Funzionerà il cessate il fuoco accettato ieri? In attesa di capire il futuro nella regione, la Russia vuole mantenere la leadership al netto delle contestazioni armene
Il Nagorno Karabakh ha capitolato. Le autorità dell’enclave separatista, popolata da armeni all’interno di un territorio rivendicato dall’Azerbaijan, nel Caucaso, hanno accettato un cessate il fuoco in cui accettano di consegnare le armi. Martedì l’Azerbaijan aveva lanciato un attacco aereo (droni) su larga scala che aveva distrutto le infrastrutture difensive locali; le forze russe che avrebbero dovuto garantire la pace hanno lasciato fare. L’Armenia denuncia un tentativo di pulizia etnica.
E’ una svolta storica. La contesa sul Nagorno Karabakh dura dallo scioglimento dell’Unione Sovietica: nel 1991 l’enclave si dichiarò indipendente (Artsakh è il nome armeno), pur appartenendo formalmente alla repubblica sovietica azera. Dopo 32 anni, le autorità separatiste armene hanno accettato di negoziare la reintegrazione di questo piccolo territorio montuoso all’Azerbaijan.
L’accordo prevede il ritiro totale dei contingenti armeni schierati in NK in sostegno dei separatisti, e lo scioglimento totale, con la consegna delle armi, delle milizie separatiste. Già oggi le due parti dovrebbero avviare le trattative sul futuro della regione.
QUALE RUOLO PER LA RUSSIA NEL NAGORNO?
La Russia non ha alcuna intenzione di perdere il proprio ruolo di mediatrice nel Caucaso – ruolo che negli ultimi mesi gli armeni le hanno contestato. Un arretramento di Mosca potrebbe favorire la Turchia, culturalmente vicinissima all’Azerbaijan, ma storicamente opposta all’Armenia. Putin ha indicato subito che le trattative saranno garantite dal contingente militare russo, anche se le parti in causa non hanno ancora una posizione certa al riguardo. Nel NK sono stanziati circa 2000 soldati russi.
La Francia, alleata storica dell’Armenia, ha chiesto una riunione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, allo scopo di mettere nero su bianco garanzie di tutela per la comunità armena – opzione rifiutata dall’Azerbaijan.
QUALE FUTURO PER LA REGIONE?
Un embargo di fatto paralizzava il NK: l’unico corridoio di collegamento con l’Armenia è stato chiuso nove mesi fa dalle forze azere, con l’obiettivo di spingere la popolazione armena ad abbandonare la regione, e di delegittimare e indebolire le istituzioni separatiste. La capitolazione è arrivata veniquattr’ore dopo l’attacco di martedì, quando migliaia di persone erano state evacuate per ragioni di sicurezza dalle loro abitazioni, e si erano dirette verso l’aeroporto per trovare una via di fuga.
In Armenia, molte migliaia di persone hanno manifestato contro l’attacco azero, e denunciando una “pulizia etnica” ai danni dei loro connazionali. Le autorità armene assicurano di non essere state coinvolte nell’accordo di cessate il fuoco, e che si tratta di un colpo di stato. Dopo un tentativo di riavvicinamento all’Occidente negli ultimi mesi, l’Armenia – geograficamente prossima a Russia e Turchia – si trova in situazione precaria di isolamento. “Il Nagorno Karabakh è affare interno dell’Azerbaijan”, ha chiarito il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov.