Allargamento Ue: al Consiglio europeo più importante dell’anno si discuterà dell’allargamento, progressivo, ai Paesi dei Balcani Occidentali, Ucraina, Moldova e Georgia
Oggi e domani a Bruxelles i 27 paesi membri della Ue dovranno esprimersi sull’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina, la Moldova, la Bosnia ed Erzegovina e sulla concessione dello status di paese candidato alla Georgia. Un Consiglio europeo che avrà come elefante nella stanza la riforma del Patto di Stabilità, preceduto dal vertice con i Paesi dei Balcani occidentali, e avrà all’ordine del giorno una serie di questioni che hanno a che fare con il futuro dell’Europa: dall’aggressione russa dell’Ucraina, all’allargamento dell’Unione Europea, alla crisi in Medio Oriente.
ALLARGAMENTO UE: LE RIFORME NECESSARIE
Nel corso del Consiglio europeo i paesi membri discuteranno del percorso di riforme che l’Unione europea dovrà introdurre per accogliere i nuovi membri nei prossimi anni. Dalla politica agricola comune, alle politiche di coesione, a quelle sul bilancio, sarà necessario settare nuove regole per permettere alle istituzioni europee di funzionare nella nuova formazione a 30, o più, Stati membri. Inoltre, l’UE dovrebbe riflettere sul superamento del meccanismo del voto all’unanimità e del diritto di veto in Consiglio. Procedure che sono inimmaginabili in un’Unione a 30, 35 o addirittura 37, in cui un solo Paese può bloccare tutto il sistema decisionale comune. Una riforma in tal senso accrescerebbe lo spirito comunitario costringendo i paesi membri a trovare una mediazione tra le istanze nazionali e gli interessi dell’Ue. Allo stesso tempo, però, tale riforma dovrebbe essere concordata da tutti gli attuali membri dell’Unione, i quali dovrebbero scegliere di perdere il diritto di veto sulle decisioni di Bruxelles.
UNA UE PIÙ GRANDE E PIÙ UNITA
Non a caso il premier ungherese Orban sta puntando i piedi e facendo ostruzionismo nei confronti dell’avvio dei negoziati di adesione con l’Ucraina. Il rischio è che l’opposizione ungherese freni non solo i negoziati con l’Ucraina ma che abbia ripercussioni su tutto il processo di allargamento. I vincoli esterni impongono all’Ue di crescere in ampiezza e in profondità: l’unica Ue che può affrontare le sfide dei prossimi decenni è una Ue più grande, più unita, più comunitaria e meno vittima delle istanze nazionali.
I PAESI CHE VOGLIONO ENTRARE NELLA UE
I paesi che vorrebbero entrare a fare parte della famiglia europea sono nove. Ci sono i sei Paesi dei Balcani Occidentali, Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, la Bosnia ed Erzegovina e il Kosovo. Tra questi solo la Bosnia ed Erzegovina ha ricevuto lo status di Paese candidato mentre sono appena iniziati i negoziati per Albania e Macedonia. Ai Paesi dei Balcani Occidentali si aggiungono l’Ucraina, la Georgia e la Moldova. Discorso a parte merita la Turchia i cui negoziati per l’adesione sono stati invece avviati nel 2005, ma si sono arrestati a delle alterne vicende della democrazia nel paese di Tayyip Erdoğan.
L’IMPATTO DELL’AGGRESSIONE DELLA RUSSIA SULL’ALLARGAMENTO UE
È innegabile che l’aggressione della Russia all’Ucraina abbia funzionato da catalizzatore nei confronti del processo di allargamento dell’Ue ai paesi dei Balcani occidentali e dell’Ucraina stessa che, a quattro giorni dall’inizio delle ostilità, ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione. La guerra, portata dalla Russia a un passo dal cuore dell’Europa, ha reso evidenti tutti i limiti di progetto europeo che si è relazionato con i concetti di confini e frontiere solo in termini commerciali ma non politici o geopolitici. I progetti imperialisti da parte del Cremlino e il desiderio di Mosca di riappropriarsi dei paesi ex sovietici, possono trovare un argine nel progetto europeo.
I RISCHI DI UN MANCATO ALLARGAMENTO AI BALCANI OCCIDENTALI
Se il sogno europeo tarda a realizzarsi il rischio è che si faccia strada la frustrazione di un desiderio irrealizzato. Fuor di metafora, se l’Europa non accelera lungo la strada dell’integrazione dei paesi candidati, diventa sempre più probabile che questi ultimi vengano attratti dalle sirene di Mosca. Un esempio ci arriva dal mancato allineamento della Serbia alle misure restrittive introdotte dall’Europa contro Mosca.
ALLARGAMENTO UE: LA POSIZIONE DELL’ITALIA
La premier Giorgia Meloni, nelle sue comunicazioni alla Camera, ha illustrato lungamente la posizione del nostro paese su quello che lei definisce non allargamento ma “riunificazione di tutti quei popoli che si riconoscono nei valori e nell’identità del nostro continente”. Il nostro Governo sostiene “la raccomandazione della Commissione europea di aprire i negoziati per l’adesione di Ucraina e Moldova, due Nazioni europee pesantemente colpite dall’ingiustificabile guerra scatenata dalla Russia e da minacce di lunga data alla propria integrità territoriale”, dice la Premier. Lo stesso discorso vale per la Georgia, di cui si discuterà lo status di candidato.
La strada non è in discesa, perché per i tre Paesi restano alcune misure da attuare prima dell’effettiva apertura dei negoziati. “L’Italia sostiene fermamente il cammino europeo della Bosnia ed Erzegovina – dice ancora la Premier -. Concedere alla Bosnia-Erzegovina lo status di candidato lo scorso anno ha già portato dei progressi nel percorso di riforme verso l’Unione europea. La Bosnia-Erzegovina potrà fare maggiori progressi all’interno del quadro negoziale piuttosto che fuori e ritengo che mostrare al governo di Sarajevo un forte sostegno al percorso europeo del Paese possa avere un effetto molto positivo sulle dinamiche interne”.
I PAESI “AMICI DEI BALCANI”
La premier ha sottolineato che il nostro paese guida, insieme all’Austria, “un gruppo di Paesi amici dei Balcani occidentali, che comprende tutte le Nazioni vicine, e per questa ragione che sosteniamo il Piano di crescita per i Balcani occidentali presentato dalla Commissione a inizio novembre, che prevede assistenza finanziaria per 6 miliardi, tra somme a dono e prestiti agevolati, e forme di integrazione graduale al mercato unico. Il tutto, come dicevo, condizionato a un percorso ovviamente di riforme da parte dei Paesi beneficiari”.