Cosa ha detto Putin alla nazione, i referendum per l’annessione del Donbass e le paure nascoste del Premier del Cremlino
Il tanto atteso discorso di Putin si è tenuto alle prime luci di questa mattina. E no, la pace non è ancora qualcosa di contemplato dal Russo. Nelle scorse ore il rinvio del discorso aveva fatto pensare ad un possibile negoziato sotterraneo, facendo sperare in qualcosa che sembra invece molto lontano.
Ma quali le parole di Putin? E cosa si nasconde dietro i referendum?
Le accuse all’Occidente
Partiamo dalle accuse all’Occidente. Putin nel suo discorso ai connazionali ha affermato: “Dopo il lancio dell’operazione militare speciale, i rappresentanti di Kiev hanno reagito in modo abbastanza positivo alle nostre proposte ma… l’Occidente non era contento di questo e hanno incaricato Kiev di minare gli accordi”.
“Proprio all’inizio del processo negoziale in Turchia – ha continuato Putin – i rappresentanti dell’Ucraina hanno reagito positivamente alle nostre proposte. Ma poi il tono è cambiato. Non era redditizio per i paesi occidentali porre fine alle ostilità. L’Ucraina ha cominciato a riempirsi di armi”.
Una mobilitazione parziale
E proprio in nome di questo, Putin ha annunciato di aver firmato un decreto di mobilitazione militare parziale che partirà immediatamente. Putin richiama dunque alle armi coloro che avevano precedentemente prestato servizio militare a contratto.
La questione delle armi nucleari
E tornando all’Occidente, Putin fa poi riferimento all’atomica. “la Russia utilizzerà tutti i mezzi disponibili in caso di minaccia all’integrità territoriale”.
“Coloro che cercano di ricattarci con armi nucleari dovrebbero sapere che le abbiamo anche noi” e che siamo pronte ad utilizzarle. “E questo non è un bluff”, ha dichiarato Vladimir Putin.
I referendum
Parlando alla nazione, il leader del Cremlino ha anche fatto riferimento ai referendum per l’annessione del Donbass. “Alla Russia è stato chiesto di sostenere i referendum. Consentitemi di sottolineare che faremo di tutto per garantire lo svolgimento sicuro dei referendum. Il regime di repressioni in tutta l’Ucraina è stato rafforzato nel modo più severo. La politica dell’intimidazione, del terrore e della violenza assume forme sempre più terribili di barbarie. Non abbiamo alcun diritto morale di consegnare le persone a noi vicine perché vengano fatte a pezzi dai carnefici, non possiamo che rispondere al loro desiderio di determinare il proprio futuro” ha dichiarato Putin.
Le date dei referendum
I referendum, per le autoproclamate repubbliche separatiste filorusse del Donetsk e del Lugansk, si terranno nel territorio russo dal 23 al 27 settembre, secondo quanto riferito dalle autorità delle due Oblast controllate dai secessionisti, la cui indipendenza fu riconosciuta dal presidente russo, Vladimir Putin, poco prima dell’invasione dell’Ucraina.
Il referendum per “la secessione dall’Ucraina, la creazione di uno Stato e la sua adesione” alla Federazione russa della regione ucraina di Zaporizhzhia si svolgerà invece solo nella giornata del 23 settembre, spiega un decreto citato dalla Tass.
Referendum: ennesima provocazione?
Quella dei refendum è una reazione, asimmetrica, alla controffensiva Ucraina. I referendum sarebbero illegali e non riconosciuti dalla Comunità internazionale.
“Qualsiasi falso referendum russo in Ucraina sarebbe illegittimo e un affronto ai principi di sovranità e integrità territoriale che sono alla base della Carta Onu proprio mentre i leader mondiali si stanno riunendo all’Assemblea generale dell’Onu”, ha scritto in un tweet il segretario di Stato americano, Antony Blinken.
“Se la Russia metterà in scena questi falsi referendum, gli Stati Uniti e la comunità internazionale non riconosceranno mai le pretese della Russia su nessuna parte dell’Ucraina presumibilmente annessa. Continuiamo a stare con il popolo ucraino”, ha aggiunto Blinken.
Anche il presidente francese Macron ha affermato che la comunità internazionale non attribuirà nessun valore alla consultazione.
Perché i Referendum ora?
Perché Putin ha paura di perdere, secondo Ivan Yakovina, analista politico e conduttore di un programma sulla tv pubblica Ucraina.
“Sì. Putin ha almeno tre buoni motivi per indire adesso i referendum. Primo: anche nel Donbass ha cominciato a perdere e teme di doversi ritirare, come da Kharkiv. La situazione militare dei russi è pessima e circola l’impressione che stiano perdendo”, ha affermato Yakovina al Corriere della Sera.
“Secondo: l’arena internazionale s’è fatta più difficile e a Samarcanda, per la prima volta, c’era un Putin più debole. Non s’era mai visto che i cinesi o gl’indiani gli mancassero di rispetto: Modi gli ha detto chiaramente di non condividere la guerra, quella parte di mondo si sta spostando sulle posizioni occidentali. Terzo: Putin è in difficoltà anche all’interno, è criticato, i falchi lo vogliono più duro. E il referendum verrà venduto come un risultato”.