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Mondo russo, Mirziyoyev la fa ancora da padrone in Uzbekistan

Come sono andate le elezioni del 9 luglio e perché questa Repubblica centroasiatica non è una democrazia. L’analisi di Eraldo Bigi per Elezioni e sistemi elettorali nel mondo

Il 9 luglio scorso si sono tenute le elezioni presidenziali in Uzbekistan, al fine di eleggere il Presidente di tale Repubblica centroasiatica, ed ex-sovietica.

Come da copione, è risultato rieletto il Presidente uscente, Shavkat Miromonovich Mirziyoyev, con l’87,71% dei voti, così evitando il ballottaggio, previsto qualora nessuno dei candidati (ma gli altri 3 presentatisi erano mere figure di facciata) avesse raggiunto il 50% + 1 dei suffragi.

Peraltro, il voto è stato giudicato non democratico, da parte degli osservatori internazionali presenti.

MIRZIYOYEV COMANDA ANCORA IN UZBEKISTAN

In effetti, all’origine, la costituzione uzbeka (adottata nel 1992, da allora la Legge fondamentale del Paese è stata modificata 15 volte) prevedeva un limite di due mandati presidenziali quinquennali.

Per la data del 30 aprile 2023 Mirziyoyev provvedeva però ad indire un referendum per modificarla, ed allungare il mandato a sette anni, sempre con un limite di due mandati.

Il referendum, approvato con oltre il 90 per cento dei voti favorevoli, prevede inoltre che alla prima elezione successiva il conteggio dei mandati di Mirziyoyev si sarebbe azzerato: pochi giorni dopo Mirziyoyev (in carica dal 2016, rieletto nel 2021) ha quindi convocato elezioni presidenziali anticipate, in modo da mettere in pratica da subito le riforme costituzionali appena votate: il terzo mandato di Mirziyoyev durerà fino al 2030, e potrà essere ricondotto fino al 2037.

COME CAMBIA LA COSTITUZIONE DELL’UZBEKISTAN

La Costituzione è stata rinnovata profondamente, tanto da modificare circa il 65% del documento originale, con l’introduzione di 27 nuovi articoli (passando da 128 a 155) e di 159 nuove disposizioni (da 275 a 434).

I cambiamenti costituzionali rafforzano principalmente la protezione dei diritti umani (viene altresì abolita la pena di morte), l’uguaglianza di genere e il sistema di assistenza sociale.

Tra gli aspetti più importanti – almeno, sulla carta – ci sono il principio dell’Uzbekistan come uno Stato legale, sociale e secolare, la presunzione di innocenza, il diritto alla casa e all’occupazione, l’accesso alle cure sanitarie e all’istruzione e la protezione dei diritti dei gruppi svantaggiati, come anziani e persone con disabilità.

Inoltre, viene chiarita la separazione dei poteri, ampliando le prerogative del potere legislativo.

Il processo referendario è stato funestato a causa delle proteste sollevate nella Repubblica Autonoma del Karakalpakstan scatenate da alcuni degli emendamenti proposti: in particolare il testo prevedeva di cambiare lo statusdella Repubblica Autonoma, eliminando il diritto di secessione presente nel documento originale.

A seguito delle proteste – si lamentano morti e feriti negli scontri – la disposizione è stata eliminata dal progetto di legge, e lo status del Karakalpakstan rimane invariato.

L’ASSENZA DI DEMOCRAZIA

In Uzbekistan di democrazia non si sente particolare necessità, viste le abitudini autocratiche perpetuate nel trentennio post-sovietico, anche se le turbolenze non mancano neanche nel più popoloso Stato dell’Asia centrale (oltre 35 milioni di abitanti, contro i 20 del Kazakistan, sebbene quest’ultimo sia dotato di un territorio decisamente più vasto), ma riguardano soprattutto le zone montuose del Karakalpakstan (la metà circa della cui popolazione è di ernia kazaka), facilmente domate dall’esercito uzbeko, e lasciate nel limbo di un’autonomia di facciata.

Mirziyoyev ha quindi buon gioco nel presentare come preminenti ad un ordinato sviluppo della società le problematiche economiche della società uzbeka, collettando investimenti (che si tratti di cinesi, russi, od europei, senza barriera ideologica alcuna) nell’industria, nella produzione energetica e nelle infrastrutture, e proponendo un grande marketing turistico – col Paese che può offrire perle come Samarcanda, Buchara, e la stessa capitale Taschkent (foto 5: una per tutte, un’immagine della città vecchia di Khiva) – che l’Uzbekistan cerca di offrire a livello internazionale.

LA QUESTIONE SOCIALE DELL’UZBEKISTAN

La questione sociale principale rimane però sempre la stessa, anch’essa di derivazione sovietica: la migrazione lavorativa.

Il predecessore di Mirziyoyev, e fondatore dell’Uzbekistan post-sovietico, Islam Karimov (Samarcanda, 30 gennaio 1938 – Tashkent, 2 settembre 2016), aveva verso i migranti un atteggiamento di disprezzo, tipico delle vecchie burocrazie di partito: li considerava servi dei russi, concretamente incapaci di portare un vero contributo al proprio Paese.

Il “nuovo” presidente ha invece fin da subito proclamato di volerli inserire nelle dinamiche economiche interne, promettendo di creare milioni di posti di lavoro, anche se poi concretamente queste affermazioni rimangono mere promesse, in quanto l’attuale autocrate teme l’impatto con parte della popolazione che, dall’estero (vi è una forte emigrazione uzbeka in Gran Bretagna), ha potuto toccare direttamente con mano quella strana, impalpabile, situazione che va sotto il nome di ….. vivere in democrazia.Mirziyoyev.

 

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