La decisione del Consiglio di Stato: “il decreto appare in particolare gravemente viziato in riferimento all’oggetto del medesimo obbligo di esposizione ossia il “prezzo medio regionale o nazionale” calcolato dal Ministero”, quello delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso
Niente più cartelloni dei prezzi alle stazioni di rifornimento. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato in riferimento al provvedimento voluto da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy.
Tutti i dettagli.
IL CONSIGLIO DI STATO BOCCIA I CARTELLONI DI URSO
Voleva essere un’operazione trasparenza sui prezzi della benzina e del diesel, ma c’è qualcosa che evidentemente non va. Per il Consiglio di Stato non va bene l’articolo 7 del decreto 5 del Mimit guidato da Adolfo Urso, datato 31 marzo 2023 e entrato in vigore da agosto.
La sentenza di oggi, la 1806, boccia i cartelloni con il prezzo medio dei carburanti, pur accogliendo il ricorso in appello proposto dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Tale prescrizione, però – prosegue il Consiglio di Stato -, si presenta come manifestamente irragionevole e sproporzionata”. “Per un verso si impone di rendere conoscibile nei singoli punti vendita una informazione che il consumatore può avere (in forma ben più completa visto che è possibile sapere anche quale distributore applica i prezzi più bassi nella zona di riferimento) collegandosi al sito del ministero ovvero scaricando delle app; per altro verso si addossano i relativi costi informativi unicamente in capo ai distributori imponendo loro degli oneri irragionevoli e sproporzionati rispetto alla limitata utilità che l’informazione relativa al prezzo medio, in sé considerata, può avere”, spiega la sentenza, che per questo definisce l’articolo 7 del decreto “illegittimo”, stabilendo che “deve essere annullato”. Secondo la Corte di Stato, inoltre, l’esposizione di una pluralità di prezzi, come già rilevato dall’Antitrust, “può confondere il consumatore invece di aiutarlo ad assumere la soluzione migliore nel proprio interesse. A ben vedere il tema è davvero complesso”.
LA RISPOSTA DELLE ASSOCIAZIONI
Dalle associazioni è arrivata la pronta reazione alla decisione. “Ingaggiare un ‘braccio di ferro’ con la categoria non determina il risultato atteso. Noi, siamo, come sempre pronti al confronto ma senza l’imposizione di diktat”, hanno detto la Fegica e Figisc. “È una vittoria della categoria che, dopo aver offerto disponibilità e collaborazione a trovare soluzioni compatibili con un’attività – quella svolta dai Gestori- che è stata considerata come ininfluente, si è trovata di fronte a ‘immarcescibili’ chiusura ed alla volontà del Governo e del Ministro Urso, confortato dal suo Ufficio Legislativo, di andare comunque avanti, igorando anche le azioni sindacali promosse da Fegica e Figisc”.
Per il Codacons, invece, “lo stop del Consiglio di Stato al decreto sui cartelli con i prezzi medi dei carburanti non avrà effetti sui consumatori perché la misura, nonostante garantisse maggiore trasparenza ai cittadini, non ha prodotto gli effetti sperati sul fronte del contenimento dei listini alla pompa”. Ricorda l’associazione che “avevamo da subito evidenziato come i cartelli con i prezzi medi della benzina non avrebbero avuto alcuna conseguenza sul fronte della riduzione dei listini alla pompa”, ha dichiarato il presidente, Carlo Rienzi. “Questo ovviamente non significa che il governo non faccia bene ad intervenire sul fronte dei carburanti, ma deve farlo sia con misure più incisive in grado di difendere i consumatori dalle speculazioni, sia riducendo la tassazione che vige su benzina e gasolio. L’esecutivo, soprattutto in vista delle festività e degli esodi legati alle vacanze, deve assolutamente studiare un provvedimento che blocchi i rincari speculativi dei carburanti, che puntualmente si verificano in occasione delle partenze degli italiani”. Per Rienzi, inoltre, “serve poi uno strumento realmente efficace per ridurre automaticamente il peso di Iva e accise quando sale il prezzo industriale di benzina e gasolio, per evitare un’altra forma di speculazione, quella dello Stato, che aumenta le proprie entrate grazie ai rincari dei carburanti”.
Infine, l’Unc (Unione Nazionale Consumatori): secondo Massimiliano Dona, presidente, “nessun danno per i consumatori. L’introduzione del prezzo medio non ha influito in alcun modo sull’andamento dei prezzi, che ha seguito le solite vecchie dinamiche, a cominciare dalla doppia velocità: rialzi immediati non appena si registrano aumenti delle quotazioni internazionali, e ribassi a passo di lumaca in caso contrario”. Per Dona “l’informazione al consumatore è utile quando è perfetta, non quando è distorta e sbagliata, come è quella di accontentarsi di andare a fare il pieno da chiunque ha un prezzo più basso della media regionale, anziché da chi fa i prezzi più bassi ed è meno caro di tutti gli altri. Ci domandiamo, invece, dove sia sparita l’app carburanti prevista dal decreto-legge n. 5 del 14 gennaio 2023, che educherebbe gli automobilisti a fare il pieno nel distributore meno caro della zona. Dopo oltre un anno dalla sua previsione, è sparita dai radar. Quella sì che sarebbe utile”, ha concluso.
C’E’ UN PROBLEMA URSO, SECONDO I DEM
Per il deputato dem Vinicio Peluffo, invece, la questione va indirizzata al ministro: “Urso un dilettante, bocciato anche dal Consiglio di Stato”, dichiara. “Dopo la bocciatura del Tar, adesso anche il Consiglio di Stato affossa definitivamente la proposta del ministro Urso che, auspichiamo, prenda definitivamente atto e ponga fine a questo inutile braccio di ferro che sta facendo perdere tempo e soldi. La proposta di Urso era una presa in giro. Il Governo la smetta con queste proposte che non hanno avuto alcun effetto e si concentri, invece, su soluzioni concrete e strutturali per ridurre il costo della benzina alla pompa”, conclude.
Già a dicembre, un report di Pagella Politica sentenziava che il cartellone con i prezzi medi non era stato certo un successo come invece dipinto dallo stesso ministro Urso. Addirittura l’Agcm parlava di rischi di “effetti negativi, facilitando la convergenza degli operatori su politiche di prezzo sostanzialmente allineate intorno a un comune indicatore di riferimento”.