Moniti e ammonimenti da parte di due figure centrali della finanza italiana ed europea, che mettono in guardia di fronte ai dazi della nuova amministrazione Usa
L’impatto dei nuovi dazi americani preoccupa. Tanto. Preoccupa l’Europa, che rischia di essere tra i più colpiti. Sul tema intervengono due figure chiave, entrambi italiani, della finanza europea: il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, e l’ex presidente della Bce ed ex premier Mario Draghi. Entrambi mettono in guardia dai rischi per l’economia europea e sollecitano una risposta unitaria e strutturata.
PANETTA: “ITALIA E GERMANIA TRA I PIU’ COLPITI DAI DAZI USA”
Durante il suo intervento all’Assiom Forex di Torino, il governatore di Bankitalia ha lanciato un allarme, facendo i classici ‘nomi e cognomi’. “L’Italia e la Germania – ha spiegato – sono i Paesi che subiranno di più l’effetto negativo dei nuovi dazi di Trump, che tuttavia per l’Europa sarà meno pesante (-0,5% del Pil) rispetto a quello di Cina e degli stessi Stati Uniti (-2%)”.
Panetta ha poi evidenziato la fragilità della crescita europea rispetto agli Stati Uniti, mostrando grafici che dimostrano la forte dipendenza dell’Eurozona dalla domanda estera. Questo elemento, secondo il governatore, rappresenta un punto di debolezza in un contesto di crescente protezionismo globale.
Per il governatore, tuttavia, “il declino non è un destino ineluttabile e l’Italia ha dimostrato di saper reagire alle crisi”. Un concetto condiviso anche dal presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, il quale ha sottolineato la capacità del sistema produttivo italiano di adattarsi ai cambiamenti e di riorientare le esportazioni in base all’andamento dei mercati.
Dove invece i dazi non avranno un impatto significativo, secondo le stime di Bankitalia, è sull’inflazione: l’effetto netto sarà nullo o leggermente negativo, un fattore che rafforza la necessità di una politica monetaria accomodante da parte della BCE.
DRAGHI: “L’EUROPA SI E’ IMPOSTA DAZI SU SE STESSA”
Sul tema dei dazi è intervenuto anche Mario Draghi, con un editoriale pubblicato sul Financial Times, nel quale ha criticato duramente l’approccio dell’Unione Europea. “Dimentichiamo gli Stati Uniti: è l’Europa che ha imposto dazi su sé stessa”, scrive l’ex presidente della Bce, ammonendo come l’eccesso di burocrazia e regolamentazione abbia reso il Vecchio Continente meno competitivo.
Per Draghi, l’Europa deve adottare “un uso più proattivo della politica fiscale, sotto forma di maggiori investimenti produttivi”, che contribuirebbero a ridurre i surplus commerciali e a stimolare la crescita economica. Inoltre, evidenzia come l’approccio europeo abbia privilegiato la sostenibilità del debito e la regolamentazione, senza considerare i costi complessivi per la competitività. “L’Europa si è concentrata su obiettivi singoli o nazionali senza calcolarne il costo collettivo”, afferma l’ex premier italiano, indicando la necessità di un “cambio fondamentale di mentalità”.
“L’Eurozona – annota ancora – è cresciuta a malapena alla fine dell’anno scorso, sottolineando la fragilità della ripresa interna. E gli Stati Uniti hanno iniziato a imporre dazi sui loro principali partner commerciali, con l’Ue destinata ad essere la prossima nel mirino”.
A CHI FISCHIANO LE ORECCHIE?
Le dichiarazioni di Panetta e Draghi evidenziano ancora di più come la sfida posta dai dazi di Trump non sia solo esterna, ma interna alla stessa Unione europea. Da un lato, la necessità di rispondere alle politiche protezionistiche con una strategia unitaria; dall’altro, il bisogno di riformare il sistema economico e finanziario europeo per renderlo più competitivo. Alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, staranno fischiando le orecchie.