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Conservatori Anti-Bergoglio

Burke, Muller, Dolan e gli altri. Chi sono i conservatori anti-Bergoglio che piacciono a Trump

Si muove la galassia dei conservatori anti-Bergoglio in vista del conclave. Ecco i nomi che spingono per una svolta che sarebbe ben gradita a Trump

Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa cattolica si trova a un bivio. Il conclave imminente non sarà solo una scelta spirituale, ma un momento decisivo per definire l’identità futura della Chiesa. E a contendersi questa eredità ci sono due anime opposte: quella inclusiva e pastorale di Francesco e quella dottrinale, identitaria e conservatrice che negli Stati Uniti trova i suoi alfieri.

Mentre l’amministrazione Trump si mostra attivissima nel cordoglio – “non vediamo l’ora di esserci”, lui e Melania, ha dichiarato lo stesso presidente Usa – i funerali del Papa assumono i contorni di un teatro geopolitico complesso, con i protagonisti della fronda conservatrice già al lavoro per orientare il conclave dall’interno.

TRUMP SOGNA IL PAPA ANTI-WOKE

Dopotutto, gli Stati Uniti ospitano la quarta comunità cattolica più numerosa del mondo e rappresentano una fonte vitale di ricchezza per un Vaticano che attraversa difficoltà finanziarie. Dal canto suo, Trump, forte di un largo sostegno tra i cattolici americani – determinanti alle ultime elezioni con un sostegno del 56% – sogna un Papa “anti-woke” che trasformi il soglio pontificio, finora una costante fonte di frizione nei suoi ultimi due mandati, in un alleato formidabile.

BRIAN BURCH, TRAIT D’UNION TRA CHIESA USA E TRUMPISMO

La galassia degli anti-bergogliani americani si nutre molto delle influenze esterne alle mura leonine. In quest’ottica, Brian Burch è una delle figure chiave nella trasformazione della destra cattolica americana in una forza politicamente strutturata e mediaticamente influente. Fondatore e presidente di CatholicVote, organizzazione nata con l’obiettivo di “promuovere i valori cattolici nella sfera pubblica”, è noto per le sue posizioni apertamente ostili al pontificato di Papa Francesco. Negli ultimi anni, CatholicVote si è distinta per le ingenti campagne elettorali contro candidati progressisti e per il sostegno esplicito a figure come JD Vance, considerato da Burch un baluardo di rinascita morale e religiosa. Nel 2024, la nomina di Burch ad ambasciatore statunitense presso la Santa Sede ha segnato un punto di svolta simbolico e concreto: la saldatura tra l’America trumpiana e il cattolicesimo tradizionalista.

CHI È RAYMOND L. BURKE, IL CANDIDATO ANTI-BERGOGLIO

Quando si parla dei nemici interni di Bergoglio, il nome del cardinale statunitense Raymond Leo Burke è sempre in cima alla lista. Ultraconservatore, ferocemente contrario a quasi tutte le aperture del pontificato di Francesco – dalla comunione ai divorziati risposati al diaconato femminile – Burke è diventato il volto più riconoscibile dell’opposizione interna. Legato a Steve Bannon e alla destra americana, figura spesso nel totonomi sulla successione: 76 anni, tradizionalista, anti-vaccinista, sarebbe il primo Papa americano.

Originario del Wisconsin, Burke è diventato uno degli esperti di diritto canonico più rispettati e ha ricoperto ruoli di rilievo, come arcivescovo di Saint Louis e prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

La sua opposizione è culminata nei famosi “dubia”, in cui chiedeva chiarimenti su Amoris Laetitia, accusando il Papa di minare la dottrina tradizionale. Conosciuto per il suo tradizionalismo radicale, Burke è anche un punto di riferimento per il movimento cattolico negli Stati Uniti, molto apprezzato dalla galassia di CatholicVote, che ha sostenuto politicamente la destra americana.

