L’oro è il bene rifugio per eccellenza. Il valore della moneta non è più ancorata al possesso del metallo prezioso ma le banche centrali continuano a conservarlo gelosamente. Dazi, incertezze geopolitiche e il rimescolamento delle alleanze hanno infiammato una nuova corsa all’oro
Il prezzo dell’oro è il barometro dell’incertezza. Stando alle ultime quotazioni del metallo quelli che stiamo vivendo sono tempi molto insicuri. Lunedì ha superato i 3.100 dollari segnando un massimo storico e, come scrive Reuters, “mantenendo il lingotto sulla buona strada per il suo trimestre più forte dal 1986”. Nel solo mese di marzo il rialzo è stato dell’8%, mentre dall’inizio dell’anno l’oro ha guadagnato circa il 18%. Il metallo arrivava già da un rialzo molto forte, di oltre il 27% nel 2024, e per i prossimi mesi le previsioni non cambiano: il metallo prezioso potrebbe arrivare a costare fino a 3.500 dollari l’oncia.
IL PREZZO DELL’ORO SULLA PIAZZA DI WALL STREET
Negli Stati Uniti i future sull’oro negli Stati Uniti sono aumentati dell’1% a 3.147,60 dollari. Le banche d’affari di Wall Street hanno emanato previsioni al rialzo: secondo Goldman Sachs l’oro potrebbe superare i 4.500 dollari entro il 2025. L’aumento del prezzo dell’oro ci fornisce anche un’altra previsione. Secondo gli analisti l’imposizione di dazi e tariffe avrà effetti inflattivi. La corsa all’oro da parte degli investitori rivela il timore che l’inflazione non sarà contrastata in maniera efficace dalle banche centrali.
UNA BUONA NOTIZIA PER I PAESI DELL’ASIA CENTRALE
Questa, come scrive l’Economist, è una buona notizia per i governi che per le compagnie minerarie nei poveri ma ricchi di risorse stati dell’Asia centrale. “Il metallo giallo rappresenta la principale esportazione per Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, oltre a essere una delle più importanti per il Kazakhstan, la più grande e ricca economia della regione – si legge sul quotidiano finanziario- Infatti, la Navoi Mining and Metallurgical Company (NMMC) uzbeka, che gestisce la miniera di Muruntau, è il quarto produttore mondiale di oro. Nel 2023, ha rappresentato quasi un sesto delle entrate statali uzbeke, quando i prezzi erano significativamente più bassi rispetto ad oggi. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo prevede una crescita economica media del 5,7% per l’Asia centrale quest’anno, ben al di sopra della previsione del 3,2% per i mercati emergenti in generale”.
L’AUMENTO DEL PREZZO DELL’ORO PARLA AMERICANO
Le turbolenze che stanno infiammando il mercato dell’oro arrivano proprio dagli Stati Uniti. Gli annunci del Presidente Donald Trump di imposizione di dazi al 25% su un nutrito paniere di beni “hanno influenzato i mercati azionari e ha portato a un nuovo afflusso di acquisti di beni rifugio nel mercato dell’oro”, ha spiegato a Reuters David Meger, direttore del trading di metalli presso High Ridge Futures. Oggi il presidente Trump dovrebbe comunicare ufficialmente il set di dazi reciproci mentre domani, 3 aprile, entreranno in vigore i dazi sulle automobili. E, come se non bastasse, il presidente Trump ha minacciato di imporre severi dazi anche al petrolio russo, dal 25 al 50%, se Mosca non troverà un accordo con Kiev per porre fine alla guerra. Dazi anche per Teheran se si opporrà a un accordo sul nucleare.
L’ORO TEDESCO È AL SICURO NEGLI USA?
Gli Stati Uniti posseggono 8.133 tonnellate, la Germania ne ha 3.359 tonnellate e poi ci siamo noi, l’Italia con 2.452 tonnellate, a seguire Francia (2.436 tonnellate), Russia (2.298) e Cina (1948) e Svizzera con poco più di mille tonnellate. I dati sono del World gold council. La Germania, che possiede la seconda riserva d’oro più grande del mondo, ne conserva il 37% di essa, circa 1.236 tonnellate per un valore di 113 miliardi di euro, nei caveaux della Federal Reserve di New York.
Queste riserve garantiscono che, in caso di necessità, la Bundesbank possa disporre rapidamente di una risorsa convertibile in dollari USA o in altre valute forti. La metà delle riserve auree della Bundesbank è conservata a Francoforte, il restante 13% si trova presso la Banca d’Inghilterra.
Le intemperanze statunitensi e i rapporti tesi tra Unione europea e Usa stanno preoccupando non poco i banchieri tedeschi tanto che alcuni deputati della CDU, come Marco Wanderwitz e Markus Ferber, hanno chiesto maggiori controlli sulle riserve tedesche conservate negli Stati Uniti. “I rappresentanti ufficiali della Bundesbank devono contare personalmente i lingotti e documentare i risultati”, ha Ferber dichiarato a Bild. Tuttavia, la Bundesbank, non vuole non può mettere in dubbio la lealtà dei propri partner. “Abbiamo un partner affidabile e sicuro nella Federal Reserve di New York per la conservazione delle nostre riserve d’oro”, ha detto ha dichiarato il presidente della Bundesbank Joachim Nagel.