Negli Usa in meno di 24 ore è cambiato lo scenario, con una grande euforia che accompagna la probabile candidatura di Kamala Harris. In Italia continuano le fibrillazioni nella maggioranza, mentre secondo il Corriere Giorgia Meloni avrebbe perso il tocco magico in politica estera
Era solo ieri quando i riflettori dei media di tutto il mondo erano accesi sull’addio di Joe Biden alla corsa presidenziale negli Usa. Una decisione per i commentatori ormai inevitabile e, allo stesso tempo, forse tardiva. Con l’aggiunta dello scetticismo nei confronti di Kamala Harris, indicata dallo stesso Biden a salire in corsa sul treno della campagna elettorale.
TUTTI PAZZI PER KAMALA, BIDEN SEMBRA GIA’ UN RICORDO
Eppure in meno di 24 ore lo scenario sembra completamente capovolto. “Harris lancia la sfida a Trump” (Corriere della Sera), “Harris corre da sola” (Repubblica), “Scommessa Harris” (La Stampa), “Kamala, voglio battere Trump” (Il Messaggero), “Primi sì per Harris” (Avvenire). E grande enfasi anche sulle testate internazionali.
Cos’è successo per giustificare un così repentino cambio di narrazione? Semplice, si fa per dire: boom di donazioni e finanziamenti, 81 milioni in un giorno; i big del partito si sono schierati con Harris, tra cui l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi. Anche gli sfidanti tra i democratici si sono detti pronti ad appoggiarla.
KAMALA HARRIS HA I DELEGATI PER LA NOMINATION
E che il vento fosse quello giusto è stato confermato nelle ultime ore: con il voto virtuale di oltre 300 delegati del suo Stato, la California, Kamala Harris ha un impegno verbale di un numero sufficiente di delegati per ottenere la nomination dem alla Casa Bianca. Lo riportano Politico e la Cnn. Secondo la tv, ora la vicepresidente può contare su oltre i 1.976 delegati, il quorum per essere candidati alla presidenza, grazie all’ondata di endorsement ottenuti nella notte da varie delegazioni statali.
E IN ITALIA? PER GIANNELLI MELONI CAMBIA PETTINATURA.. ALLA TRUMP
Le ultime novità negli States influenzano inevitabilmente il dibattito politico e mediatico anche in Italia. A partire certamente dalla sinistra, dove il passaggio di consegne tra Biden e Harris è stato accolto con euforia tra coloro che Libero quotidiano definisce, con un titolo iconico, “Le truppe Kamelate”.
La sintesi di quanto potrebbe accadere nel nostro Paese può essere rappresentata dalla magistrale vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera, con una Giorgia Meloni che “cambia pettinatura” in perfetto stile Trump. Mentre Milano Finanza apre con l’intervista al vicepremier Antonio Tajani, molto inflazionato in questi giorni, il quale ribadisce che, a prescindere dall’esito del voto negli Usa, per l’Italia e nei rapporti con gli americani non cambierà nulla.
ANTONIO POLITO: SI STA ESAURENDO IL BONUS DI CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE DELLA PREMIER
Tra gli scenari presenti e futuri, è interessante leggere il fondo di Antonio Polito, sempre sul Corriere della Sera. “All’improvviso le sorti del governo Meloni non sembrano più così «magnifiche e progressive». (…) La prima ragione è internazionale. (…) Purtroppo si sta esaurendo il bonus di credibilità internazionale che Giorgia Meloni aveva conquistato al suo governo, e che ha finora protetto anche il nostro debito pubblico sui mercati.
(…) Se, o forse si dovrebbe dire quando Trump entrerà alla Casa Bianca, i giochi infatti cambieranno perché l’Occidente si dividerà. O con Washington, o con Berlino e Parigi. Varrà innanzitutto per l’Ucraina e un possibile tentativo di appeasement con Putin. Sia che l’istinto di destra porti Meloni a stare con Trump, sia che tenga invece il punto e resti con Zelensky, in ogni caso l’Italia non potrebbe più fare da cerniera. Il sogno di entrare nella stanza dei bottoni dell’Unione sta svanendo, almeno fino alle presidenziali francesi. E una posizione più debole politicamente, perché meno necessaria e dunque meno influente, ci renderebbe più deboli anche finanziariamente, soprattutto ora che torna ad aggirarsi per l’Europa lo spettro del Patto di Stabilità”.
IL CORRIERE: “CHE FARA’ L’ITALIA IN CASO DI INTRODUZIONE DI DAZI DAGLI USA?
Polito rileva poi un altro rischio. “C’è anche la gran voglia di dazi che anima la squadra di Trump, e in particolar modo il vice designato Vance, un «falco» in materia di commercio estero che considera l’Europa un avversario quasi alla pari della Cina. Quando era presidente, Trump fece notare alla Merkel durante una visita di Stato che aveva visto troppe poche Ford e Chevrolet a Monaco di Baviera. A buon intenditor… In una guerra dei dazi con l’America la Germania è il paese europeo che rischierebbe di più. Ma l’Italia viene subito dopo, visto che tra i Paesi del G7 vanta il secondo miglior surplus commerciale con gli Usa”.
LA POLTRONA SCOMODA DI MELONI E LA SOLUZIONE IMPRATICABILE DELLE ELEZIONI ANTICIPATE
E qui arriviamo alla politica interna. “Se prima c’era solo Salvini a cospargere di chiodi il tragitto della vettura meloniana – prosegue Polito sul Corriere della Sera – ora s’è aggiunta la seduta di autocoscienza aperta in Forza Italia sotto la spinta dei «figli» (inutile dire di chi). Il paradosso è che al momento i due alleati di governo sono occupati a fare l’opposizione l’uno dell’altro. Situazione scomodissima per qualsiasi presidente del Consiglio. E che rende politicamente impraticabile quell’uscita di sicurezza da un eventuale stallo che alcuni osservatori un po’ immaginifici ipotizzano, e cioè elezioni anticipate prima della fine della legislatura (e prima del referendum costituzionale, ad alto rischio). Perché chiedere i voti per la stessa alleanza politica la cui crisi avrebbe provocato le elezioni sarebbe davvero improvvido”. Come dargli torto..