La siccità che affligge il Canale di Panama è un problema geopolitico globale. Quali sono le ragioni? La spiegazione di Eraldo Bigi sul blog Elezioni e sistemi elettorali nel mondo
Le minori precipitazioni costringono i gestori del Canale di Panama a ridurre il livello dell’acqua all’interno dell’ecosistema costituente il bacino del Canale di Panama (nel quale sono presenti anche due laghi artificiali), riducendo il pescaggio (ovvero la misura della parte di un’imbarcazione che rimane immersa nell’acqua nel corso delle navigazione) delle navi che lo attraversano giornalmente, in concreto costringendole a ridurre la quantità di merci che trasportano, ed altresì riducendo il numero stesso delle navi che lo attraversano giornalmente, con evidenti ricadute sulle catene di approvvigionamento, e sui prezzi – in particolare, per il consumatore finale – delle merci che per arrivare a destinazione transitano per il canale più famoso del Mondo.
PANAMA, PERCHÉ LA SICCITÀ È UN PROBLEMA
Questo perché nel corso del corrente anno 2023 è piovuto il 50% in meno rispetto alla media del periodo, ed i livelli dei laghi artificiali Alhajuela e Gatún (Foto 2: le nuove chiuse di Agua Clara; Foto 4: una delle chiuse del lago di Gatún) – che alimentano il canale – si sono abbassati notevolmente.
Il Canale di Panama è un complesso sistema di chiuse e di specchi d’acqua dolce artificiali che consente alle imbarcazioni di essere sollevate 26 metri sopra il livello del mare sul lago di Gatún, e di compiere così la traversata da un Oceano all’altro: questo sistema di innalzamento richiede però l’utilizzo di enormi quantitativi di acqua, in quanto ogni volta che una nave lo attraversa, circa 190 milioni i litri d’acqua forniti dai laghi di Gatún ed Alajuela si disperdono in mare, per essere reintegrata da appositi serbatoi, che a loro volta si riempiono quando piove (secondo il WSJ il consumo idrico giornaliero del Canale sarebbe il triplo di quello della intera città di New York).
LE CONTROMISURE
L’Autorithy del Canale di Panama ha pertanto messo in atto una misura restrittiva per il transito di navi nel sistema di chiuse che collegano Atlantico e Pacifico, limitando il transito a 32 navi al giorno (quando il traffico giornaliero può arrivare ad una quarantina di navi), e riducendo il pescaggio da 15,2 a 13,3 metri.
PANAMA, LE TARIFFE
Gli attuali pedaggi per il transito (il Canale costituisce una delle principali fonti di reddito per Panama) sono costituiti da una tariffa fissa, basata sulla dimensione della nave, cui si aggiunge una tariffa basata sulla capacità di traporto dell’imbarcazione.
Per le navi portacontainers, le tariffe fisse partono da 60.000 dollari per il transito, e salgono a 300.000 per le unità da oltre 10.000 TEU [acronimo di twenty-foot equivalent unit, misura standard di lunghezza nel trasporto dei containers ISO, corrispondente a 20 piedi (circa 6,1 metri) totali – Foto 5: contenitore ISO di 20 piedi equivalente a 1 TEU].
A ciò viene aggiunta una tariffa di capacità compresa tra i 30 e i 40 dollari per TEU, seguita da una tariffa per container carico e container vuoto.
Secondo la attuale metodologia, pertanto, una nave portacontainer da 12.000 TEU, che trasporta 10.800 TEU di containers carichi, e 1.200 TEU di containers vuoti è tenuta ad assolvere una tariffa fissa di 300.000 dollari, cui si aggiunge una tariffa per la capacità, ammontante a 30 dollari ogni TEU sino ad arrivare a 12.000 TEU, cui si aggiungono 40 dollari ogni TEU per ogni container carico, e 5 dollari ogni TEU per ogni container vuoto: complessivamente, il pedaggio cumulato ammonta quindi ad oltre 1 milioni di dollari (foto 6).
IL PARADOSSO DI PANAMA
Situazione paradossale, quella all’interno del Canale di Panama, che stride acerbamente con quanto accade al di fuori di questo “circuito chiuso”, ovvero l’innalzamento delle acque conseguente al sempre più intenso riscaldamento climatico del Pianeta Terra, situazione che comporta il concreto rischio di sommersione per migliaia di chilometri di coste, e per altrettante isole, con la Polinesia in prima linea.
Ma nello stesso Stato di Panama, a pochi chilometri dal Canale, gli effetti del riscaldamento appaiono in tutta la loro flagranza.
Gardi Sugdub (“isola del granchio”, in linguaggio locale – Foto 3) è un’isoletta del Mar dei Caraibi, parte dell’arcipelago di San Blas, che comprende 365 isole, per lo più disabitate, avente le dimensioni di 5 campi di calcio, popolata da 1.300 abitanti, che si innalza di poco più di un metro sull’acqua, e dovrà essere presto evacuata, proprio a causa dell’innalzamento dell’Oceano.
Secondo i dati del ministero dell’Ambiente di Panama, entro il 2050 questo tratto di Mar dei Caraibi crescerà di 0,27 metri.
Già nel 2010, i residenti – tutti della comunità indigena Guna (o Kuna) i quali, nativi del litorale settentrionale di Panama, si rifugiarono là in conseguenza dell’arrivo dei colonizzatori europei, per sfuggire a schiavitù, abusi e malattie importate, mantenendo a tutt’oggi un elevato grado di autonomia rispetto al potere centrale, anche grazie alla insurrezione che misero in essere nel Febbraio 1925, chiedendo l’indipendenza dallo Stato di Panama: grazie al sostegno loro accordato dagli Stati Uniti, venne creata una regione autonoma, assicurante loro l’ampio grado di autodeterminazione di cui godono tuttora – hanno (anche grazie all’aiuto dell’Ong svizzera Dispacement solutions) individuato e ripulito sulla terraferma di Gunayala (“terra dei Guna”) un luogo adatto, donato loro da altri nativi della stessa etnìa.
LE FALSE PROMESSE
Il governo si era impegnato a costruire un ospedale, una scuola, 300 abitazioni, nonché a fornire acqua potabile, sistema fognario, rete elettrica, per favorire il trasferimento.
Isperyala (“la terra dei nespoli”), nuovo focolare degli iso milani, doveva essere inaugurata nel 2014 poi, per i ritardi nei lavori, il termine slittava dapprima fino a febbraio 2024, per ora apparire chiaro come non sarà rispettata nemmeno l’ulteriore scadenza, fissata al 25 settembre 2024.
Solo al largo della costa nord di Panama sono 38 le isolette, con una popolazione totale di 28mila persone, che rischiano così di dovere traslocare.