Un messaggio forte dal Quirinale in vista del 1° Maggio, Festa dei lavoratori
Il messaggio è stato forte e chiaro: “Si registrano segnali incoraggianti sui livelli di occupazione. Permangono, d’altro lato, aspetti di preoccupazione sui livelli salariali”. Queste le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante una visita all’azienda BSP Pharmaceuticals di Latina in vista della Festa dei lavoratori. E ha aggiunto, citando il Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, che “l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008”, nonostante una ripresa nel 2024 e un incremento di produttività dal 2022. Un monito che arriva nel mezzo di un dibattito sempre più acceso su stipendi e salario minimo.
SALARI LORDI NOMINALI: ITALIA SOTTO LA MEDIA UE
Una delle frasi più gettonate da diversi esponenti politici, come Giuseppe Conte e Elly Schlein, è che “l’Italia ha gli stipendi più bassi d’Europa”. Ma secondo Pagella Politica, questa è una “affermazione scorretta”. Partiamo dai salari lordi nominali, cioè quelli senza tenere conto di tasse e inflazione. Secondo i dati Eurostat del 2022, in Italia la retribuzione oraria mediana è di 13,05 euro lordi. Siamo appena sotto la media Ue, meglio della Spagna ma peggio di Francia e Germania. In cima alla classifica ci sono i Paesi nordici e la Svizzera, in fondo l’Albania.
QUANDO SI PARLA DI NETTO, LA MUSICA NON CAMBIA (MOLTO)
Se però consideriamo i salari netti – cioè quanto effettivamente finisce in tasca ai lavoratori – la situazione non migliora troppo. La tassazione sul lavoro in Italia è tra le più alte d’Europa, e questo pesa. I dati Eurostat per il 2023 parlano chiaro: un lavoratore single, senza figli, guadagna in media 24.200 euro netti all’anno. Risultato? Anche in questo caso l’Italia è sotto la media europea, ma non ultima. Meglio della Spagna e di altri Paesi dell’Europa meridionale, ma lontana da Francia, Germania e, ancor più, dai Paesi scandinavi.
IL COSTO DELLA VITA E IL POTERE D’ACQUISTO
Altro elemento fondamentale è il costo della vita. Confrontare i salari tra Paesi diversi ha senso solo se si considera quanto costano beni e servizi. Qui entra in gioco il concetto di PPS (purchasing power standard), uno standard che corregge i salari in base al potere d’acquisto.
Ebbene, anche con questa metrica, l’Italia – è il concetto che viene spiegato da Pagella Politica – non è in fondo alla classifica, ma si conferma una via di mezzo: meglio della media dell’Europa orientale e meridionale, peggio dei grandi Paesi del Nord Europa. Insomma, gli stipendi italiani sono “bassi” solo se il paragone è con le economie più avanzate.
IL VERO PROBLEMA, SALARI FERMI DA DECENNI
Ma la questione centrale non è tanto il confronto fotografico, quanto l’andamento nel tempo. E qui le cose si fanno davvero preoccupanti. I dati OCSE lo confermano: tra il 1990 e il 2023, i salari reali in Italia sono rimasti praticamente fermi, mentre in Germania, Francia e Spagna sono cresciuti. Non solo. Dopo la pandemia, il divario si è ampliato ulteriormente. E anche se nel 2024 si registra una ripresa, come ha ricordato Mattarella, resta il fatto che i salari reali italiani sono ancora sotto i livelli del 2008.
Dunque, dire che l’Italia ha “gli stipendi più bassi d’Europa” è impreciso. Ma affermare che il nostro Paese ha un problema cronico di crescita salariale, è più che fondato. E il monito del Capo dello Stato suona come un invito – o forse un avvertimento – alla politica e al sistema economico.