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Perché Becciu non parteciperà al Conclave

Becciu, arriva la rinuncia: non entrerà in Sistina per votare il prossimo Papa. Vince la linea Parolin

Il cardinale Angelo Becciu ha annunciato ufficialmente la sua rinuncia a partecipare al Conclave del 7 maggio 2025, chiamato a eleggere il successore di Papa Francesco. La decisione è giunta dopo giorni di tensioni e confronti accesi durante le Congregazioni generali in Vaticano.

Come raccontato, il porporato sardo, 76 anni, era stato condannato nel 2023 a cinque anni e mezzo di reclusione per peculato e truffa aggravata, nell’ambito del processo sullo scandalo finanziario legato alla gestione dei fondi vaticani di cui era responsabile. Attualmente è in libertà in attesa dell’appello previsto per settembre.

LA SCELTA DI BECCIU

Becciu fa un passo indietro per “il bene della Chiesa”: la decisione sarebbe stata presa ieri, e oggi è arrivata l’ufficialità, con la dichiarazione del cardinale diffusa da Vatican News: “ho deciso di obbedire, come ho sempre fatto, alla volontà di Papa Francesco e di non entrare in Conclave, rimanendo comunque convinto della mia innocenza”.

LE LETTERE FIRMATE “F.”

Una svolta anticipata già nei giorni scorsi dal quotidiano Domani, che aveva dato notizia di un elemento decisivo nella definitiva rinuncia del porporato sardo. Secondo il giornale diretto da Emiliano Fittipaldi, durante le prime Congregazioni generali il cardinale Parolin avrebbe mostrato a Becciu due lettere firmate dal pontefice prima di morire recanti la sigla F., nelle quali Francesco — poco prima della morte — ribadiva la sua contrarietà alla partecipazione di Becciu al Conclave.

IL BRACCIO DI FERRO CON PAROLIN

Secondo il Messaggero, si sarebbe addirittura arrivati a un acceso confronto tra il decano del Collegio, il cardinale Giovanni Battista Re, lo stesso Parolin — destinato a presiedere il conclave — e Becciu.

Re e Parolin avrebbero chiesto esplicitamente a Becciu di farsi da parte. In un primo momento, il cardinale avrebbe opposto resistenza, facendo leva sul fatto che le lettere non erano indirizzate formalmente al Collegio cardinalizio, come previsto dalla prassi canonica. Secondo alcune interpretazioni, ciò renderebbe la loro validità discutibile in base alla costituzione apostolica vigente. Anche alcuni cardinali sarebbero rimasti risentiti per la tardiva comparsa delle due missive, notando la poca trasparenza nella vicenda, ma alla fine Becciu sarebbe rimasto isolato.

Il rischio sottolineato da Re era quello di spaccare il fronte dei cardinali, compromettendo l’unità del Collegio in un momento delicatissimo per la Chiesa. Di fronte a tale prospettiva, Becciu avrebbe deciso di annunciare personalmente il proprio passo indietro, pur ribadendo ancora una volta la sua innocenza.

L’ATTIVISMO DI PAROLIN

Archiviato il “caso Becciu”, emerge anche in questo caso l’attivismo di Parolin, già protagonista durante le celebrazioni ufficiali. Dopo aver pronunciato l’omelia nel secondo giorno del novendiale, compito che da tradizione spetta all’arciprete della Basilica di San Pietro, al funerale ha accolto personalmente le delegazioni all’ingresso della Cappella della preghiera e condotto un bilaterale con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sebbene non ricopra più ufficialmente il ruolo di segretario di Stato.

Movimenti che potrebbero assumere il significato di un’auto-candidatura per il conclave.

 

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