MULLER, IL CUSTODE DELL’ORTODOSSIA

Oltre a Burke, anche il cardinale tedesco ed ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gerhard Müller si è affermato come teorico di riferimento della corrente conservatrice. “Il prossimo Papa non deve essere il successore di Francesco, ma il successore di Pietro”, ha detto in queste ore in un’intervista a La Repubblica.

Volto noto dell’opposizione interna al pontificato di Papa Francesco, teologo rigoroso e voce di riferimento dell’ortodossia cattolica, Müller ha criticato apertamente le aperture ai divorziati risposati, alle comunità LGBTQ+, alle donne nella Chiesa e al dialogo con il mondo secolare.

Dopo essere stato rimosso da Francesco nel 2017, ha assunto un ruolo sempre più centrale nel fronte conservatore globale, partecipando a conferenze, rilasciando interviste e pubblicando scritti in cui difende una visione tradizionalista della fede e della morale cattolica. Nell’universo cattolico americano, il suo pensiero è diventato un punto di riferimento per quella galassia di fedeli, intellettuali e attivisti che vedono nell’attuale pontificato una deviazione dalla verità dottrinale.

A febbraio, nei giorni del primo allarme sulle condizioni di salute del Papa, era a Piazza San Pietro, insieme ad altri “critici”. Una scena forte: lui, Burke, e Giovanni Angelo Becciu a pregare per il Pontefice che li aveva marginalizzati.

CHI È TIMOTHY DOLAN, IL CONSERVATORE CONCILIANTE

La rete dei conservatori americani può contare su un candidato di un certo peso all’interno del conclave: è Timothy Dolan, cardinale arcivescovo di New York, 75 anni compiuti a febbraio, e ben dentro ai giochi.

La sua preghiera inaugurale al primo mandato di Trump nel 2017 è diventata simbolo di un’alleanza profonda tra una parte della Chiesa americana e il trumpismo, sebbene il suo conservatorismo sia improntato a una linea più conciliante – tanto da scontrarsi duramente, in seguito, con l’amministrazione Trump e in particolare con JD Vance sulle politiche anti-migranti.

Figura di spicco della Chiesa cattolica statunitense e noto per il suo stile comunicativo diretto e affabile, è nato nel 1950 a St. Louis, Missouri. Ordinato sacerdote nel 1976 , ha ricoperto ruoli accademici e pastorali prima di diventare arcivescovo di Milwaukee nel 2002. Nel 2009 è stato nominato alla guida dell’arcidiocesi di New York da Benedetto XVI e creato cardinale nel 2012. Ha poi ricoperto la presidenza della Conferenza episcopale statunitense dal 2010 al 2013.

Rigido su temi etici e morali, ma pragmatico e istituzionale, è considerato una figura capace di tenere insieme anime diverse della Chiesa. E anche per questo potrebbe essere uno dei nomi più graditi all’area trumpiana. Oltre che plausibili.

L’ESIGENZA DI UNA MEDIAZIONE

Occorre peraltro tenere presente le pulsioni scismatiche che potrebbero originarsi da un’eventuale sterzata nel cammino indicato da Papa Francesco. Come noto, gran parte del Collegio cardinalizio, è di nomina bergogliana: un Papa troppo radicale, ammesso che riesca a convogliare su di sé i voti dei porporati, finirebbe per spaccare in due la Chiesa. Stesso discorso nel caso opposto di un rilancio massiccio sulla linea progressista.

In virtù di ciò, e a causa dei suoi scontri con Papa Francesco, sembra improbabile che il cardinale Raymond Burke possa davvero aspirare al papato, mentre tra gli statunitensi Timothy Dolan rimane tra i più accreditati.

Ma non è da scartare anche l’ipotesi di un conservatore di altra area geografica appoggiato dalla Chiesa americana. Ad esempio, sono molto quotate le candidature del cardinale ungherese Péter Erdő e del guineano Robert Sarah.

Dinamiche che comunque rimarrebbero in secondo piano, qualora il conclave, faticando nel raggiungere la difficile maggioranza dei due terzi, convergesse su un profilo di collegamento tra le istanze progressiste e l’ala più tradizionalista, come Pierbattista Pizzaballa.

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