Le elezioni statunitensi di novembre saranno cruciali non solo per gli Usa ma anche per le relazioni diplomatiche con il Vecchio continente. Quello che cambia lo spiega il commissario Paolo Gentiloni al Meeting di Rimini
Bruxelles guarda a Washington e prova a orientare, di conseguenza, le proprie strategie di medio e lungo termine. Il presidente della Fed Jerome Powell ha aperto al taglio del costo del denaro. “È giunto il momento di adeguare la nostra politica – ha detto Powell da Jackson Hole -. La direzione su cui procedere è chiara, e la tempistica e la velocità del taglio dei tassi dipenderà dai dati economici, dall’evoluzione dell’outlook e dai rischi”.
FED CHIAMA E BCE RISPONDE
L’interconnessione tra le economie, e le politiche economiche e monetarie, non è certo una novità. Dopo il discorso di Powel, Martins Kazaks, presidente della Banca centrale della Lettonia e membro del Consiglio direttivo della BCE, in un’intervista a Reuters a margine della conferenza annuale della Federal Reserve a Jackson Hole, ha sottolineato che anche la Banca Centrale Europea sta valutando “un graduale calo dei tassi di interesse e al momento non vedo alcun motivo per cui non dovremmo procedere”.
GENTILONI: “DA FED CHIARO SEGNALE, VINTA LA SFIDA DI RAFFREDDAMENTO DELL’INFLAZIONE”
Chi conosce bene queste relazioni è Paolo Gentiloni, uscente Commissario europeo per gli affari economici e monetari, intervenuto al Meeting di Rimini. “Powel non si è sbilanciato sul come e sul quando però se il presidente della Fed dà un chiaro segnale che va nella direzione del taglio dei tassi di interesse negli Usa – ha detto il Commissario Gentiloni -, e cioè in un’economia che tutto sommato ha livelli di crescita significativi, se anche negli Stati Uniti, dove l’economia cresce più che in Europa, si decide che è il momento di cambiare politica monetaria vuol dire che la sfida della lotta all’inflazione in buona parte del mondo è stata vinta”.
REPUBBLICANI E DEMOCRATICI VOGLIONO MAGGIORE IMPEGNO EUROPEO NEL SOSTEGNO DELLA NATO
Ma non è solo per questioni di carattere economico che l’Ue guarda oltre oceano. Le elezioni di novembre potrebbero segnare una svolta, significativa, nella politica di difesa Ue. Non è certo un mistero che negli Usa da tempo si stia ingrossando il partito di chi chiede all’Ue di correre sulle proprie gambe. La recrudescenza delle violenze in Ucraina ha solo accelerato questo percorso. “Non c’è dubbio che il presidente Trump abbia sempre espresso in maniera netta, a volte anche aggressiva, il concetto che i costi della Nato li devono sopportare i paesi europei – ha detto a Policymakermag l’ex ministro degli esteri italiano -. Intendiamoci, questa richiesta americana di un maggiore impegno europeo nel sostegno della Nato non riguarda solo Trump ma anche i democratici”.
POLITICA DI DIFESA UE: L’URGENZA CAMBIA SE A VINCERE È TRUMP
Vi sono, però, delle differenze tra l’approccio dei repubblicani trumpiani e quello dei democratici alla difesa e, dunque, alla politica di difesa Ue. “Credo che nessuno possa nascondere le differenze e quindi non c’è dubbio che l’urgenza per l’Unione Europea di porsi obiettivi comuni in termini di difesa avrebbe una pressione diversa nel caso vincesse Trump rispetto a una vittoria di Kamala Harris – continua il commissario Gentiloni a Policymakermag -. Quest’ultima esprimerebbe una linea di maggiore continuità rispetto agli ultimi anni. La domanda di impegno è comune a Repubblicani e Democratici ma il rischio di disimpegno è molto diverso”.