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Dazi, le tre tappe della controffensiva Ue

Si parte il 15 aprile con i dazi Ue, in maniera graduale fino a dicembre. Dubbi se colpire o meno le Big-Tech Usa. La volontà è quella di negoziare per attutire le conseguenze

In attesa di capire se e cosa la premier italiana Giorgia Meloni (a nome dell’Italia o dell’Ue?) riuscirà a strappare a Donald Trump nella sua visita a Washington prevista il 17 aprile, Bruxelles ha deciso di riaprire il dossier dei dazi contro gli Stati Uniti, rilanciando misure pensate per colpire settori economici strategici e, al tempo stesso, simbolici per la politica americana.

L’obiettivo dell’Unione europea è duplice: difendere i propri interessi commerciali e negoziare con l’amministrazione Trump da una posizione di forza. La controffensiva, del valore stimato di circa 21 miliardi di euro (inferiore ai 26 miliardi previsti inizialmente), si articolerà in tre tappe: la prima a metà aprile (vale 3,9 miliardi di euro), la seconda a maggio (13,5 miliardi) e l’ultima a dicembre (dal valore di 3,5 miliardi). Fuori dall’elenco alcuni prodotti sensibili come bourbon, vino, superalcolici e latticini, esclusi grazie alla pressione diplomatica di Italia, Francia e Irlanda.

SI PARTE IL 15 APRILE CON I DAZI UE

Il primo pacchetto di ritorsioni sarà attivato il 15 aprile. L’Ue riutilizzerà l’arsenale predisposto durante la precedente guerra commerciale con Washington, colpendo prodotti iconici e ad alto valore simbolico. Nel mirino finiscono le moto Harley-Davidson con cilindrata superiore ai 500 cc, le automobili e gli yacht di lusso, ma anche abbigliamento come jeans Levi’s e t-shirt di cotone. L’agroalimentare sarà toccato con dazi su mirtilli rossi, burro d’arachidi, succo d’arancia, riso e mais dolce. Non mancano i tabacchi (da masticare, sigari e sigarette), i cosmetici e i prodotti per la cura della persona, così come articoli per la casa e l’arredamento. Verranno colpite anche alcune tecnologie di consumo, come joystick, pile e batterie, e una prima tranche di prodotti in acciaio e alluminio, storici punti di frizione nei rapporti transatlantici.

16 MAGGIO: AGROINDUSTRIA E SIMBOLI DEL FAST FOOD SOTTO ATTACCO

Se i negoziati con Washington non porteranno risultati, scatterà una seconda ondata di dazi a partire dal 16 maggio. Stavolta il cuore della ritorsione punterà direttamente all’agroindustria americana, in particolare quella dei cosiddetti “swing states” e degli Stati repubblicani. Il manzo e il pollame provenienti da Kansas e Nebraska, il legname di Georgia, Virginia e Alabama, e diversi elettrodomestici come forni, congelatori e asciugatrici finiranno nel mirino.

Anche la dispensa americana sarà duramente colpita: zucchero, miele, cioccolato, uova, frutta, verdura, cereali, farine, pasta e biscotti. E ancora, ketchup, maionese, mostarda, bibite e energy drink. A sorpresa, anche il tacchino del Thanksgiving, prodotto di punta del Minnesota democratico, sarà incluso. Non mancheranno ritorsioni nel settore della moda e della cosmesi, con dazi su giacche, tailleur, sneakers, shampoo, dentifrici, detergenti e persino pietre preziose come rubini, zaffiri e smeraldi. Esclusi per ora i latticini e il molibdeno, per evitare ripercussioni sulle eccellenze e sulla siderurgia europea.

1° DICEMBRE: L’ULTIMO AFFONDO SU SOIA E MANDORLE

L’ultima tranche della controffensiva sarà attivata il primo dicembre, con l’obiettivo di mantenere alta la pressione sugli Stati Uniti ma lasciando una finestra aperta al dialogo. Sarà il turno di prodotti agricoli come la soia e le mandorle provenienti dalla Louisiana, Stato chiave per i repubblicani e in particolare per lo speaker della Camera Mike Johnson. La scelta di posticipare questa fase risponde anche alla necessità di proteggere i raccolti europei e dare agli agricoltori il tempo necessario per riorientare le forniture. Una gradualità che, comunque, testimonia come, la mano dell’Ue agli Stati Uniti, resti tesa.

DAZI UE ALLE BIG-TECH SI.. NO… FORSE..

Per lo stesso motivo Bruxelles non ha ancora accelerato sulla cosiddetta web tax, sorta di equo compenso da chiedere ai servizi digitali. Si attende che Washington cooperi, nel frattempo “tutte le opzioni sono sul tavolo”. Incluse quelle che andrebbe a colpire le Big Tech d’Oltreoceano, sulle quali insistono soprattutto Berlino e Parigi. Misure che Paesi come l’Italia, in questo momento, non voterebbero. “In questa fase preferiamo negoziare”, ha frenato anche il commissario Ue Sefcovic.

Diverso il discorso per le sanzioni dirette ad Apple e Meta per violazione del Digital Market Act. Sebbene cronologicamente si stiano intersecando alla guerra dei dazi,
l’Ue le considera un dossier separato e autonomo.

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