Nel frattempo l’Unione europea precisa: “I nostri hub per i rimpatri dei migranti totalmente diversi dal modello Albania”
Da tanti commentatori e analisti, visto il timing e le modalità, è stato letto come un assist al governo Meloni nella problematica gestione delle politiche migratorie. Nei fatti è tutto da vedere, anche alla luce delle parole del commissario europeo agli Affari interni e le migrazioni, Magnus Brunner (“Nostri hub rimpatri totalmente diversi da modello Albania”).
Stiamo parlando del Sistema europeo comune per i rimpatri, proposto dalla Commissione europea, con procedure più rapide, semplici ed efficaci in tutta l’Ue. Un’iniziativa annunciata dalla presidente von der Leyen nelle linee guida politiche e richiesta dal Consiglio Europeo nell’ottobre 2024, e che – nelle intenzioni dei promotori – rappresenta un tassello fondamentale per completare il Patto su Migrazione e Asilo, adottato lo scorso anno per una gestione più strutturata della migrazione.
PERCHE’ UN NUOVO SISTEMA DI RIMPATRIO?
Attualmente, come fa notare la stessa Commissione, i tassi di rimpatrio nell’Ue sono solo del 20% e la presenza di sistemi nazionali frammentati crea vulnerabilità e possibilità di abuso. Per questo, “servono regole più moderne, semplici ed efficaci. Il nuovo quadro normativo fornirà agli Stati membri strumenti per rendere i rimpatri più efficienti, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali”.
QUALI SONO OGGI I PRINCIPALI PROBLEMI CON I RIMPATRI
Il sistema attuale presenta diverse criticità che ne compromettono l’efficacia. In particolare: eccessiva complessità e frammentazione, le procedure di rimpatrio sono troppo complicate e variano da uno Stato membro all’altro; scarsa collaborazione dei rimpatriandi; fughe e movimenti secondari; scarsa cooperazione con i paesi di origine:
COSA PREVEDONO LE NUOVE REGOLE
Un sistema europeo unico: l’introduzione di un Regolamento con procedure comuni per l’emissione delle decisioni di rimpatrio e un Ordine di rimpatrio europeo emesso dagli Stati membri, riducendo così la frammentazione normativa tra i 27 paesi dell’UE.
Riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio: un paese Ue, spiega la Commissione, potrà riconoscere ed eseguire direttamente un ordine di rimpatrio emesso da un altro Stato membro, senza dover avviare una nuova procedura. Dal 1° luglio 2027, la Commissione valuterà se gli Stati membri hanno predisposto meccanismi adeguati per applicare efficacemente questi ordini e potrà renderne obbligatorio il riconoscimento automatico.
Regole chiare per i rimpatri forzati e incentivi per quelli volontari: il rimpatrio forzato diventerà obbligatorio se la persona non collabora, si sposta illegalmente in un altro Stato membro, non lascia l’UE entro i termini previsti o rappresenta una minaccia alla sicurezza. L’obiettivo è incentivare il rimpatrio volontario rispettando le scadenze.
Obblighi più stringenti per i destinatari del rimpatrio, bilanciati da garanzie chiare: chi è soggetto a rimpatrio dovrà cooperare con le autorità nazionali. In caso di mancata collaborazione, si potranno applicare misure come la riduzione o il rifiuto di aiuti economici o il sequestro dei documenti di viaggio. Allo stesso tempo, verranno introdotti incentivi per chi collabora, come il supporto al rimpatrio volontario.
Tutela dei diritti fondamentali in tutto il processo di rimpatrio: le misure dovranno rispettare pienamente i diritti umani e il diritto internazionale. Sono previste garanzie come il diritto di ricorso, tutele per le persone vulnerabili, protezione rafforzata per minori e famiglie e il rispetto del principio di non respingimento (non-refoulement).
Norme più rigide per prevenire abusi e fughe: gli Stati membri – si legge sempre nelle informazioni veicolate dalla Commissione – avranno strumenti potenziati per rintracciare i soggetti da rimpatriare, come la possibilità di richiedere garanzie finanziarie, obblighi di presentarsi regolarmente alle autorità o di risiedere in un luogo specifico. La detenzione potrà arrivare fino a 24 mesi (rispetto ai 18 attuali) in caso di rischio di fuga. Inoltre, il rimpatrio non sarà più sospeso automaticamente in caso di ricorso, salvo eccezioni legate al principio di non respingimento.
Regole specifiche per chi rappresenta un rischio per la sicurezza: gli Stati membri dovranno valutare in maniera preventiva se una persona costituisce una minaccia alla sicurezza. In questi casi, scatteranno misure più rigide, come il rimpatrio forzato obbligatorio, divieti d’ingresso più lunghi e una detenzione prolungata oltre i 24 mesi su ordine di un giudice.
Collegamento tra rimpatrio e riammissione nei paesi terzi: il nuovo sistema prevede procedure comuni per garantire che ogni decisione di rimpatrio sia seguita da una richiesta di riammissione nel paese di origine. Sarà inoltre possibile il trasferimento di dati ai paesi terzi per facilitare il processo.
Centri di rimpatrio (Return Hubs): gli Stati membri hanno chiesto soluzioni innovative per la gestione della migrazione. La proposta introduce la possibilità di trasferire persone illegalmente presenti nell’UE e già soggette a una decisione di rimpatrio in un paese terzo con cui sia stato firmato un accordo bilaterale o a livello UE. Tali paesi dovranno rispettare gli standard internazionali sui diritti umani. Le famiglie con minori e i minori non accompagnati saranno esclusi da questa misura, che sarà sottoposta a monitoraggio.
IL CONTESTO
Nel quadro del Patto su Migrazione e Asilo, che entrerà in vigore a metà 2026, le richieste di asilo saranno trattate in modo più rapido ed efficiente. Per garantire che il sistema sia sostenibile, i rimpatri dovranno seguire immediatamente. Questa proposta colma proprio questa lacuna.
Il nuovo Regolamento sostituirà la Direttiva sui Rimpatri del 2008 e annullerà la proposta di revisione del 2018, come annunciato nel Programma di Lavoro della Commissione per il 2025.
UE: “NOSTRI HUB RIMPATRI TOTALMENTE DIVERSI DA MODELLO ALBANIA”
Quanto scritto deve poi fare i conti anche con le dichiarazioni. Come quelle del commissario europeo agli Affari interni e le migrazioni, Magnus Brunner, che abbiamo già in parte anticipato: gli hub di rimpatrio introdotti nel nuovo Regolamento Ue “sono completamente diversi dai modelli Ruanda e Albania. Quest’ultimo riguarda i richiedenti asilo. Gli hub di rimpatrio, che renderemo possibili per gli stati membri riguardano le persone che hanno già’ un ordine di rimpatrio”, ha precisato.
“Penso che sia molto importante sottolineare – ha poi aggiunto la vicepresidente della Commissione, Henna Virkkunen – che questi hub di rimpatrio sono pensati per quelle persone che sono illegalmente nell’Unione europea. Quindi quando le decisioni di rimpatrio finali sono prese e sono già passati attraverso le procedure nell’Unione europea, compreso il diritto di ricorso. Continueremo tuttavia privilegiare i rimpatri volontari”.
i PROSSIMI PASSI
Ora la proposta dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’UE. La Commissione fornirà supporto ai legislatori per portare avanti le trattative e pubblicherà un documento di lavoro con le evidenze alla base della proposta.