7%)”.

Il problema che va a porsi è quello dell’equità. “La situazione professionale incide profondamente sugli importi, sia in termini assoluti che relativi -si legge, ancora, nell’osservatorio -: le famiglie che hanno come persona di riferimento un operaio spendono circa il 30% in meno rispetto alle famiglie che hanno un dirigente, quadro o impiegato o un imprenditore e libero professionista come persona di riferimento”.

– Leggi anche: A chi fischiano le orecchie dopo le parole del presidente Mattarella

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Torna su